Capitolo uno

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Oggi è il giorno, è il giorno in cui il sindaco sceglierà le venti persone da mandare in superficie a combattere contro i Trepidanti. Spero vivamente di non essere io, non voglio avere a che fare con quelle cose e sinceramente non sono nemmeno mai stato addestrato a combattere. Il mio addestramento è stato molto diverso da quello degli altri miei coetanei, ne sono consapevole ma non è stata una mia scelta. I miei genitori non hanno mai voluto che prendessi in mano un'arma e ora, grazie e a loro, non so nemmeno impugnare una spada. So che se dovessi essere scelto per salire in superficie sarei uno dei primi a essere ucciso, non ho alcuna abilità speciale. Probabilmente l'unica cosa che potrò fare sarà nascondermi da qualche parte e sperare di non essere ucciso da loro. Mi guardo intorno spaesato e dopo poco punto gli occhi verso il soffitto chiedendo di poter essere risparmiato da una morte così lenta e dolorosa. Faccio un respiro profondo cercando di rimanere il più positivo possibile, non voglio perdere tutto ciò che amo per andare verso qualcosa di incontrollabile e spaventoso. Mi obbligo a fare un lungo urlo, devo scaricare la rabbia e sperare di poter essere risparmiato per un altro anno. La mia vita ormai è qui e lasciare il mio lavoro, la mia famiglia e i miei amici, non mi aiuterà a rimanere sereno. So che se dovessi esser scelto sarebbe l'ultima volta che vedrei tutti e questa è la cosa peggiore che un ragazzo possa provare, al tempo stesso, però, ci sarebbe una cosa positiva nel salire in superficie. Vedrei per la prima volta la luce del sole, sentirei il calore dei suoi raggi sulla mia pelle, il mondo illuminato da una luce naturale e non più artificiale, vedrei il mondo da un'altra prospettiva e finalmente potrei scappare dal terrore delle tenebre.
Mi costringo ad alzarmi in piedi, non manca molto all'ora e non mi sono ancora preparato. È consono vestirsi di nero nel giorno del sorteggio, come forma di rispetto verso coloro che se ne andranno e per coloro che spariranno. Durante tutti questi anni non ho mai visto nessuno tornare e mi sono sempre chiesto che fine facessero queste persone, più volte ho sperato di vedere dove andassero a finire tutte le persone che partivano per la missione. Ho sempre sperato, inoltre, che qualcuno facesse ritorno per raccontare cose accadeva su in superficie. Eppure nessuno è mai tornato.
Dopo essermi velocemente vestito e preparato esco di casa, i vicoli sono stretti e per questo motivo le persone vanno quasi tutte a piedi e in bici. Mi stringo nel maglione, mentre di tanto in tanto mi soffermo ad osservare le persone che mi circondano. Un certo grigiore pullula sui loro volti e io non posso fare a meno di capirli, credo che sia lo stesso pallore che domina il mio viso. Non credo di potercela fare, non credo di riuscire a mettermi in gioco in questo modo e non sono nemmeno pronto per essere spedito all'aldilà. Mi sistemo meglio gli occhiali sul naso e allungo il passo, non voglio vedere tutti questi volti sofferenti e non voglio sentire tutta questa tristezza. Passo di fianco a un gruppo di bambini e non posso fare a meno di immaginarli in superficie, le spade più grandi di loro mentre combattono contro quei mostri. Un brivido freddo percorre tutta la mia schiena e non posso fare a meno di versare una lacrima per loro, spero che questo mostruoso sorteggio non prenda nessuno di loro.
Dopo un'altra decina di minuti mi avvicino all'arena, un posto enorme dove solitamente si mettono in atto scene di commedia o tragedia. Un anfiteatro, un semplice anfiteatro che una volta all'anno diventa il posto in cui si incontrano tutti i sentimenti più bui: paura, tristezza, rabbia (...). Mi guardo intorno e non riesco a fare a meno di sentire un senso di disagio tra tutte quelle persone. I miei occhi si catapultano quasi immediatamente sulle venti urne poste al centro dell'arena. Ogni urna per ogni ragazzo scelto per affrontare la causa, una causa più importante della loro stessa vita a quanto pare. Spero che facciano presto a fare questo sorteggio, non vedo l'ora di tornare a casa e di poter tornare alla mia normalità. Il mio nome compare una sola volta in una sola urna, così come il nome di tutti gli altri, se mi sorteggiassero significherebbe che sono stato davvero sfortunato.
Un flebile ronzio si diffonde per tutto l'anfiteatro quando al centro spunta il sindaco di Asor, tutti lo acclamano applaudendo. "Benvenuti mio caro e dolce popolo, questo è il momento di scoprire quali saranno i venti ragazzi che quest'anno tenteranno di uccidere i mostri che sono in superficie. Per coloro che saranno sorteggiati spero in un futuro più che roseo e lungo, l'importante però è portare a termine la missione." detto questo si avvicina alla prima urna e il mio cuore perde leggermente un battito. Spero che non esca il mio nome, non sono pronto. Non sarò mai pronto.

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