Capitolo 1

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L'aula magna era immensa e fredda. I muri erano stati lasciati con i mattoni a vista, così come il soffitto a volte e le colonne solenni. Nonostante l'ambiente fosse rigido e pressoché spoglio trasmetteva tutta l'autorità e il prestigio del college. Oltre ai lampadari appesi alle volte, i quali emanavano una luce fioca, erano state poste sulle colonne numerose fiaccole, che contribuivano a rendere l'atmosfera ulteriormente devota.
Le colonne permettevano di suddividere il perimetro in tre sezioni, lungo le quali uno sciame di studenti e famigliari aveva già preso posto. Al termine della "navata centrale", come su una specie di palcoscenico, sedeva il completo corpo docente. Il preside, il signor Nolan, era già sistemato al leggio, pronto per accogliere i propri alunni nel nuovo anno accademico. Nipote e zia erano rimaste ferme e silenziose in un angolo, in attesa che il signor Wheeler le raggiungesse.
Una volta arrivato, andarono a sedersi in una delle ultime file, dove erano riusciti ad individuare qualche posto ancora libero.
Emilie non poteva fare a meno di guardarsi attorno, cercando di osservare come meglio poteva i dettagli che caratterizzavano la sua nuova dimora. Le espressioni dei suoi compagni e compagne coetanee non facevano trapelare in modo esplicito nessuna emozione e quindi cominciò a domandarsi se l'unica nervosa fosse lei. Non si riteneva una persona codarda, anzi. La sua vita, con le sue peripezie, aveva contribuito a forgiarle un carattere forte e coraggioso, ma, quel luogo gelido, la faceva sentire terribilmente a disagio. Zia Nancy sembrava riuscire a captare i suoi pensieri, così le strinse con la mano il polso, come per darle forza e la rincuorò con uno dei suoi sguardi dolci. La ragazza fece un profondo sospiro e raddrizzò il busto, anche se riusciva solo a pensare a quanto la disarmante calma della zia le sarebbe mancata nei mesi successivi.
Dopo una decina di minuti il brusio attorno a loro iniziò a calare gradualmente. Accompagnati dal suono fastidioso di una cornamusa, fecero ingresso in sala gli studenti più giovani e i piccoli nuovi arrivati, e ciascuno di essi recava in mano una lunga candela spenta. A seguito quattro giovani più grandi, percorsero la navata centrale sollevando in aria alcuni stendardi ricamati con parole, le quali Emile non riusciva a distinguere; dalla sua scomoda posizione. I quattro ragazzi dovevano avere circa la sua stessa età e, come tutti gli altri studenti, esclusa lei, indossavano già la divisa giallo rossa del college. Il piccolo corteo tutto maschile raggiunse infine la postazione del preside Nolan, il quale mostrò all'intera sala una candela identica a quelle dei suoi studenti, ma leggermente più grande e già accesa. "Signori e signore! Ragazzi e ragazze! La luce della conoscenza!" Così dicendo, accese la candela del primo ragazzino di fronte a lui, il quale a sua volta, tremolante, iniziò un breve scambio di fiaccole con il resto della fila. Emile aveva già visto il preside nelle foto degli opuscoli, che suo zio le aveva consegnato mesi prima, durante la sua iscrizione. Le fotografie lo ritraevano come un uomo cordiale e sorridente. L'uomo, però, che si trovava di fronte a lei sembrava molto più arcigno e cupo. Vestiva completamente di nero, eccetto per la camicia e il fazzoletto nel taschino, e aveva pronunciato quelle parole con uno sguardo corrucciato, anziché con uno caldo e rasserenante; come quello che aveva in foto. Tuttavia si reggeva in piedi con una postura fiera e autoritaria e scrutava con la stessa intensità tutti i giovani presenti.
Solitamente la ragazza non provava timore né di fronte agli adulti, né di fronte alle autorità, ma la figura di quel preside trasmetteva un'autorevolezza indiscutibile.
Una volta che tutte le candele furono accese e anche i più piccoli si furono accomodati nelle panche anteriori, il preside Nolan si schiarì la voce per parlare al microfono. "Esattamente cento anni fa, nel 1859, quarantuno ragazzi seduti in quest'aula hanno risposto alla stessa domanda che viene rivolta a voi all'inizio di ogni semestre. Signori, quali sono i quattro pilastri?".
