7. go away

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Louis continua a camminare in silenzio mentre cerca di evitare di cadere inciampando su uno degli arbusti a terra.

È ancora debole, si vede lontano un miglio, e quindi proprio non capisco che cosa deve averlo spinto a presentarsi in camera mia alle prime luci dell'alba invece che riposarsi.

Ovviamente io non ho preso proprio bene il fatto che la prima cosa che ho vista da sveglia è stato lui appollaiato sul mio letto, ma devo dire che poteva andarmi anche peggio.

Alla fin fine, non sono io quella che è stata picchiata a sangue giusto un paio di ore fa.

Anche se, inevitabilmente, continuo a sentire il calore al centro del petto, quello provato quando lui ha sfiorato la mia pelle, cercando di consolarmi.

È da così tanto tempo che qualcuno non è così gentile con me, ed è strano per me il pensare di aver trovato una consolazione in Louis.

Sbatto le palpebre, cercando di non perdermi troppo nei miei pensieri: lui ha promesso di aiutare la mia famiglia, di non farmi male, ma le cose non cambiano, io rimango sempre una prigioniera.

"Siamo quasi arrivati." Mi avverte, lanciandomi uno sguardo.

Annuisco appena, non ricambiando il suo sguardo, non riuscendo a sopportare il blu delle sue iridi.

In questo momento mi sento troppo vulnerabile.

"Arianne?"

Alzo lo sguardo, accorgendomi che lui si è fermato davanti ad una vecchia catapecchia in legno.

"Siamo arrivati?" Chiedo, perplessa: questa situazione non ha proprio un'aria rassicurante.

"Dai, vieni." Dice, e mi porge la mano, che io decido di afferrare.

Lui non ti farà del male, Arianne, vuole solo farti vedere qualcosa.

Non ti vuole fare del male, non ti vuole fare del male.

"Wow." Sibilo, entrando nella piccola casetta, notando quanto sia piena di oggetti e di disegni su ogni parete.

Noto un cavallo a dondolo, spade di legno, pastelli colorati: tutto ricoperto da almeno tre stati di polvere.

"Dovrei riordinare, ma non ne trovo mai il tempo."

"Che cos'è questo posto?" Chiedo, curiosa.

Louis fa un leggero sorriso, passando un dito su alcuni disegni dipinti sulle pareti: dei bambini stilizzati che si tengono per mano.

"Questo era il nostro posto: di Daniel, Emily e mio."

"Emily?"

Il biondo alza lo sguardo, e una scintilla di tristezza gli trapassa il volto.

"Mia sorella: è una lupa mancata."

Non dico niente, capendo di che cosa sta parlando: i lupi mancati sono un disonore per le loro famiglie, soprattutto se reali.

"Mi piacerebbe conoscerla." Dico, facendo un leggero sorriso.

"Oh, anche a lei saresti piaciuta." Ribatte, semplicemente "Ma lei non è qui, Daniel l'ha portata in un posto sicuro, lontano da chi potrebbe farle male."

E, anche se non lo dice, so che si sta riferendo a suo padre.

Mi sembra di rivedere me in lui, almeno in parte: entrambi rifiutiamo un genitore che non sa cosa vuol dire essere tale, solo che per Louis è diverso, perché io non ho mai subito l'odio di mio padre, mentre lui ne è la prima vittima, e non si toglierà mai dalla testa il modo in cui lo fa sentire tutto questo.

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