Di proporzioni e coupon monouso

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New York, 24 Agosto 2012.
Venerdì sera.

Sul ciglio della strada Alec si sfregava le mani nervosamente.
Di fronte a lui, dall'altra parte della carreggiata, torreggiava imponente l'edificio più bello che avesse mai visto.
Era completamente circondato da vetrate, luminose e scintillanti, attraverso cui notò un via vai frenetico di gente, come anche l'esorbitante bellezza dell'arredamento.
Tutto quel lusso lo metteva in soggezione, non come l'idea di incontrare Magnus di lì a breve, ma era comunque sulla buona strada.
Il Plaza aveva un aspetto regale, evidenziato ancor di più dal lungo tappeto rosso con intagli dorati e da un usciere impettito che accompagnava affabile i clienti all'interno del locale.
Al secondo piano, Alec poté notare un ridente seppur non eccessivamente ampio terrazzo, circondato da fitte edere rampicanti ed occupato da tantissima gente che conversava affabile e di tanto in tanto occhieggiava la strada sottostante.

Alec provò ad ingoiare un po' di saliva ma scoprì di avere il palato più arido del deserto.
A peggiorare ulteriormente la situazione c'era il suo cuore, che - incurante del suo già precario autocontrollo - aveva preso a scalpitare furiosamente quasi stesse tentando di fuggire lontano da lì.
Tutte le sicurezze che - a fatica - era riuscito a racimolare fino a quel momento sembrarono dissolversi all'improvviso, inoltre, il colletto della camicia che Isabelle gli aveva praticamente imposto di indossare iniziò ad andargli stretto.

Alec si sfregò le mani sudaticce e chiuse gli occhi inspirando profondamente per un paio di minuti.
Ripeté quell'operazione per circa cinque volte.
Ispirava ed espirava, lentamente.
Ma la situazione sembrava peggiorare di volta in volta.
Riaprì gli occhi, puntandoli nuovamente sull'edificio di fronte a lui, e tirando l'ennesimo sospiro provò a ripercorrere mentalmente il discorso che aveva preparato diverse ore prima, e di cui adesso non ricordava nemmeno una virgola.

Era così assorto nei suoi pensieri da accorgersi solo con qualche secondo di ritardo che le sue gambe non rispondevano più agli impulsi del cervello ed avevano iniziato a camminare nella direzione opposta, battendo in ritirata.
Si ritrovò di spalle, intento a premere il telecomandino automatico della sua auto sportiva - che lo aspettava paziente dietro l'angolo - con tutta l'intenzione di allontanarsi da quel posto il più in fretta possibile.
Fu quando la sua mano afferrò la maniglia dell'abitacolo che il cellulare - sconfinato nella tasca dei suoi pantaloni - prese a squillare.
Alec si bloccò ed aggrottò le sopracciglia, il cuore che ancora gli batteva impazzito nel petto, il respiro accelerato e la fronte imperlata di sudore.
La suoneria cessò poco dopo, per poi riprendere a trillare più imperiosa di prima.
Rimase in quella posizione per un tempo che a lui parve interminabile, afferrò il telefono solo poco dopo, mentre la sua testa era ancora sommersa da interrogativi ed improperi per sé stesso e per la sua dannata paura di affrontare le cose.
Era così immerso in tutte quelle elucubrazioni mentali che quasi non si accorse di aver risposto alla telefonata senza neanche controllare chi fosse il mittente.

<< Alexander >> lo chiamò suadente il suo interlocutore non appena accettò la chiamata in entrata.
Alec sussultò quando sentì la voce di Magnus entrargli nelle tempie.
Dio com'è bella - fu l'unica cosa a cui riuscì a pensare in quel momento.
Il cuore ora sembrava essergli letteralmente uscito fuori dal petto << mmh? >> mugugnò, incapace di proferire verbo.
<< Alexander >> ripeté Magnus, il tono di voce calmo e vergognosamente roco come piaceva a lui << perché sei andato via? >> domandò controllato.

Il moro sentì le gambe divenire molli come la gelatina e dovette arpionare ancor di più la presa sulla sua auto per non cadere in ginocchio in mezzo alla strada.
Aprì la bocca, esitò, la richiuse e poi batté le palpebre per qualche secondo.
Chiuse gli occhi cercando di rimediare alla figura da perfetto imbecille che aveva appena fatto e non sapendo come uscire da quel macello senza peggiorare ulteriormente la situazione optò per una soluzione che molte volte lo aveva salvato in aula.
Provò a temporeggiare.

Do we know each other?Where stories live. Discover now