Parte 21

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Il giardiniere, con più urgenza che mai, fissò i suoi occhi su di me.
- Si ricordi le mie parole: nell'oscurità della notte si celano i mostri. Con permesso.
L'uomo si allontanò in fretta, lasciandomi sola con la mia perplessità. Perché mai Alice avrebbe dovuto riferire a quello che presumibilmente ero lo zio piuttosto che il nonno, che avrei trascorso la serata con Ice? E perché il giardiniere avrebbe dovuto mettermi in guardia dal mio fidanzato? Forse tutto quello aveva a che fare con il comportamento di Alice stessa, quel pomeriggio, ma l'intera questione mi risultava ancora del tutto oscura.

Scossi la testa, accantonando quei pensieri inopportuni: volevo divertirmi, non avrei permesso ai semi gettati da quell'uomo di trovare un terreno fertile nella mia immaginazione. Ice non era pericoloso, quantomeno non per Ilenia.
Rimasi ferma sul divano mentre lui avanzava tra l'erba diretto al gazebo, vestito con abiti blu scuro a righe nere chiaramente su misura. Portava scarpe lucide di fronte alle quali perfino i fili verdi sembravano inchinarsi, mentre i capelli erano, e questa non era una novità, perfettamente in ordine. Probabilmente l'unico elemento che non gli avevo mai visto addosso era il sorriso, più rilassato e soddisfatto di quanto non l'avessi mai visto.
- Sapevo che ti avrei trovata qui. – mi salutò, raggiungendomi. Mi porse una mano, tirandomi gentilmente in piedi.
- Sei semplicemente...- mi scrutò da cima a fondo, tanto intensamente che le mie guance andarono a fuoco: non era solamente uno sguardo d'ammirazione – incredibile. – mormorò, quasi senza fiato.
- Posso sperare che sia un po' anche per me? – mi chiese, malizioso.

- È per la serata.- ammisi, sperando che in quelle poche parole Ice cogliesse la risposta che più gli sarebbe andata a genio, senza costringermi a mentire.
- Ammetto che ho pensato per tutto il giorno all'inaugurazione. E a te, ovviamente.
- Allora sarà meglio trovare subito qualcos'altro che possa occupare i tuoi pensieri. Andiamo?
Era assurdo che mi sentissi così in imbarazzo di fronte al fidanzato di un'altra ragazza, quando io stessa sapevo di amare solo e unicamente Alex. In questo caso, però, la colpa era tutta di Ice: se non mi avesse guardata come se volesse leggermi nell'animo, forse mi sarei sentita più a mio agio.
- Ma certo, ogni tuo desiderio è un ordine.
Mi offrì il braccio, aspettandosi che lo prendessi. Esitai, poiché non mi attendevo una simile cavalleria e perché, a parte una stretta di mani, non avevamo mai avuto contatti fisici prima. Ripensai per un attimo alle parole ammonitrici del giardiniere, che però contrastavano con il viso sereno e carico di aspettativa del ragazzo che mi stava di fronte. Alla fine, accettai, sia pure con una presa leggera.
Ice sorrise, conducendomi via dal laghetto e verso la sua auto, una macchina nera che mi ricordò molto una limousine, con i finestrini oscurati e un autista che già teneva aperta la portiera sui sedili posteriori.
- Signorina Von Kold.- mi salutò, quando lo raggiungemmo.
Ice mi sospinse all'interno, facendo il giro dell'auto per entrare dall'altra parte e prendere posto accanto a me. I sedili erano comodi, in pelle chiara, e un finestrino scuro separava il vano anteriore dell'autista da quello posteriore. Con i vetri neri, l'abitacolo era più buio dell'esterno, tanto da richiamare un'atmosfera notturna.
- Tua madre mi ha raccomandato di rientrare presto. Ti va di aiutarmi a trovare una scusa per non farlo?- mi propose Ice, girato con il busto nella mia direzione.
Improvvisamente, trascorrere un'intera serata con lui non mi sembrava più una buona idea.
- Dipende da che cosa intendi con "presto".- risposi cauta. Se si fosse trattato di un'uscita di un paio di ore, allora sì, avrei fatto in modo che durasse di più.
- Diciamo... mezzanotte?
- L'inaugurazione durerà così tanto?
- Beh, andrà avanti anche dopo, ma io veramente stavo pensando a un giro per la città.
Diffidi del signor Kellark. Eviti di stare da sola con lui.