Inaspettatamente, tutti gli studenti attorno a lei si alzarono in piedi, creando, con quel movimento, una molteplicità di fruscii. Emilie, in un primo momento, era rimasta ferma, basita. Era confusa sul da farsi, ma poi, zia Nancy le diede un energico colpetto alla schiena, esortandola a copiare i gesti dei suoi compagni.
"Tradizione! Onore! Disciplina! Eccellenza!" pronunciò ad alta voce, quasi urlando, l'intera sala e il preside annuì compiaciuto. Con la stessa rapidità con cui si erano alzati, i compagni si risedettero e Emilie, un po' goffamente, cercava di stare al passo e di comprendere quei comportamenti. Le ronzavano mille pensieri in testa, i quali la facevano già sentire nella morsa della trappola, ma, soprattutto, tutta quella conformità le faceva mancare il respiro. Tornò al suo posto con piccolo ritardo rispetto agli altri, tenendo lo sguardo puntato sul preside Nolan.
"Un bentornato ai vecchi studenti e un benvenuto a quelli nuovi. Io sono il preside Nolan e sono lieto di accogliervi in questo nuovo anno accademico. Nel suo primo anno, la Welton Academy diplomò cinque studenti. L'anno scorso ne ha diplomati cinquantuno e più del settantacinque per cento frequentano ora facoltà prestigiose."
Zia Nancy e Zio Paul sorrisero grati per le parole del preside e si unirono agli applausi del resto dei famigliari. Emilie, invece, scosse la testa e fece un sorriso amaro. Sapeva perfettamente che i dati, ai quali si riferiva il suo preside, riguardavano solo la parte maschile del corpo studentesco e che le sue compagne, compresa lei, si sarebbero ritrovate dopo cinque anni di costosissimi studi a recitare Shakespeare ai fornelli e ad applicare le regole di trigonometria alle camice dei loro mariti, con un ferro da stiro in mano. Solo un quarto di loro avrebbe avuto il grandissimo onore di frequentare una facoltà prestigiosa, mentre il resto sarebbe stato soggiogato ai ciechi voleri della società, che le voleva sì colte, ma rinchiuse entro le mura domestiche. La zia le rivolse l'ennesimo sorriso ed Emilie ricambiò per cortesia.
"Questo straordinario punto d'arrivo è il risultato di una fervida dedizione ai principi che si insegnano qui. Ecco perché voi genitori continuate a mandarci i vostri figli ed ecco perché noi siamo la migliore scuola preparatoria di tutti gli Stati Uniti!" concluse il preside Nolan, alzando di poco il tono della voce e marcando sul "noi", che si feriva alla sua figura in prima persona. Era fortemente orgoglioso delle proprie parole e mostrò alla platea i perfetti denti bianchi, in un sorriso artificiale. Le mani continuarono a battere, ma quelle di Emilie rimasero a giocherellare con la stoffa della gonna; sperava solo che il comizio di quell'uomo potesse finire velocemente.
"Il professor John Keating, insegnante di letteratura, occuperà anche per quest'anno la cattedra qui a Welton, proseguendo il percorso didattico con la vecchia classe maschile." Nolan spostò l'attenzione su un ometto alle sue spalle, il quale, come tutti gli altri docenti, indossava una toga nera con un ampio colletto bianco. Il professor Keating salutò amichevolmente, con un gesto della mano, un gruppetto di ragazzi seduti poco più avanti di Emily, che dopo l'annuncio del preside, erano esplosi in una gioiosa ovazione. Gli schiamazzi furono prontamente ripresi dal preside, il quale non aveva ancora concluso le presentazioni.
"Inoltre vorrei dare un caloroso benvenuto alla professoressa Katherine Watson, la nuova docente di storia dell'arte, che si è diplomata a pieni voti in questa stessa scuola e che negli ultimi sette anni ha insegnato nella rinomata Cester School di Londra!". A quel punto, un'affascinante donna al fianco di Keating, si alzò in piedi per mostrarsi ai presenti. La professoressa Watson fece un breve inchino rivolto agli applausi accoglienti delle famiglie. Era una donna dall'aspetto gradevole e luminoso. Aveva un sincero sorriso stampato in volto, totalmente differente dal quello del preside Nolan, e Keating la osservava con un appassionato sguardo di ammirazione. I due insegnati, che erano stati presentati, le avevano fatto un'impressione positiva, la quale era riuscita momentaneamente a confortarla.
