IN TRENO

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Era una mattina di fine primavera quando, stante la nebbiolina sospesa nell'aria, si iniziava già a sentire il frinire delle cicale. Simona era allegra e solare come sempre: quella mattina s'era alzata di voglia e aveva fatto colazione con gusto, prendendo al volo la sua borsa da mare per scendere dalle ridenti colline attorno Pistoia sino al mare della Versilia. Aveva già tutto e uscì trafelata, salutando sua madre di volata nell'ingresso. "A stasera!" – le disse schioccandole un bacio sulla guancia. La sua mamma sorrise, sapeva che il gran giorno in cui sua figlia sarebbe ritornata a girare senza fermarsi un attimo era arrivato. Nascose la lacrima d'emozione socchiudendo gli occhi nel vederla uscire dal vialetto di casa e ritornò alle sue faccende. Simona era al settimo cielo e arrivò in stazione con largo anticipo. Aveva già acquistato da tempo il biglietto e si era messa all'ombra della pensilina ad aspettare.

Mezzora era già trascorsa e del treno non vi era traccia: non era nemmeno stato annunciato in arrivo. Simona era impaziente e aveva paura di perdere tutto il giorno e non vedere i suoi amici, quelli di sempre, con cui aveva progettato da tempo questa giornata. Finalmente il treno arrivò e lei prese posto. Lo scompartimento era vuoto e baciato da quel tiepido sole di metà giugno, mentre poco lontano un gruppo di ragazzini cantava accompagnato da una chitarra. A un certo punto uno di loro si avvicinò a lei, fissandola negli occhi. "Io ti conosco!" – esclamò – "Tu sei la migliore amica di mio cugino, mi ha così tanto a lungo parlato di te". Lei non capì subito. Poi lui le spiegò l'intera situazione e lei si ricordò improvvisamente e si misero a parlare. In quel breve viaggio il ragazzino le raccontò ogni cosa, riempiendole il sorriso e le spiegò di come tutto fosse così incredibile e di quante volte aveva sognato di poterla conoscere: per lui, Simona era un mito.

Quando il treno arrivò in stazione e si fermò il ragazzino le disse il suo nome: Angelo. E nel salutarla le disse: "Mi raccomando, continua così. E leggi questo", porgendole una busta con sopra il suo nome. Simona, che nonostante tutti i ritardi del treno era ancora di buon umore, si avviò all'uscita e vinta dalla curiosità aprì la busta. Una grafia incerta, ma chiara copriva quasi tutto un foglio di un colore blu mare. La lettera diceva:

ciao,

in realtà non ci conosciamo affatto. Ma io sono l'Angelo della vita e mi mostro alle persone vere, quelle che si sono legate a me a doppio filo e sanno di poter contare su di me in ogni istante. La canzone che hai sentito cantare era per te: l'abbiamo scritta tutti assieme e tu ci hai dettato le parole. Di questo ti ringraziamo e ne custodiremo gelosamente il testo sempre. Passa sempre giornate sorridenti come questa.

A.

Uscendo dalla stazione Simona osservò il cielo: un lieve arcobaleno lo cingeva dolcemente e dagli alberi fuori la stazione di Viareggio si poteva udire una melodia a più voci.

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