Era sconcertante, ma sembrava quasi che lo zio di Alice avesse saputo quali sarebbero state le intenzioni di Ice.
La macchina si mise in moto, silenziosa, si girò e si avviò verso il cancello, immettendosi sulla strada asfaltata. Peccato che non si riuscisse a vedere niente di quello che c'era fuori.
- Non è il caso. Devo essere lucida per fronteggiare le lezioni di pianoforte. Ecco io... non vado molto bene e arrivare con gli occhi pieni di sonno e la mente annebbiata di sicuro non mi aiuterebbe.
- Come sarebbe a dire che non vai bene?
- Non ho orecchio, né il talento necessario.- mormorai, sconfortata.
La risata di Ice riempì l'ambiente.
- Non avrei mai creduto di sentire dire una cosa simile proprio da Ilenia Von Kold. Se qualcuno me lo avesse raccontato, non ci avrei creduto.
- Sono cambiate molte cose, purtroppo, dopo l'incidente. Tutto quello che ero prima è svanito quando ho riaperto gli occhi.
- Per quello che mi riguarda, non fa niente se non tornerai mai a suonare, o a suonare bene come un tempo. Non ti sposo certo per la musica.
No, certo che no. E scommetto che saresti stato disposto a sposare Ilenia anche se avesse avuto la faccia più brutta di quella di una scimmia.