In seguito alla conclusione del sermone del signor Nolan e alla lettura delle principali regole didattiche e comportamentali, la cerimonia era stata prolungata nel primo dei numerosi cortili della scuola. Il cortile, nel quale si erano spostati, era il maggiore per dimensione e si trovava nella parte posteriore dell'aula magna. Come per l'ingresso principale, il lastricato era costituito da mattoni chiari e l'intera area era attraversata per metà, nella sua lunghezza, da un porticato a volte, il quale richiamava la struttura del soffitto dell'aula magna. L'alto e curato colonnato conduceva all'ingresso per l'edificio più imponente, del quale Emilie ignorava ancora il contenuto, ed era stato allestito proprio sotto di esso un sobrio buffet per tutti coloro che avessero desiderato fare colazione.
Zio Paul, visibilmente esausto, si diresse senza troppi complimenti verso il tavolo del caffè, facendosi educatamente spazio tra genitori e ragazzi. Il dovuto silenzio dell'aula magna era stato sostituito da un chiassoso vociare. Molti tra i più piccoli e nuovi studenti avevano già iniziato a piagnucolare addosso ai propri genitori; in vista degli imminenti saluti. "Mamma no, mamma! Io non ci voglio andare!" aveva sentito gridare da un giovanotto paffutello non molto distante da lei. "Su non fare così.". Aveva risposto decisa la madre, mentre si ravvivava i boccoli del proprio caschetto, senza degnare di uno sguardo il figlio, decisamente disperato. I ragazzi più grandi, invece, gironzolavano qua e là salutandosi e interrogandosi a vicenda sulle proprie avventure e sull'estate appena trascorsa. Alcuni scrutavano e facevano battutine sulle ragazze nuove, mentre altri si apprestavano già a sistemarsi nelle rispettive camere, abbracciando fin da subito i ritmi scolasti e senza perdere ulteriore tempo. Le giovani studentesse si trovavano dalla parte opposta, invece. Le più mature e premurose si erano preoccupate delle nuove piccole arrivate, cercando di farle sentire a loro agio fin da subito, accogliendole tra di loro. Le meno interessate, invece, si erano, in poco tempo, suddivise in gruppetti spettegolanti, che osservavano a loro volta i più attraenti tra i giovanotti della parte opposta.
Emilie se ne stava perfettamente a metà, con le braccia incrociate e i con i suoi premurosi zii al fianco. Il preside Nolan passeggiava da una parte all'altra per salutare i famigliari degli studenti più stimati e recitava la sua parte da lecca piedi, come un perfetto venditore ambulante. La ragazza lo osservava curiosa, nel tentativo di inquadrare fin da subito il ruolo e la figura del suo nuovo preside. Inaspettatamente, si accorse che il Signor Nolan si stava avvicinando alla sua direzione. Aveva tutta l'aria di voler fermarsi a parlare con lei e i suoi zii. Si era sbottonato la giacca scura, che ora lasciava in bella vista una medaglia d'oro ballonzolante. Con una mano cercava di sistemarla sul petto, attirando, con quel gesto, l'attenzione sul prestigioso oggetto.
Zio Paul si tolse il cappello, per educazione, non appena il preside si fu ulteriormente avvicinato a loro e fu il primo a prendere parola. "Grande cerimonia Signor Nolan complimenti!" e gli allungò la mano, per fare la sua conoscenza. "Grazie! Sono lieto che le sia piaciuta." Rispose Nolan, lievemente entusiasmato da quelle parole.
"Salve Dottor Nolan!" si interpose la Zia, facendo un cordiale sorriso.
"Che piacere fare la sua conoscenza."
"La nostra amata nipote, Emilie." disse poi, spostando con un braccio la nipote, in modo che si trovasse proprio sotto lo sguardo del preside.
