Capitolo 1- Aaron Swartz

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Aaron Swartz non era più abituato a sentire il fastidioso e rintoccante rumore della sveglia.
Erano le 7:30 quando l'orologio iniziò a suonare, facendolo alzare di scatto mentre dormiva ancora.

L'ultima volta che aveva sentito quel rumore risaliva a sei mesi prima, poco dopo la morte di Lisa e Sarah.
Il funerale si era svolto presto e aveva quasi avuto paura di non riuscire a svegliarsi in tempo; ma quella notte di sei mesi prima rimase sveglio, a fissare il buio diventare giorno, la luna accendersi e spegnersi nel cielo, i bicchieri riempirsi e svuotarsi.

Era rimasto a fissare il vuoto, con la speranza di sentire il suono della sveglia, per annunciargli la fine di quella nottata.

Invece, sei mesi dopo, la sveglia significava solo il suo doversi alzare.
Ci aveva messo tre mesi per riprendere a dormire, la psicologa dalla quale andava diceva che il suo era un caso di "stress post traumatico". Ma Aaron trovava quelle parole stupide, la sua non era una malattia, l'unica cosa che avrebbe voluto curare era la morte e, non potendo, si limitava a bere, sperando di incontrarla di tanto in tanto.

Quella fase era passata ovviamente, ma era ancora solito bersi un bicchierino quando capitava, esattamente come aveva fatto la sera prima di ricominciare con il lavoro.

Si alzò dal letto e con un gesto lento e impacciato si stropicciò gli occhi. Si diresse verso il bagno, inciampando tra un vestito abbandonato sul pavimento e l'altro.

Non appena si mise davanti allo specchio notò le grosse occhiaie che segnavano il suo viso.
Sospirò, non era più il bel ragazzo di un tempo.
I capelli castani erano coperti da una patina grigia, mentre gli occhi azzurri, che un tempo facevano stravedere le ragazze, erano invecchiati, sembravano tristi.

E lo erano.

Aaron si chinò sul lavandino e si bagnò velocemente il volto, provando a recuperare un po' di sensibilità. Era sempre più stanco, sempre più assonnato.

Non rimase sorpreso quando, raddrizzandosi, sentì un insolito dolore alla schiena.
Aveva passato gli ultimi sei mesi a casa, a bere e piangere sul suo letto.
Non che se ne vantasse eh, odiava sapere che si era lasciato andare così tanto. Ma ormai se ne era fatto una ragione, non poteva cambiare il passato e doveva convivere con il fatto che da quel momento in poi sarebbe stato solo.

Quando arrivò alla centrale di polizia fece per parcheggiare l'elegante Chevrolet nera al suo solito posto, a destra dell'edificio, sulle strisce gialle riservate a lui.

Ma con dispiacere notò che il suo posto era stato preso da un'altra macchina. Una semplice Aygò rossa, piccola, anonima e consumata.
La classica macchina che prenderebbe una donna abituata a viaggiare da sola, si disse Aaron parcheggiando subito dopo questa.

Sei mesi e lo avevano già rimpiazzato?

Sospirò e scese dall'auto, incamminandosi verso le eleganti porte di vetro che annunciavano l'ingresso.
Rimase lì per qualche secondo, a contemplare la bellezza dell'edificio e dell'odore di scartoffie.

Era la prima volta che vedeva quell'edificio dopo la storia con Lisa e Sarah.
Sapeva che tutto quello che era successo a loro era solo colpa sua, del suo lavoro.

Ma essere un detective per lui era come una dipendenza. Non avrebbe mai smesso.
Il pericolo costante, il contatto con i criminali, i casi da risolvere... un tempo erano all'ordine del giorno per lui. Adorava il suo lavoro e, anche se lo aveva distrutto, anche se tutto quello che amava era scappato via dalle sue mani per colpa di esso, lui entrò lo stesso dentro alla centrale di polizia, passando sotto alla maestosa scritta "Scotland Yard".

"Swartz? Sei proprio tu?" Nemmeno il tempo di gustarsi il caldo clima lavorativo, subito Aaron si pentì di essere tornato a lavoro.
Si girò verso l'uomo che aveva appena parlato, trovando subito la testa bionda di George Kelly.

SouthseaWhere stories live. Discover now