Appoggiai il braccio al finestrino, potendo soltanto immaginare quello che scorreva dall'altra parte.
Dopo una corsa silenziosa e tranquilla, la macchina si fermò, accompagnata da un brusio di voci concitate.
- Ti aiuto a scendere.- disse Ice, aprendo la sua portiera. Dopo qualche istante appena, anche la mia si aprì e Ice, come il cavaliere che aveva dimostrato di essere, mi diede la mano e mi fece uscire, prendendomi poi sottobraccio.
I battiti del cuore erano accelerati, le gambe, mi resi conto quando scesi, mi tremavano. Venni subito travolta da una marea di colori, di corpi e di conversazioni. Una fila che pareva interminabile si snodava davanti all'ingresso di quella che presupposi fosse la nuova Galleria d'Arte, in un tripudio di tinte e tonalità d'abito diverse. Signore elegantemente vestite al braccio dei loro accompagnatori, gruppi di ragazzi o ragazze intenti a gesticolare e a ridere, bambini che strattonavano le maniche dei loro genitori per ottenere la loro attenzione.
Alzai gli occhi all'edificio. Provai una punta di delusione quando, anziché un palazzo in stile classico, con colonne e archi sulla facciata, mi trovai di fronte qualcosa che non avrei saputo definire se non moderno, con ampie vetrate che sostituivano le pareti in muratura. La struttura era su diversi piani, larga tanto da occupare buona parte della via nella quale era situata. Degli altri edifici, benché illuminati dai lampioni ai lati della via, riuscii a scorgere ben poco, tanta era la gente che si era riversata in strada per prendere parte a quell'evento.
- Ci vorrà un'eternità prima di entrare.- gemetti, dando un'altra occhiata alla coda.
- Non abbiamo bisogno di fare la fila. Possiamo entrare e basta.
Pensai che Ice stesse scherzando, ma mi ricredetti quando si diresse sicuro verso l'ingresso, una monumentale porta vitrea con intelaiatura dorata, tenuta spalancata da quattro valletti in livrea rossa, intenti a controllare il biglietto dei visitatori.
- Abbiamo i biglietti? – chiesi, allarmata.
Ice sorrise, aumentando la stretta sul mio avambraccio, come se temesse che venissi risucchiata dalla folla.
- Nemmeno quelli ci servono.
Ice si fermò davanti all'ingresso, affiancato dalle statue di due mastini seduti sulle zampe posteriori, grandi quanto una persona adulta e ben piazzata.
- Il signor Kellark e la signorina Von Kold. – urlò per farsi sentire, quando fu sicuro di avere l'attenzione dell'uomo in divisa più vicino a lui. Questo controllò su una lista, scorrendo diverse pagine, fino a che evidentemente non trovò i nostri nomi.
- Passate pure. - ci disse, facendoci cenno con la testa di entrare.
Ice mi trascinò all'interno di un vasto atrio, con il soffitto a cassettoni e le pareti occupate di quadri. Sulla destra, un lungo bancone era assediato dai curiosi, intenti probabilmente a sommergere le ragazze in divisa con le loro domande. Vasi di fiori opulenti erano sparsi un po' dappertutto, lungo i muri ma anche nel bel mezzo del pavimento, a creare delle corsie dove erano state sistemate le più diverse sculture. In fondo, una scala portava ai livelli superiori. Lo spazio era gremito di persone vocianti, che a dirla tutta sembravano più intente a chiacchierare tra di loro che non a rimirare le opere d'arte.
- Non pensavo che ci sarebbe stata così tanta gente.- confessai, guardandomi attorno. Il lato positivo era che almeno non sarei stata al centro dell'attenzione e ci sarebbero stati sicuramente argomenti di conversazione più interessanti dell'apparizione in pubblico dell'erede dei Von Kold. O almeno così speravo.
- Nemmeno io, in effetti. – mi rispose, vicino all'orecchio per non dover alzare troppo la voce.
- È incredibile come a volte le persone si interessino di un evento soltanto per avere qualcosa di cui vantarsi il giorno dopo. Pensa a quanto si vanterà tutta questa folla domani, quando racconterà della sua presenza all'inaugurazione. – considerò, con una nota di disprezzo ben evidente nel tono.
- Non mi interesso sinceramente di cosa faranno domani. M'importa più quello che farò io stasera.
- Una filosofia che non posso non condividere. Vieni, facciamo un giro qua dentro.
Passando in rassegna le opere esposte in quel piano terra, il mio entusiasmo subì un notevole colpo. Per lo più i quadri erano astratti, o raffiguravano soggetti così austeri, severi o macabri che in alcuni casi non potei fare a meno di rabbrividire. Ice, invece, non sembrava così toccato da quella totale mancanza di gusto, sebbene anche lui ammettesse che non erano poi granché.
Le sculture, poi, erano qualcosa di incomprensibile, comunque si cercasse di guardarle. Nemmeno sforzando al massimo l'immaginazione, riuscivo a scorgere della bellezza o dell'armonia in esse. Molte sembravano soltanto degli abbozzi, come se non fossero altro che materiale grezzo che era stato messo per sbaglio al posto di opere d'arte finite.
- Che cosa sarebbe questo? – domandai, storcendo la bocca di fronte ad un pezzo di legno lucido e liscio, ondulato e posato verticalmente tra due vasche di fiori.
Ice inclinò la testa, in difficoltà almeno quanto me.
- Ho visto di meglio, in effetti.
- È semplicemente orribile.
- Forse è una mera esibizione di tecnica: guarda il modo in cui il legno è levigato. Non tutti riescono a ottenere un simile risultato.
- Sì ma... la tecnica non è arte, anche se l'arte richiede un minimo di tecnica. Perché esporre un lavoro simile, quando si poteva fare di meglio?
- Temo, per una volta, di non essere all'altezza di rispondere alla tua domanda.- sospirò Ice, fingendo una faccia contrita.
- Forse di sopra è meglio. In fondo, più si sale e più elementi degni di nota si possono trovare. La società ne è un esempio.
- E quanto è importante per te salire?
Mi pentii subito di quella domanda e più ancora del tono pungente. Non volevo tirare in ballo quell'argomento, anche perché nonostante tutto, riconoscevo la sua buona volontà di farmi passare una bella serata.
- Qui ci stiamo annoiando entrambi, perché rimanere?
Mi scrutò con sguardo indagatore, corrugando le sopracciglia.
- Avremo tutto il tempo per tornare più tardi, se ti piace il posto, anche se, lasciamelo dire, dalla tua espressione avrei affermato il contrario.
- Non c'è granché da vedere.- ammisi, delusa.
- Spero vivamente che la cosa migliori, altrimenti avrò un buon motivo per pentirmi del fatto che la mia famiglia ha contribuito con una donazione a dir poco generosa per la realizzazione di questa nuova mostra.
Alzai le sopracciglia, sorpresa.
- La tua famiglia ha contribuito?
- Non potevamo tirarci indietro. Anche la tua ha partecipato, oserei dire con una percentuale perfino più alta. Edda non te ne ha parlato?
- Edda non parla mai, di niente. Tutto quello che le interessa è la reputazione della famiglia, vale a dire la sua.- sbuffai, mentre il mio umore calava ancora di più verso il basso.
- Quando sarai mia moglie, non dovrai più preoccuparti di non essere messa al corrente di qualcosa. Saprai qualunque cosa sia di tuo interesse.
Quando sarò tua moglie... sembri piuttosto sicuro che questo succederà.

