Capitolo 5

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Emilie aveva tratto un sincero piacere da quella prima lezione di Storia dell'arte.
La signorina Watson si era presentata come una docente totalmente insolita, ma, straordinariamente rivoluzionaria. Non era del tutto sicura che, a Welton, sarebbero stati ben visti i metodi didattici progressisti della sua insegnate, ma, comunque, sperava che almeno le sue lezioni avrebbero mantenuto tutto quel fascino, durante le volte successive.

Una volta uscita dal laboratorio di arte, però, sentiva sulle proprie spalle l'eccessivo e precoce carico di responsabilità, causato da quell'intensa mattinata scolastica. L'ultima campanella era suonata a mezzogiorno e un quarto, avvisando gli studenti dell'imminente pranzo, dunque, si apprestava, con il suo nuovo gruppetto di compagne, a dirigersi di nuovo verso la mensa.

Fu catturata, però, dal tenue sole di mezzodì, che stava rischiarando il cortile. Non riusciva a resistere alla voglia di isolarsi, per qualche minuto, là fuori, godendosi un po' il lieve calore di quei raggi. Si fermò dietro le compagne, pregustando già l'idea di un giretto in solitudine. "Connie! Ragazze!" richiamò la loro attenzione. "Voi andate pure dentro a prendere posto. Io vi raggiungo fra qualche istante.".
Giselle la ignorò totalmente, proseguendo in modo tranquillo verso il suo pasto, mentre, le altre, si guardarono tra di loro un po' perplesse. "Non tardare." L'ammonì Connie, scherzosamente. "E, soprattutto, occhio a non perderti." Così dicendo, le fece l'occhiolino, per poi continuare, con le altre per la sua strada.

Emilie, allora, prese a camminare, non rendendosi conto di quanta voglia avessero le sue gambe di allontanarsi dal complesso scolastico, per andare a scuriosare altrove, in mezzo alla natura che circondava Welton. Il giorno prima, aveva distrattamente notato il lago, che si espandeva al di là della scuola, da una delle vetrate delle scale. Quest'ultimo, seppur solo intravisto, aveva catturato da subito la sua curiosità, salendo in cima alla lista dei luoghi da visitare del college. Si lasciò alle spalle l'antico plesso scolastico e il campetto sportivo, stringendo al petto i testi delle trascorse lezioni e accogliendo con un sorriso quello splendido sole.
La riva, in realtà, non si distanziava troppo e presentava un'imparagonabile vista del lago e del panorama dei monti, che circondavano il territorio. Welton era riuscita a farla sentire in gabbia fin dal principio, con quelle stupide e ammuffite regole e con una mole di studio impressionante, ma quella visione la sollevava, di poco, dal quel pesante fardello. Si tolse le scarpe e le calze, sedendosi a terra e lasciò che i piedi si insinuassero nella sabbia ghiaiosa; fredda al contatto con la pelle. Lasciò cadere i libri al suo fianco, mentre il calore dei raggi le baciava il viso e la brezza la rigenerava. Nonostante la carnagione chiara, non avrebbe impiegato troppo tempo ad assumere una tintarella dorata, se solo fosse stato possibile continuare ad oziare per tutto il giorno in quel modo; lasciandosi trasportare dal rumore dell'acqua e dall'amabile lettura dei suoi romanzi. Innanzi a lei, su quella minuta spiaggia, poteva scorgere un vecchio pontile e un punto di attracco per le barche. Di fatti, oltre a lei, vi era un gruppetto di giovani, vestiti tutti coordinati con un completo a righe, intenti a sistemare un paio di canoe, legate strette fra di loro. Lo sguardo pettegolo della ragazza si concentrò su di loro e sul loro da farsi. Nel mentre che li osservava, decise di approfittare dell'assenza di insegnanti, per fumarsi in pace una sigaretta. I suoi zii non l'avevano mai obbligata ad arrestare quel vizio, ne cercavano di farla sentire in colpa; tanto il suo carattere li avrebbe sicuramente sovrastati nelle loro buone intenzioni. Estrasse così, dall'ampia tasca della gonna, il pacchetto di Philip Morris, che si era portata da casa, e l'accendino. Prese ad assaporare la cicca e a perdersi nel luccichio dell'acqua cristallina.

Qualche secondo più tardi i giovani, non molto distanti da lei, finirono di assestare le caone e cominciarono a giocherellare fra di loro. Emilie, fattasi coinvolgere dalla loro presenza, li continuò ad osservare. Dovevano avere più o meno la sua stessa età e si stavano dirigendo anch'essi verso il pranzo. Le marciarono davanti, in modo indifferente, discutendo di chi, fra loro quattro, avesse più fame dopo quell'allenamento di canottaggio. L'ultimo dei giovanotti, rimasto poco più indietro, sembrò, invece, notare Emilie seduta e rallentò all'improvviso, decidendo se fermarsi del tutto o proseguire. Il resto del gruppo avanzò, senza accorgersi di quella misteriosa spettatrice, mentre egli si avvicinò curioso, allontanandosi sempre più dai suoi compagni. Emilie lo aveva notato a sua volta, guardandolo discreta e percependo una sorta di adrenalina per quell'imminente incontro. Il giovane progrediva, verso di lei, con passo disinvolto, studiandola con un cipiglio divertito. Aveva un fisico asciutto, ma non molto allenato e, rispetto ai suoi amici, era piuttosto basso. La carnagione pallida era, in parte, arrossata, a causa dello sforzo atletico. Piccole goccioline di sudore gli colavano ancora dal ciuffo di capelli castano, incorniciandogli il viso dall'espressione malandrina e, nonostante non avesse un aspetto tra i più presentabili, sembrava estremamente sicuro di sé.

My Dead PoetWhere stories live. Discover now