2. Un destino da compiere

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Quando Evander riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il volto di Reymond rischiararsi per il sollievo.

Sorrise al suo compagno di avventura e, nel medesimo istante, si sentì impallidire per una fitta di dolore che gli aveva agguantato la spalla.

Si guardò attorno confuso, muovendo solo gli occhi, l'unica parte del corpo che non gli procurasse dolore e, non riconoscendo la stanza verde acido, suppose di trovarsi in ospedale.

Recuperò a fatica la memoria degli ultimi eventi, e si incupì.
«Rey, scusami... mi dispiace» mormorò.

Reymond, che stava per esprimere la propria felicità di scoprirlo sano e salvo, rimase interdetto. Con la bocca aperta, lo guardò senza capire.

«La freccia... L'ho dimenticata nella foresta» spiegò Evander.

Per poco, Reymond non scoppiò a ridergli in faccia. Scuotendo la testa, disse: «Non m'importa un accidente, di quella maledetta freccia! Ciò che mi importa è che tu...».

Evander tese le orecchie, sperando di udire dalle sue labbra le parole "amico mio", ma qualcuno li interruppe e Reymond non poté finire la frase.

«Evander, fingi subito di dormire! Se ti vede sveglio, nessuno ti salverà dalla sua rabbia!».

La voce di Constance gli arrivò come un bisbiglio all'orecchio e il ragazzo comprese immediatamente ciò a cui alludeva la madre adottiva: Jonathan.

Con la coda dell'occhio, vide che Reymond si fingeva addormentato, proprio come se l'avviso di Constance fosse destinato anche a lui. Sapeva che Jonathan era capace di mettere soggezione alla gente e che tutti i ragazzi del villaggio ne avevano paura. E Reymond non doveva essere da meno. D'altronde, Jonathan, con la sua statura alta e imponente, il suo sguardo penetrante e acuto, e, soprattutto, con le numerose cicatrici ed abrasioni che rovinavano la parte destra del volto tutto attorno all'occhio, era una visione davvero spaventosa.

Prima di seguire il suo saggio esempio e chiudere gli occhi, Evander fece appena in tempo a veder entrare Jonathan, che, con la sua faccia arrabbiata, sembrava aver rabbuiato l'intera stanza. 
«Si è svegliato?» lo sentì chiedere.
Dal silenzio che seguì, intuì che Constance aveva fatto di "no" con la testa.

«Constance, non crederai mai a quanta gente si è accalcata qua fuori! Ho dovuto cacciar via tutti a pedate».
«Ho sentito ogni cosa, Jonathan. Potevi essere meno duro con la mamma di Reymond: ha un figlio di tre anni a cui badare».
«Ah, quella creatura urlante! Ma ci credo che il piccolo ha tante crisi isteriche, visto che il padre è un...».

Seguì un attimo di silenzio, come se Jonathan fosse stato bruscamente interrotto.
Dopo un momento, la voce di Constance sussurrò: «Jon, cerca di trattenerti: c'è qui il fratello, e ha appena subito uno shock, povero ragazzo... Ti deve aver sentito, sai, quando hai detto al padre di non tornare prima di aver smaltito... Beh, lo sai».
«Ebbene? É abbastanza grande da sapere».

Evander rabbrividì per la vergogna di sentire il proprio padre adottivo insultare la famiglia di Rey a quel modo senza nemmeno preoccuparsi di essere ascoltato proprio da quest'ultimo.

«E col sindaco, poi! Jon, è già tanto se non ti hanno rinchiuso in una cella per oltraggio al...!».
«Quell'uomo non merita un ruolo pubblico. É un incapace e un opportunista».
«Voleva solo sapere come stavano i ragazzi...».
«No, voleva sapere come hanno fatto a uccidere il lupo: gli è stato detto che la bestia si è paralizzata prima di morire per mano di Evander, e lui voleva scoprire com'è successo, così che alla prossima riunione dei sindaci del nord, potrà vantarsi con tutti di aver scoperto come immobilizzare un lupo veradriano».
«Tu sai che è stato il succo di melanga. Perché non glielo hai detto?».
«Sì, che glielo ho detto».
«No, tu gli hai detto di andare ad analizzare le fauci della bestia».
«Ebbene, così lo scoprirà da solo, potrà vantarsene come di una propria scoperta, e, nel frattempo, si terrà impegnato e lontano dai piedi!».

Triplania- il predestinatoWhere stories live. Discover now