- Andiamo di sopra.- sospirai, cominciando a camminare verso le scale.
Avevo quasi messo un piede sul primo gradino, quando sentii il nome di Ilenia alle mie spalle. Mi irrigidii, guardando Ice allarmata. Qualcuno aveva riconosciuto il mio viso. E ora? Sebbene avessi studiato a lungo i volti delle conoscenze di Ilenia, un sudore gelido cominciò a scendermi lungo la schiena e fui grata alla presenza di Ice.
Mi voltai lentamente, scorgendo una ragazza all'incirca della mia età, un po' in carne, che cercava di farsi strada tra la folla per avvicinarsi.
- Helena, è un piacere vederti qui.- la salutò Ice tranquillo, rispondendo forse inconsapevolmente alla mia domanda sulla sua identità.
Helena. Credevo di aver capito di chi si trattasse, ma la cosa non contribuì affatto a diminuire il mio disagio.
- Non pensavo che vi avrei visti questa sera, ma sono felice che sia così. Ho saputo di quello che ti è successo...- mi guardò compassionevole, forse aspettando che dicessi qualcosa, ma non ebbi il coraggio di farlo.
- Venire gettata così ai lati di una strada, e per giunta senza poi poter aiutare la polizia a rintracciare i colpevoli...
- Gettata ai lati di una strada?! – esclamai, incredula.
Ice si schiarì rumorosamente la gola, in un modo che non poteva essere frainteso. Lo guardai, in attesa di spiegazioni, come se avessi appena scoperto che aveva tradito Ilenia con un'altra. Helena divenne viola dall'imbarazzo.
- Perdonami. – farfugliò – Perdonami, Ilenia, io... io pensavo che tu sapessi già tutto.
Incrociai le braccia sul petto, scocciata.
- A quanto pare, nessuno ha mai ritenuto opportuno mettermi a parte dei dettagli della mia aggressione. E per fortuna che non c'era niente che non potessi sapere, eh, Ice? – gli lanciai uno sguardo accusatorio, trattenendomi a stento dall'usare le mani. Ice voltò la testa, evitando la mia occhiata assassina, un po' più pallido del solito.
- Il tuo incidente non era esattamente tra gli argomenti di conversazione a cui avevo pensato.
- Già, né per oggi né per le due settimane appena trascorse!
- Bene, io sono, ah, lieta di avervi visti. Se me lo permetterai, Ilenia, verrò a farti visita in settimana.- Helena, ancora paonazza in viso, cominciò a congedarsi.
- Sarà una distrazione gradita.- le risposi, prendendo a salire le scale senza aspettare Ice.
- Ilenia, mi dispiace.
Il ragazzo mi afferrò un gomito, costringendomi a fermarmi dopo appena pochi passi.
- Tu e mia madre siete uguali! Non avete il minimo rispetto per me, non vi siete nemmeno preoccupati di spiegarmi perché è successo tutto! Perché Ilenia ha perso la memoria! Devo venire a scoprire da una perfetta sconosciuta che sono stata trovata sul ciglio di una strada?
Ice strinse i denti, aumentando la stretta.
- Abbassa la voce, ci stanno guardando.
Distogliendo brevemente l'attenzione da lui, notai diverse paia di occhi puntanti su di noi. Arrossii, voltando loro le spalle e continuando a salire.
- Non paragonarmi a tua madre, Ilenia, mai. Io non sono come lei. Se ho mancato in qualcosa, l'ho fatto solo per il tuo bene. Con che cuore avrei potuto venire a raccontarti di come sei stata trovata, quando eri appena riemersa da un coma di due mesi, senza sapere chi sei ma con la memoria di un'altra ragazza?
Mi calmai, fermandomi ancora. Mi presi la testa fra le mani, massaggiandomi le tempie.
- Domani avremo il rapporto della polizia sull'indagine. Prometto che ti racconterò tutto, ma questa sera, per favore, dimentica quello che Helena ha detto. Dimentica perfino di essere stata aggredita. Voglio che tu ti goda l'inaugurazione nel più sereno modo possibile.
Feci un respiro profondo. Quello che mi chiedeva Ice era difficile, ma ci volevo provare lo stesso.

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