"Benvenuta Wheeler. La aspetta un compito difficile giovanetta." La sua mano era calda e rugosa a contatto con quella della giovane. Nolan la esaminava con sguardo critico e lei dentro si sentiva provocata, sia da quelle parole, che dal tono di voce sostenuto, con cui le aveva dette. "Grazie Signor Nolan." Rispose Emilie, sostenendo quel cipiglio. "discorso illuminante alla presentazione." aggiunse poi, fingendo ammirazione. Il preside Nolan era lì per provocarla, per metterla alla prova e lei si sentiva all'altezza di quella sfida.
"Ci aspettiamo grandi cose da lei quest'anno." Nolan si era rabbuiato, intuendo l'ironia nell'affermazione della sua nuova alunna.
"E non ci deluderà, vero Emilie?" zia Nancy si intromise nuovamente. Non voleva che la nipote facesse una brutta prima impressione, ma soprattutto che non si facesse subito una cattiva reputazione con il preside per via della sua lingua lunga. Gli zii erano al corrente delle opinioni di Emilie e sapevano benissimo che persone, come il signor Nolan, riuscivano ad innescare nella nipote il suo istinto contestatore.
Emilie non abbassò lo sguardo sicuro, ma rilassò il viso. Non avrebbe deluso gli zii e avrebbe onorato i sacrifici fatti per permetterle di studiare in un college di quel calibro. "Ci puoi giurare."
Nolan fece un ghigno compiaciuto, poi garbatamente si congedò, finendo la selezione delle moine per i suoi amati studenti.

Un'oretta più tardi, le ultime famiglie si apprestavano a salutare i propri figli. Era arrivato il momento per la giovane di congedarsi dai suoi zii, i quali avrebbero dovuto fare un intenso viaggio di ritorno verso casa. Emilie li aveva accompagnati fin davanti alla macchina, dalla quale Zio Paul aveva scaricato un grosso borsone rovinato, il quale racchiudeva tutto lo stretto necessario che le sarebbe servito in quei mesi per sopravvivere. A confronto del tempo che avrebbe dovuto trascorrere in quel luogo, il borsone sembrava minuscolo; minuscolo come lei in mezzo a tutti quegli studenti, che sembravano aver il loro futuro perfetto cucito addosso.
Entrambi gli zii sembravano commossi. Si erano presi cura della loro unica nipote per diciotto anni ed ora, improvvisamente, l'avrebbero lasciata camminare con i propri passi in un mondo del tutto estraneo. Zia Nancy la strinse in un orgoglioso abbraccio. Sperava, con tutta se stessa, che Emilie, a Welton, potesse imparare a smussare il suo ambizioso carattere. Certo, desiderava tanto che fosse possibile per la nipote perseguire i propri sogni, ma era donna anche lei, e conosceva la realtà dei fatti. Emilie poteva studiare e diventare una donna forte e intelligente, ma non poteva dare agli zii il dispiacere di non diventare moglie e madre nei successi anni.
"Mi raccomando studia." Le disse prima di aprire una delle portiere della macchina "E cerca di essere sempre gentile."
La nipote ricambiò gli abbracci e i saluti, non troppo pronta per comportarsi finalmente da adulta. "Cercheremo di farti tornare a casa per le vacanze di Natale." Aggiunse lo zio, per poi lasciarle un bacio sulla fronte. "Fate buon viaggio." Non riusciva a realizzare quel momento inevitabile di distacco. "Mi mancherete.".
Dopo qualche minuto, si ritrovò sola nel parcheggio. Con lei vi erano ancora un paio di famiglie, che stavano tardando nel salutare i propri figli. Rimase un altro po' di secondi a fissare la strada, che si distanziava in lontananza, inoltrandosi nel bosco. Poi issò a fatica il borsone, caricandoselo su una spalla. Prese coraggio e si rincamminò in direzione del cortile, dove aveva precedentemente parlato con il preside Nolan. Non era l'unica studentessa ancora all'esterno dell'edificio, ma sembrava che gli altri sapessero dove andare, a differenza di lei, che continuava a guardarsi attorno, per cercare di capire quale strada prendere per trovare i dormitori.
Il cortile era pressoché vuoto, ma la ragazza non si perse d'animo, decidendo sul momento di domandare dove fosse la sua stanza ad uno degli studenti o docenti ancora presenti. Stava per avvicinarsi ad un'allieva, quando, di corsa, le si parò davanti un ragazzo dalla chioma rossa e con il respiro affannato.

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