A primo impatto quindi, potevo ammettere in un certo senso che la sua figura mi avesse lasciato una buona impressione -o almeno, non era uno di quei viscidi signori, o una donna che cercava di essere ottimista e fingeva una totale simpatia-, perché apertamente riconoscevo il suo puro incanto, che quasi certamente era la ragione principale per cui mi sentissi così intimidita dalla sua figura.

Pur essendo un ignoto da ogni prospettiva, la direttrice non aveva esitato a lasciarmi sotto la custodia dell'uomo e credevo che se fosse stato necessario, lei avrebbe anche pagato qualcuno pur di liberarsi della mia presenza nell'orfanotrofio; perciò alla prima occasione non aveva sprecato neanche qualche minuto per ragionare e aveva permesso l'adozione.

Il mio punto di vista non era stato lontanamente considerato, ma non solo dalla vecchia donna, bensì da qualsiasi persona alla quale era permesso entrare nel collegio. Non ci fu un solo individuo in quel posto che si preoccupò di aiutarmi nelle nuove e complicate circostanze, qualcuno che attribuì un minimo di importanza alla mia figura e che prese almeno in considerazione il tentativo di infierire nella situazione.

Si trattava anche di una questione di rispetto, perché con le loro maniere meschine e neanche umane, erano partite dal principio che fossi sotto la loro guida e che pattuire un affare su un oggetto così futile e trascurabile con un terzo individuo, non avrebbe creato scalpore in città; erano state indiscutibilmente spregevoli.

Ci rimise il mio futuro, proprio per la viltà delle persone io mi trovavo seduta sui sedili di una macchina ben tenuta, al fianco senza dubbio di un uomo affascinante ma allo stesso tempo mai visto prima e dato che non ero più una giovane neonata che si lasciava convincere agevolmente dal nobile portamento di una persona, non potevo considerare il suo aspetto esteriore un valido motivo per offrirgli la mia fiducia.

"Marisol" impiegai del tempo per concepire che l'uomo avesse pronunciato il mio nome, aggrottai leggermente le sopracciglia voltandomi nella sua direzione.

"Io devo fare benzina, nel frattempo approfittane per comprare qualcosa da mangiare; so che non hai pranzato" parlò probabilmente per la prima volta da quando ci eravamo incontrati, costringendomi quindi a ripristinare i miei pensieri.

Guardandomi attorno, mi resi conto che effettivamente ero stata fin troppo coinvolta dalle questioni riguardanti la mia complicata situazione esistenziale, per poter anche solo rendermi consapevole che ci fossimo fermati. "Non ho avuto tempo" balbettai.

"Immagino" farfugliò e nel farlo cominciò ad uscire dalla macchina, spostandosi dalla parte del distributore per poter fare il pieno del carburante e dove poi aprii lo sportello su cui avevo poggiato il mento, tenendo lo sguardo diritto sul mio viso.

"Comunque, prendi questi soldi" la sua voce matura risuonava nelle mie orecchie provocando dei brividi lungo la mia spina dorsale; avrei voluto rifiutare il suo invito, dato che non volevo mangiare in sua compagnia, tuttavia il suo tono mi rese facilmente manipolabile.

"Che cosa devo comprare?" balbettai, percependo un familiare calore distendersi sulle mie guance che probabilmente mi rese un'ingenua bambina agli occhi dell'uomo e dovetti piantare una fredda espressione sulla mia faccia, pur di adombrarlo.

"Dipende da cosa ti andrebbe mangiare" consigliò semplicemente e nel farlo alzò leggermente le spalle, volendo trasmettermi in effetti la praticità di quegli atti.

Mi avvicinai al piccolo mercato, cercando di non riflettere sulla realizzazione che stessi per fare qualcosa di umano e seppur insignificante, una semplice azione come quella era capace di colmare il mio cuore di angoscia e vergogna, quali erano le coordinate di un goffo portamento.

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