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Passarono innumerevoli giorni. Innumerevoli giorni di vuoto e attesa. Di attesa e speranza...
Forse è vero che il tempo allevia le ferite. Forse è vero che la vita non ha che una sola direzione.
I legami si intrecciano e si sciolgono, poi si attorcigliano di nuovo... Non c'è modo di capirlo fino in fondo, cosa sia vero e cosa effimero. Tutto ciò in cui abbiamo creduto, lo sarebbe stato ancora?
Ehi, Lu.
Sehun...
Se potessi tornare indietro che cosa cambieresti?
Io ci credo ancora.
Ho sempre avuto paura di non essere alla tua altezza, di non poterti raggiungere per quanto ci provassi.
Nonostante il male che ci siamo fatti, nonostante io sia una tale persona codarda.
Pensi ancora.
Pensi ancora...


"Che tutto questo sia stato uno sbaglio?"


Ehi, Lu.
Sehun...
Sono quei momenti in cui mi pare di vedere il tuo volto in mezzo alla folla, che mi sembra di sbandare...
A volte, non riesco più a capire dove mi trovo. La mattina mi sveglio e c'è quell'attimo in cui credo di essere ancora a Seoul e, inconsciamente, chiamo il tuo nome...
So di aver fatto una cazzata, Lu.
Sehun.
Mi manchi.
Ho paura......






Sapeva cosa diceva la gente. Se avessero scelto Zhang Yixing come leader della M, invece di lui, probabilmente le cose non sarebbero mai arrivate a questo punto.
Era lui quello a cui, in fondo, diceva di non importare niente. Quello che aveva preso in mano le redini della situazione, "vabbè se proprio devo", solo in mancanza di alternative più credibili. Lay non era pronto e non lo sarebbe mai stato.
Quello che, a mani levate, si addossava sempre ogni colpa da solo, facendo passare ogni cosa per uno scherzo sopra un rigo di sorriso sprezzante, perché, dopotutto, anche se non vorrebbe darlo a vedere, era questo che faceva un leader...
Ma sai, Wu Yifan, quel cinque proprio non stava in piedi, incespicava come un disco graffiato e stonava maledettamente davanti agli obiettivi.
E nonostante tutto, tutti loro cercavano solo di andare avanti, trascinandosi nel cuore, giorno dopo giorno, il peso di una colpa in comune...
Ognuno. Di non aver avuto il coraggio di scommettere su quel "se" e il rimorso di averti lasciato andare, senza aver lottato abbastanza per quel "noi", con troppa facilità.





Sul soffitto stipava una nuvola bianca.
La nicotina aveva un sapore amaro contro il palato, ma in un certo senso riusciva a dargli sollievo. Zitao ne aspirò altre due boccate rigettandole verso il centro della stanza che lentamente andava saturandosi della sua aroma ostica. Se ne stava stravaccato sul suo letto, indolente. Era tanto che non gli capitava di fumare. Anzi, aveva smesso proprio perché faceva male. Già...a proposito di cose che facevano male...
Fissò l'intelaiatura della finestra, cercando con lo sguardo di aprirla. Troppo sforzo per alzare il sedere e fare i 50 cm di parquet che lo separavano da quella dannata maniglia, prima che il manager potesse fiutare qualcosa e fargli un'altra lavata di capo memorabile. Mentre pensava svogliato a queste scocciature sentì la porta accostarsi...
«Entra.»
Sehun sembrava a disagio, in piedi sulla porta. Si sedette ostentatamente sul copriletto accanto a lui, le labbra tirate in una riga di vago disappunto. «Vuoi una?» lo stuzzicò Tao più sbarazzino del solito. Sehun alzò la mano in modo semi serio. «No grazie, ho smesso.»
«Pensavo che sarebbe stato facile... invece sono ancora qui a pensare e rimuginarci» e "fumare" avrebbe aggiunto Sehun in un colpo di tosse simulato. «Ma per cosa poi?» lo vide voltarsi scrollando le spalle e il capo in una smorfia mordace, gli occhi affilati come lame «Per uno stronzo che non ha pensato due volte a mollarmi qui e che non ha mai richiamato per una parola di scusa?» Sputò un filo di fumo sprigionante di acredine e lo vide svaporare rapidamente davanti alle gambe divaricate, abbassò lo sguardo «Per quanto mi riguarda ho smesso di piangere! Sai cosa me ne frega ancora...»
Mentiva. Lo sapeva bene. Così come sapeva di quelle notti in cui singhiozzava da solo tra le coperte e come il contorno nero delle sue fosse oculari non fosse dovuto a un mero abuso di eyeliner.
A differenza sua Sehun non amava manifestare platealmente le proprie ansie, non ci riusciva, e non lo faceva apposta... Era cambiato molto rispetto a quattro anni fa, quando per qualsivoglia congiuntura emotiva si ritrovava a depositare un lago sotto di sé. Questo perché voleva diventare lui stesso la spalla su cui quella persona potesse piangere. Peccato solo che quella persona non avesse più necessità di fruirne, ora che era a decine di centinaia di chilometri al di là del mare......
«Sei triste Hun?» gli solleticò le guance con due nocche, risvegliandolo da quella nuvola di pensieri. Il minore scosse la testa. «Perché non mi hai detto niente di Luhan hyung? Credevo di sapere tutto di te...» emise uno sbuffo autoironico «Beh, non sarebbe la prima volta che mi riscopro contradetto...»
Sehun fissava il vuoto. «Ci eravamo già lasciati da un pezzo...» Le ginocchia sotto il mento, le braccia a circondare le gambe, dondolante su sé stesso. Zitao lo strinse vicino a sé, lasciando che gli si accoccolasse sulla spalla e carezzandogli i capelli ribelli alla nuca come avrebbe voluto essere carezzato a sua volta. Inalò con delicatezza il tabacco dal filtro stretto tra le sue dita, attento a non rigettarglielo in faccia. «Non ci pensare baby...»
La cenere cadeva sulle lenzuola, silenziosa e indisturbata...
Due settimane dopo la sua partenza, Sehun era entrato di nuovo in quella che era ormai l'ex stanza di Luhan e in fondo al cassetto del suo comodino personale aveva trovato un anello. Quello stesso anello che lui portava e non si era mai sfilato dall'anulare sinistro, neppure quando avrebbe pensato di volerlo odiare e cancellare dalla faccia della Terra, quando l'idea di poter scaraventare ogni oggetto che lo ricordasse in quella stanza era il solo modo che avesse per sentire ancora la sua presenza...
Per ore se ne stava seduto su quel letto, tenendo in mano l'anello di Luhan. Le spalle un po' incassate, lo sguardo perso nel vuoto, immobile, come in attesa... in attesa di una risposta che non sarebbe mai giunta, di domande forse ancora da scrivere, di perché ormai perdute per strada. Ogni giorno Sehun realizzava sempre più la distanza che lo separava da Luhan, di chilometro in chilometro la sua esistenza svaniva dalla sua vita, e la certezza di saperlo in un punto preciso del pianeta non faceva che acuire il suo senso di smarrimento...
In quel cassetto incustodito Luhan aveva lasciato il suo cuore, con il chiaro intento di non doverlo mai più reclamare. Sehun si chiedeva se non dovesse fare altrettanto...

words that we couldn't sayWhere stories live. Discover now