XXI

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La mia vita passava velocemente, il tempo scorreva più in fretta. Tra le uscite con i miei -ormai- amici, le chiacchierate con Marlene, il ristorante, la scuola, le chiamate con mia madre e mia sorella, le discussioni con Sierra.

L'ultima era stata sul fatto che mi aveva aggiornato sullo stato della sua 'relazione' con Chase, piombando, come al solito, in cucina e cominciando a dare fastidio a chiunque, fino a dire il vero problema che la attanagliava. Lo aveva baciato e non sapeva se sarebbe stato un punto di svolta per loro, ma lei da una parte voleva ciò, dall'altra non affrettare le cose. Io, come risposta, le avevo rifilato tra le mani il suo piatto con il dolce preparato e conservato per lei, dato che non mi lasciava parlare per esprimere la mia opinione.

Quel giorno era sabato, ci eravamo messi d'accordo di andare a fare colazione tutti insieme, Sierra era stata la prima ad acconsentire all'idea che ci era venuta martedì, ma lei, dal giorno dopo, era scomparsa. Non rispondeva al cellulare, non veniva a scuola, i cuochi nel mio ristorante sentivano, per la prima volta dopo tanto, uno strano silenzio nell'aria che li aveva fatti accigliare. Avevo notato che, per quei giorni -compreso il giovedì che avevamo aperto il ristorante per un ricevimento importante-, si guardavano attorno spaesati e, in un primo momento, lo avevo fatto anch'io. Poi, però, avevo annunciato loro che si dovevano godere quel silenzio irreale, che non sarebbe durato per sempre.

Non avendo sue notizie da giorni ormai, decidemmo di andare a controllare a casa sua. Quando suonammo, nessuno rispose, tanto che Agnes cominciò ad andare nel panico.

"E se fosse entrato un ladro e avesse ucciso tutte?" Jared cercò di calmare l'ansia della sua ragazza, che si ricordò della chiave di riserva sotto il vaso accanto alla porta d'ingresso. Aprì, facendoci entrare, la casa in ordine e niente fuori posto. Ovviamente Jo e Ivy non c'erano, di Sierra neanche l'ombra. Salimmo lentamente le scale per arrivare alla sua stanza, trovando la porta chiusa. Agnes la spalancò e tutti noi c'immaginavamo scenari diversi, non sicuramente quello che avevamo davanti. La stanza era buia, si distinguevano poco i contorni dei mobili. L'unica ragazza tra noi andò ad aprire tutto, facendo entrare la luce dalla finestra.

La stanza era in disordine, il computer si trovava abbandonato su un pouf accanto al letto, c'erano due piatti e alcuni sacchetti di schifezze su un comodino, Sierra sotto le coperte che arrivavano quasi a coprirla tutta. Accanto a lei, un gatto grigio dormiva beato, senza che nessuno lo disturbasse. Mi guardai intorno, notando quanto questa camera parlasse di lei. Le pareti colorate, le foto attaccate ad una bacheca di sughero, una lavagnetta con scritte diverse cose come, ad esempio, l'elenco delle serie che doveva vedere. Diverse erano state barrate e mi accigliai quando notai che alcune fossero quelle che lei, almeno una settimana prima, aveva detto che avrebbe dovuto vedere. Poster attaccati alle pareti, alcune strisce di foglio con delle citazioni e molto altro.

Agnes sbuffò, capendo il perché la sua amica non fosse venuta da noi.

"Pat, controlla il suo computer. La cronologia é importante" affermò Agnes, prendendo il suo cellulare.

Patrick si trovò in difficoltà con la password, perché l'aveva cambiata.

"Ma come le viene? Non era 'Matthew Daddario' l'ultima password? Ora quale sarà?"

"Il suggerimento dice 'Qualcosa che amo alla follia' Ama fin troppe cose alla follia" borbottò il ragazzo, così, da lì, si cominciò a fare un elenco di cose che potessero piacerle.

"Ho da sempre amato la macedonia di fragole. Quasi quasi, supera anche la pizza"

"Prova 'macedonia di fragole'" dissi ad un certo punto, stupendomi quando la password fu giusta.

GourmetWhere stories live. Discover now