Chosen

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Corsi verso la Sala Comune il più velocemente possibile, mentre con una mano cercavo la bacchetta, finita chissà dove nella borsa.
Dovevo muovermi se volevo parlare con la mamma prima dell'inizio delle lezioni.
Così, quando arrivai davanti alla parete gridai la parola d'ordine e mi fiondai verso il camino.
Mi misi in ginocchio davanti alla brace e ripetei mentalmente l'incantesimo, avvicinandomi al fuoco.
In pochi secondi riuscì a vedere il salotto di casa nostra.
Era tutto tranquillo e si sentivano rumori arrivare dalla cucina.

«Mamma!» gridai più volte cercando di richiamare la sua attenzione.

Il che accadde pochi minuti dopo, quando la porta della cucina si spalancò, rivelando mia madre.
La donna, con i capelli scarmagliati e con ancora addosso il pigiama, si avvicinò al camino e si inginocchiò lì davanti.

«Rose?» chiese sconvolta.

«Sì, mamma» le sorrisi «Non ho molto tempo, volevo solo assicurarmi che stessi bene, dopo quello che ho saputo».

La vidi rabbuiarsi e passarsi una mano sul volto stanco.

«È stato Hugo a dirtelo?» chiese dispiaciuta.

«No, mi ha mandato un invito» asserì con più calma possibile nella voce «Vuole partecipi al matrimonio, il che è ironico dato che non mi parla da sette anni».

Spalancò gli occhi sconvolta, non si aspettava di sentirsi scaricare addosso una notizia del genere.
Aveva sconvolto anche me.
Restò in silenzio per un bel po', ragionando riguardo le mie parole.

«Cosa pensi di fare?» domandò «Ci andrai?».

Il silenzio tornò a gelare l'atmosfera.
Non avevo pensato a cosa fare.
Ero troppo preoccupata per lei, anche solo per fermarmi a valutare una qualsiasi risposta a quella proposta inaspettata.
Non sapevo veramente cosa pensare.
Da un certo punto di vista non volevo più avere niente a che fare con mio padre, mi aveva deluso troppo e tutti i miei problemi erano in gran parte merito suo.
D'altro canto la curiosità e la voglia di dimostrarmi superiore a come loro credevano fossi era altrettanto prepotente.
Volevo partecipare a quel dannato matrimonio e mostrarmi come la ragazza forte, sicura di sé ed ambiziosa che mia madre, Albus, i miei amici e persino Malfoy vedevano in me.

«Non lo so» rivelai, passandomi una mano sul volto «Cosa credi dovrei fare?».

Si morse il labbro inferiore.
Cercava di trovare le parole giuste da dirmi.
I suoi occhi scuri erano carichi di punti interrogativi, mentre soppesava le frasi da pronunciare.
Alla fine sospirò e si lasciò cadere a sedere.

«Quello che posso dirti è di fare ciò che senti» commentò «Se credi sia giusto non andare, non devi farlo... Ma se solo una parte di te pensa di doverlo fare, fallo».

Restai in silenzio, confusa.
Speravo mi desse un consiglio su quale decisione prendere, ma non si era espressa e sapevo quanto fosse difficile per lei non farlo.
Aveva lasciato tutto nelle mie mani ed ora toccava a me scegliere.
Mi donava sia la libertà di chiudere definitivamente le porte a quella parte della mia famiglia, sia di dargli una possibilità di dimostrare di essere cambiati e pronti ad accettarmi.
Hermione Granger era una donna forte e sarei voluta essere come lei in futuro.
Qualsiasi altra persona mi avrebbe  imposto una decisione, ma lei no.
Mia madre era pronta ad accettare qualsiasi cosa ritenessi giusta per me e mi avrebbe sostenuto qualunque fosse il risultato.

«Ma se dovessi accettare e le cose andassero male?» chiesi piena di insicurezza.

Mi sorrise rassicurante, facendo spallucce. «Vorrebbe dire che non ti meritano» commentò «Sei in gamba, intelligente, ambiziosa e spiritosa, se non ti accettano, sono loro a rimetterci» concluse.

Le sorrisi, nonostante non fossi del tutto convinta che tutto quegli aggettivi si potessero collegare a me.
Controllai l'orologio e vidi che mancavano meno di quindici minuti all'inizio della lezione.

«Tra poco devo andare» affermai «Sicura di stare bene?» le chiesi.

La vidi annuire sorridendo rassicurante. «Certo, ho solo un mucchio di lavoro da fare, ti avrei scritto stasera» disse «Vai o farai tardi a lezione».

Risi per la sua preoccupazione ed annuì. «Va bene» esclamai «Ma domani mi aspetto di ricevere la lettera in cui mi racconti gossip su Londra, mi raccomando!».

Sorrise. «Perfetto, ciao tesoro» mi salutò.

Risposi al saluto ed annullai l'incantesimo alzandomi da davanti al camino.
Mi voltai e sobbalzai spaventata.
Nella stanza non ero sola, poggiato alla colonna c'era Scorpius con le braccia incrociate e gli occhi chiusi.

«Nessuno ti ha detto che non è educato origliare?» gli chiesi alzando un sopracciglio «E comunque da quanto sei qui?».

Il ragazzo puntò gli occhi nei miei e sorrise sollevando l'angolo sinistro della bocca, una fossetta si formò sulla guancia e lo rese ancora più carino.

«Da un po'» rivelò avvicinandosi a me «E tua madre ha ragione su tutto, se ritieni di dover partecipare, fallo e basta» commentò.

«E se non volessi farlo?» affermai confusa, passandomi una mano sul volto.

«Allora non devi, tuo madre ti ha ripassato la pluffa che hai tentato di scaricarle addosso e, per quanto sia difficile, ora sta a te giocartela» iniziò «Cosa vuoi fare, tirare o ritirarti prima di provare?» chiese portandosi le dita sotto il mento.

Rimasi interdetta, forse non aveva tutti i torti.
La mia era una partita da giocare e se fosse andata male non avrei perso niente, quindi perché non rischiare?.
Forse la mia paura era di affrontare tutto da sola, quando giocavo a Quidditch avevo una squadra al mio fianco, un ottimo capitano a guidarmi e un tifo a sostenermi, ma contro mio padre sarei stata sola.

«Potrei provarci, ma non voglio farlo da sola» dissi abbassando lo sguardo.

«Non dovrai farlo da sola» commentò lui.

Alzai gli occhi e lo vidi nella sua posa sicura, cercava il mio sguardo e voleva trasmettermi qualcosa.
Quel qualcosa che non riuscivo a capire.
Schivai il suo sguardo ed iniziai a fissarmi la punta dei piedi.

«Che intendi?» lo ripresi con voce tremante.

«Potrei venire con te, magari anche Sam, Joe, Albus e Stefan potrebbero farlo» propose «Ti daremmo tutto il sostegno di cui hai bisogno».

A quel punto, non riuscì ad evitarlo e mi gettai tra le sue braccia.
Lo strinsi in un abbraccio spacca ossa, volevo dimostrargli quanto apprezzavo quello che aveva detto e niente sarebbe stato abbastanza.

«Dici sul serio?» sussurrai al suo orecchio.

Dopo un attimo di paralisi per la sorpresa, anche le sue braccia si strinsero intorno alla mia vita e mi schiacciarono contro il suo petto largo.

«Si, Rose» mormorò «Potrai sempre contare su di me» concluse.

AttentaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora