Parte 27

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I tasti del pianoforte non erano altro che un foglio bianco su cui proiettare i miei pensieri. Gli occhi, appesantiti da un sonno che la notte precedente si era fatto desiderare, cercavano continuamente riparo dietro le palpebre pesanti. La voce della Von Mart era un monotono sottofondo per le mie riflessioni. Quella mattina non riuscivo a concentrarmi, per quanto mi ci impegnassi. Non facevo altro che rimuginare sugli avvenimenti del giorno precedente, dal comportamento che Alice aveva mostrato quando le avevo annunciato che sarei uscita con Ice, al fatto che fosse andata a riferirlo allo zio. Perché poi il giardiniere avesse voluto dirmi quelle cose sul fidanzato di Ilenia, mi rimaneva un mistero. Ero sicura che non fosse passato nei pressi del laghetto per puro caso, né per potare i cespugli come poi aveva fatto: si era spostato in quella parte del giardino per parlare apposta con me e, a giudicare dal suo comportamento circospetto e dalla sua reticenza a non fare nomi, non era qualcosa che avrebbe dovuto fare. Quello che aveva detto di Ice mi inquietava. C'era forse qualcosa che non sapevo sul suo conto e che avrebbe dovuto mettermi in guardia da lui? Ripercorsi le ore che avevamo trascorso insieme. Si era innervosito quando Helena aveva accennato al mio ritrovamento nel mezzo di una strada – anche su questo avrei dovuto chiedere spiegazioni – ma quello non mi sembrava un atteggiamento sospetto. Piuttosto, la leggera vena di disprezzo con cui aveva alla fine parlato dei suoi genitori e la sua conoscenza con il fratello di Edda, una conoscenza che sembrava abbastanza consolidata, mi diedero da pensare. Perché Charles avrebbe dovuto aiutare Ice a ottenere la mano della nipote, e perché Ice, così orgoglioso e sprezzante, così sicuro di sé, avrebbe dovuto ricorrere all'aiuto di qualcuno? Perché Edda non mi aveva mai messo al corrente di parenti provenienti dal suo ramo della famiglia? Se poi consideravo che a distanza di settimane non sapevo ancora come era avvenuta la mia aggressione e non avevo idea di chi avrebbe avuto interesse a compiere una simile azione, l'intera faccenda diventava alquanto strana. A chi avrei potuto chiedere per avere delle risposte? Non certamente ad Alice, che non aveva nemmeno la lingua... ecco un'altra cosa che non capivo. Non sapevo niente del perché e del come era successo. Edda aveva sempre liquidato la faccenda come se fosse qualcosa di irrilevante, né avevo avuto il coraggio di chiedere alla diretta interessata di spiegarmi in qualche modo quello che le avevano fatto.
- Signorina Von Kold!
L'urlo della Von Mart squarciò violentemente il velo dei miei pensieri.
Mi riscossi, spaventata. Il viso le era diventato rosso come un pomodoro: era furente e potevo anche intuire perché, dal momento che non avevo prestato ascolto a una sua sola parola.
- È la quarta volta che la richiamo! Si può sapere dove diavolo ha lasciato la testa oggi?
- Mi dispiace, io... giuro che d'ora in poi starò attenta.- mormorai, mortificata.
- Sa che le dico? Non ne avrà più bisogno!
Incassai la testa tra le spalle, preparandomi al peggio.
- Ho taciuto fino ad adesso per rispetto alla sua famiglia e perché avevo un dannato bisogno di uno stipendio fisso, ma non sono disposta a tollerare oltre la sua negligenza e la sua irrispettosità! Tra tutti gli allievi che ho avuto, lei è di sicuro la più imbranata, la più distratta e la meno dotata, non è nemmeno in grado di riconoscere tra un tono e un semitono! – mi sbraitò contro, appoggiandosi al pianoforte e puntandomi addosso due occhi infuocati.
La mia testa ebbe uno scatto all'indietro, come se mi avesse dato uno schiaffo: sapere che quella era la verità, non rendeva certo più facile digerire i suoi insulti. Strinsi i denti, prendendomi una mano con l'altra per tenerle occupate e resistere alla tentazione di alzarle su di lei.
- Mettiamo le cose in chiaro una volta per tutte. Lei ha intenzione o no di impegnarsi a suonare uno strumento nobile come il pianoforte?
Un inquisitore intento ad interrogare un eretico non avrebbe avuto nulla di diverso dalla Von Mart, in quel momento.
Cercai di trattenermi e di mantenere la calma, ma ero stanca, avevo troppi pensieri per la testa e sapevo che tanto non sarei mai riuscita a raggiungere i livelli di Ilenia.
- No!- urlai, scattando in piedi e fronteggiandola.
La donna si rizzò, incredula che avessi potuto dimostrare una simile reazione.
- Non ho alcun interesse per la musica! Odio le sue lezioni e soprattutto, odio questo dannatissimo pianoforte! Se solo potessi dargli fuoco, lo brucerei! – gridai, alzandomi in piedi con tanta energia che lo sgabello si allontanò per la forza della mia spinta. Sbattei la copertura sui tasti con tutta la forza che avevo, poi, non ancora soddisfatta, sferrai anche un calcio alla gamba.
La Von Mart era semplicemente pietrificata, il suo viso era diventato granitico.
- Molto bene.- annunciò con ira trattenuta, cominciando a raccattare le sue cose. Avrei dovuto fermarla, ma non ne avevo alcuna intenzione.
- Direi che questo è un addio.
Senza degnarmi di un'ultima occhiata, la donna imboccò la porta, lasciandola aperta alle sue spalle.
Mi asciugai rabbiosamente le lacrime che avevano fatto capolino. La stanza improvvisamente silenziosa mi diede l'acuta consapevolezza che l'incubo delle lezioni di musica era terminato, ma sarebbe stato troppo ottimistico credere che non sarebbe arrivato qualcos'altro a prenderne il posto.
Indugiai vicino a quello strumento su cui avevo sfogato tutto il mio rancore, tentando di regolarizzare il respiro. Edda sarebbe andata fuori di testa, ma ormai non m'importava più. Forse quella che stavo vivendo non era la mia vita, ma non era neppure la sua. Vinta la reticenza, abbandonai la sala, cercando di raggiungere la Von Mart, quantomeno per essere sicura che non andasse a riferire alla signora Von Kold la sua personale versione dei fatti.
Raggiunsi l'atrio correndo, ma era già troppo tardi. Edda, sconvolta, stava cercando di trattenere l'insegnante, decisa però dal canto suo a lasciare quella casa il più in fretta possibile. A peggiorare le cose, però, c'era anche Ice con lei. Quando arrivai, mi fissò interrogativamente, ma quel suo gesto attirò su di me l'attenzione di Edda.
- Ilenia! Esigo che tu venga qui subito a porgere le tue scuse alla tua professoressa! – mi ordinò, con tono imperioso e gli occhi ridotti a due fessure assassine.
- Risparmi il fiato, signora, non ho intenzione di perdere ancora tempo. Sua figlia è negata per la musica. Non diventerà mai una pianista.
Edda spalancò la bocca, offesa.
- Come si permette? Lei non ha idea del talento di mia figlia!
- Ho idea di quanto è stonata e questo mi basta a giudicare del suo "talento". E adesso le sarei grata se dicesse al suo maggiordomo di aprire quella porta, devo andarmene.
- Sono io che la caccio, signorina Von Mart! Non avrei nemmeno dovuto farla entrare la prima volta!
La Von Mart divenne paonazza. Stava per rispondere, ma quando vide l'uscio spalancarsi, raddrizzò la schiena e se ne andò a testa alta, senza nemmeno aprire la bocca per un saluto.
A quel punto, toccava a me.
- Ilenia! Dovresti vergognarti! Guarda che cosa hai fatto! – gridò isterica mia madre.
Avrei voluto risponderle che alla fine era stata lei a cacciare la donna, ma nello stato d'animo in cui mi trovavo, non avrei retto a un litigio di quelle proporzioni. Vidi Ice avanzare verso di me, ma non volevo che si avvicinasse.
- Per una volta lasciatemi stare! – urlai, arretrando e poi corredo su per le scale, fino a sbattermi la porta della camera alle spalle. Respirai profondamente, ma quella diga che avevo costruito dentro di me per arginare tutte le mie emozioni sembrò cedere all'improvviso. Mi gettai sul letto, singhiozzando, e affondai nel cuscino, soffocando il mio pianto. Volevo tornare a casa, dai miei genitori, da mio fratello. Da Alex. Ice non gli assomigliava nemmeno lontanamente, non avrei mai potuto provare per lui quello che provavo per il mio ragazzo. Il suo solo nome mi evocava freddezza, mentre Amanda aveva l'amore nella sua stessa radice. Come avrei potuto condurre con lui la mia vita? Non era giusto nemmeno che lui sposasse qualcuno di diverso dalla ragazza che amava e che forse aveva ricambiato i suoi sentimenti.
Mi misi a pancia in su, il fresco delle lacrime attenuava il fuoco che mi sentivo sulle guance e nel cuore. Dopo circa una mezzora, con ancora gli occhi gonfi e brucianti, qualcuno venne a bussare.
- Vattene via! – urlai, tirandomi in ginocchio. Immaginavo già chi fosse e non avevo alcuna intenzione di vederla.
Malgrado non avessi dato il permesso a nessuno di entrare, la porta si aprì di uno spiraglio.
- Ti ho detto di andartene!
Ignorando la mia isterica richiesta, Ice si fece avanti nella stanza, richiudendo l'uscio alle spalle cercando di essere il più delicato possibile.
Mi bloccai per un istante, sorpresa. Ero convinta che si trattasse di Edda, non di lui, ma dopotutto, non cambiava poi molto.
- Sparisci! – afferrai il cuscino e glielo tirai, ma lui si scansò senza una parola e lo evitò.
- Non voglio vedere neanche te!
- Una ragazza nelle tue condizioni non dovrebbe stare sola. Dovrebbe avere qualcuno al suo fianco che cerchi di fermarle le lacrime. Vorrei che ci fosse un'amica vicino a te, ma purtroppo credo che dovrai accontentarti di me per questa volta. Ho convinto tua madre a farmi provare di calmarti; se mi vedrà scendere in sala così presto, verrà lei a parlarti.
- Il cielo non voglia! – esclamai.
- Quindi posso rimanere qui un po'?- chiese con un sorriso appena accennato, ma già muovendosi verso di me come se gli avessi dato il consenso.
- Fa' quello che ti pare!- gli risposi, brusca. Tra tutti i miei problemi, quel giorno, ci mancava anche il fidanzato premuroso.
- Tieni, asciugati un po'.- mi porse il suo fazzoletto, bianco e perfettamente stirato, come se fino ad allora fosse stato solo un accessorio superfluo che per caso aveva ritrovato in tasca. Si sedette accanto a me sul letto, tanto vicino che il tessuto dei suoi pantaloni sfiorò la mia gonna. Mi scostai un poco, imbarazzata, mentre mi asciugavo sotto il suo sguardo impenetrabile.
- Quello che è successo con la Von Mart ... - cominciò, ma io non volevo nemmeno sentir pronunciare quel nome.
- Ti prego, non dire niente. Voglio dimenticare tutta questa storia.
- Se lo meritava.- concluse lui, serio.
Lo guardai, stupefatta. Era dalla mia parte? In effetti, la cosa non avrebbe dovuto sorprendermi, perché in fondo aveva quasi sempre preso le mie parti contro Edda o altri.
- Era evidentemente incapace di insegnare, l'ho capito dal primo istante che l'ho vista. E non ha mai saputo trattarti nel modo che avresti meritato.
- Come fai a dirlo? Non hai mai assistito alle sue lezioni.
- Ho visto come ti comporti con gli altri insegnanti. Sei attenta per la maggior parte del tempo e non manchi mai loro di rispetto. Se con quella di musica si è arrivati a questo punto, è perché evidentemente voi due non eravate compatibili.
Distesi le gambe e mi sedetti, sistemandomi il vestito e cercando di ispirare quanta più aria possibile.
- Oh, Ilenia, hai un così disperato bisogno di affetto.- mormorò Ice, con tono dispiaciuto.
Potevo negare tutto, ma non quello.
- Adesso, per una volta, lascia che ti abbracci. Ti farà bene, e tu lo sai.
Prima ancora che potessi rispondergli, alzarmi o quantomeno allontanarmi per evitare il contatto, le sue braccia mi strinsero contro di lui, bloccandomi quasi volesse impedirmi di scappare o anche solo respingerlo. Anche attraverso la consistenza dei vestiti, seppi che le sue palme aperte mi stavano accarezzando la schiena, ma il modo tranquillo in cui lo facevano attenuò un po' il mio allarme. Sentivo il cuore scalpitare nel petto, tuttavia, dubitavo che fosse per l'emozione del gesto.
Ice mi strinse ancora di più, nascondendo il viso nell'incavo del mio collo. Lo avrei respinto, se non mi avesse bloccato gli avambracci con una morsa così ferrea. Quella sensazione di disagio e repulsione che avevo provato in fondo allo stomaco la sera prima tornò ad affacciarsi, lieve come una piuma ma fastidiosa come una mosca. Rabbrividii quando le sue labbra si impressero nello stesso punto di qualche ora prima. Era questo che intendeva quando aveva detto che avrebbe aspettato? Avrebbe aspettato il giorno dopo? Aveva una gran bella pazienza, non c'era niente da dire. La sua bocca si dischiuse e sentii l'umido del suo interno scaldarmi la pelle. A quel punto poteva anche bastare.
- Ice...
Non mi fece aggiungere altro. Le sue labbra si spostarono dal mio collo al mio viso e la sua bocca calò sulla mia prima che potessi anche solo rendermi conto delle sue intenzioni. Sussultai, mentre mi chiedevo come fosse possibile che non mi fossi accorta che una delle sue mani era finita tra i miei capelli e ora mi stava spingendo la testa all'indietro, costringendomi a dischiudere le labbra contro la mia stessa volontà. Gli afferrai le spalle, cercando di allontanarlo, ma lui mi sovrastò con la sua figura fino a che non mi ritrovai distesa, schiacciata contro il materasso dal peso del suo corpo, inchiodata senza via di fuga. Mugugnai per protesta, ma lui mi ignorò, continuando a muovere la sua bocca sulla mia. Dal momento che mi teneva la testa fra le mani, non potevo nemmeno cercare di sfuggirgli. Il bacio di Ice era... non c'era un altro modo per descriverlo se non disgustoso. Era esigente ed avido, curioso anche, non brutale ma nemmeno gentile. Quella sensazione di rilassamento totale, quel formicolio nello stomaco e quel giramento di testa che aveva accompagnato tutti i miei precedenti baci era del tutto assente. Invece, quella specie di grumo nello stomaco, che i baci e le carezze di Alex avevano il magico potere di sciogliere e dilatare, sembrava che si fosse concentrato in un unico punto nel mio addome, divenendo ancor più denso e fastidioso.
Ice si sistemò meglio sopra di me, facendo aderire il suo corpo al mio. Fui colta ancora una volta dal panico, ma cercai di convincermi che non mi avrebbe fatto nulla di male. Si sarebbe limitato a baciarmi, rivendicando un diritto che gli era stato troppo a lungo negato. Non avrebbe osato farmi altro. Non nel mio letto, nella mia camera, con mia madre che avrebbe potuto fare irruzione in qualunque momento. Non aveva nemmeno chiuso la porta a chiave, quando era entrato. Quella certezza si incrinò quando la sua mano destra sparì dal mio viso e ricomparve sull'esterno della mia coscia, ben al di sopra dell'orlo del vestito. Mi dimenai, inutilmente. Se solo avessi potuto parlare, avrei anche potuto cercare di urlare. Se avesse intuito quel pensiero, forse Ice non avrebbe spostato le sue labbra sul mio collo, permettendomi finalmente di respirare, sebbene con il fiato corto.
- Che cosa hai intenzione di fare? – gli chiesi, senza riuscire ad evitare una nota di paura.
Ice si sollevò sui gomiti, guardandomi direttamente negli occhi con evidente soddisfazione per quello che era riuscito ad ottenere da me. Il sorriso comprensivo di poco prima era stato sostituito da un'espressione maliziosa che non prometteva nulla di buono.
Mi sfregò le labbra con il pollice, sembrando quasi compiaciuto che non l'avessi subito respinto.
- L'abbiamo fatto, qualche volta, sai, quando tua madre non poteva scoprirci.- mi confessò in un sussurro poco più che percettibile, con gli occhi incupiti in cui brillava una luce di complicità.
Non c'era bisogno di spiegazioni circa il significato delle parole che aveva appena pronunciato. Avvampai, desiderando più che mai di trovarmi da qualche altra parte. Anche nella stessa stanza con Edda sarebbe andato bene.
- Ah, e ovviamente lei non sospetta nulla. Ai suoi occhi sei ancora innocente come una bambina.
- Anche ai miei.- balbettai, cercando di alzarmi, ma Ice era abbandonato sopra di me con tutto il suo peso.
- Ma il tuo corpo forse potrebbe ricordare qualcosa. Non sei rimasta delusa, le altre volte.
Sentivo che le mie gote erano bollenti. Il resto di me era gelato. Non gli avrei permesso di toccarmi, anche a costo di cercare protezione da mia madre.
- Ice, ti prego, tutto questo è assurdo!
- Presto saremo formalmente marito e moglie, che differenza fa qualche mese di anticipo?
- Appunto! Abbi la decenza di aspettare! Dimostrami che sei un gentiluomo anche in privato e non solo in pubblico!- gli urlai, cercando di allontanarlo con tutte le mie forze.
Lui pose fine ai miei tentativi afferrandomi le mani, irritato.
- Non hai fatto tutte queste storie le altre volte.- borbottò, sposando la mano destra dalla coscia al polpaccio.
- Non ci sono state altre volte per me! – protestai, infuriata.
- Rilassati, Ilenia. Andrà tutto bene.- cercò di rabbonirmi, riprendendo possesso delle mie labbra e accarezzando la pelle della mia gamba. Come poteva farmi questo, dopo che era stato così galante e paziente con me all'inaugurazione?
Improvvisamente, la porta si spalancò con un rumore secco e inaspettato che fece sussultare entrambi per lo spavento e la sorpresa.
Ice fece letteralmente un balzo indietro, staccandosi da me con la stessa rapidità con cui avrebbe sottratto una mano dalle fiamme di un fuoco e si voltò verso l'inaspettato ospite, livido in volto. Approfittai subito di quella situazione per tirarmi a sedere e chiedere aiuto a chiunque fosse venuto a disturbare.
- Alice, sei soltanto tu.- constatò Ice, rilassandosi. Assunse un'espressione noncurante e una posa semidistesa, appoggiandosi su un gomito mentre rimaneva accanto a me, come ad indicare chiaramente alla ragazza che la sua presenza non era gradita.
- Avresti dovuto bussare, prima, non credi?- la interrogò, alzando un sopracciglio con freddezza.
Osservai la mia cameriera, curiosa di vedere la sua reazione di fronte ad Ice. Se il solo nominarlo la agitava, che effetto le avrebbe fatto affrontarlo a quattr'occhi? Osservandola in quel momento, potevo dire semplicemente un effetto terribile.
Alice era paonazza, ma non sembrava imbarazzata. Sembrava pericolosamente arrabbiata, perché il lampo che le brillava negli occhi era di ira pura. Una vena le pulsava nel collo al ritmo del suo cuore che sembrava impazzito, le mani erano strette così tenacemente che temetti che si ferisse con le unghie. Aveva il respiro corto e sembrava pronta a balzare addosso ad Ice. O forse a me? Non avevo mai pensato che il movente dei suoi strani comportamenti potesse essere la gelosia, ma forse avrei fatto meglio a prendere in considerazione anche quella possibilità data la situazione.


IperuranioWhere stories live. Discover now