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Lo seguo tra i corridoi dell'ospedale mentre continuo a guardarmi attorno. Cameron davanti a me corre come se non ci fosse un domani, vedo i suoi movimenti farsi sempre più veloci mentre si sposta in mezzo alla gente. Goffamente cerco di stargli dietro cercando di non urtare tutte le persone presenti sui corridoi. Quando ci fermiamo, davanti a noi ci sono due persone che parlano con un dottore. Cameron si avvicina lentamente ai due sconosciuti mentre io rimango in disparte senza smettere di studiare quei strani individui. Osservando meglio il signore, mi appare in mente una veloce sequenza di immagini in cui lo vedo uscire di casa con una mazza da baseball e afferrare Cameron, dopo che lo avevo riaccompagnato a casa poche sere fa. Presumo quindi che quello sia suo zio e l'altra sua zia, ma per quanto possano sforzarsi mi sembra che stiano fingendo di provare dolore per quello che è accaduto, che francamente devo ancora capire. "È una delle peggiori cadute dalle scale che ho visto, ma posso assicurarvi che si riprenderà" afferma il dottore prima di andarsene. L'unica persona veramente distrutta per quello che è successo è Cameron che inizia a camminare in modo ossessivo-compulsivo mentre i suoi zii, dopo avergli detto qualcosa si dirigono verso l'uscita. Cameron affranto appoggia la testa al muro, e solo in questo momento decido di avvicinarmi a lui. Appoggio delicatamente la mano sulla sua spalla ma lui si scansa e scaglia il suo pugno contro il muro producendo un rumore assordante che mi fa letteralmente saltare in aria dallo spavento. Cameron continua a prendere a pugni il muro. Non sapendo come fermarlo mi frappongo tra lui e il povero muro prendendo tra le mie mani quelle sanguinanti di Cameron. Mentre guardo le ferite sulle nocche e con il pollice disegno dei leggeri cerchi sul dorso delle sue mani per calmarlo chiedo: "Ti fa male?". "Fa più male dentro" risponde in un sospiro. "Non possono aver toccato anche lui. Non lui!" ringhia sottovoce, come se stesse parlando con se stesso. Non riesco neanche a capire a chi si sta riferendo che un'infermiera esce dalla camera di fronte a noi. "Dallas? Se vuoi puoi entrare, ma sta dormendo" comunica l'infermiera. Cameron in un primo momento sembra spaesato e rimane fermo immobile in mezzo al corridoio. "Vai io ti aspetto qui" sussurro al suo orecchio dandogli una leggera spinta da dietro. Finalmente il ragazzo sembra riprendersi e si incammina verso la stanza ma appena arriva davanti alla porta si blocca e si gira verso di me. "Non ce la faccio.." ammette a testa bassa. "Ehi dai, hanno detto che starà bene no?" "Vieni con me" afferma Cameron ignorando la mia domanda e porgendomi la sua mano. Senza ragionare troppo afferro la sua mano e insieme ci dirigiamo all'interno della stanza. Se entrare nell'ospedale era già un grosso sforzo, il fatto di entrare in una camera mi sembra quasi impossibile. È già la seconda volta in due settimane che entro in questo posto, alla faccia della promessa che mi ero fatta. Una volta dentro la stanza mi sento svenire. Mi sembra tutto un stramaledetto déjà-vu peccato che ora sul lettino ci sia il fratellino di Cameron e non lei. Il fratello che solo pochi giorni fa avevo visto salire sulla moto mentre Cameron gli regalava uno dei suoi migliori sorrisi. Quel povero bambino ora è pieno di ferite e di tubi che lo aiutano a respirare e a mangiare e assomiglia così tanto a lei. Non ci riesco, non posso rivivere tutto. Esco dalla camera correndo mentre le prime lacrime iniziano a rigarmi il viso. Una volta fuori dall'ospedale mi accascio sugli scalini dell'entrata per cercare di riprendere il controllo del mio corpo. Lo sapevo che questo posto non avrebbe fatto altro che portare disgrazie. Eppure quel bambino era così simile a lei dentro quella stanza. Con la velocità di un fulmine mi torna tutto alla mente. Tutto il dolore, le preghiere e le speranze, che sono poi andate distrutte nel tempo. Ho passato più di due mesi dentro l'ospedale, giorno e notte sperando che qualcosa cambiasse. Mi ricordo ancora la paura che avevo di lasciare la stanza dove c'era lei credendo che durante la mia assenza potesse succedere qualcosa. Invece quando è accaduto ero proprio lì, davanti a lei. Non dimenticherò mai le corse dei dottori, la stanza che in due secondi si riempie di infermieri mentre io vengo allontanata, il defibrillatore e il suo corpo che salta ad ogni scossa. "Ehy" vengo raggiunta da Cameron che si accascia sugli scalini vicino a me. Stranamente non fa domande sulla mia fuga e non so come ma grazie a lui riesco finalmente a calmarmi. Ripongo tutti i ricordi in un cassetto della mia memoria che però non riesco mai a chiudere a chiave per impedire che si apra nuovamente. Quando mi succedono queste cose c'è solo un posto in cui posso sentirmi meglio. Invio un messaggio a Nash, avvisandolo delle mie intenzioni e trascino Cameron con me. Nonostante io lo odi non riesco a sopportare di vederlo così triste. In un silenzio pieno di emozioni ci spostiamo velocemente con a mia macchina fino ad arrivare al mare. "La tua soluzione è il mare? Banale.." commenta Cameron. Non gli do retta, non sono in vena di litigare e senza calcolarlo mi dirigo verso la casa abbandonata che ormai è diventata mia e dei miei amici. Appena entriamo nella casa abbandonata mi rendo conto della grande cazzata. Cosa pensavo di fare? Portarlo qui come se niente fosse, come se non ci fosse suo fratello ricoverato in una fottuta stanza d'ospedale. "Ehi che facce" esclama Eve appena ci vede ma il suo sorriso sparisce subito appena sia io che Cameron la trucidiamo con lo sguardo. Ci sediamo tutti assieme sulla terrazza lasciandoci accarezzare dalla fresca brezza marina. "Se nessuno di voi due ha intenzione di parlare, inizio io" rompe il silenzio Nash. "Partiamo dal fatto che entrambi eravate irraggiungibili questa mattina. Poi Arial mi arriva un tuo messaggio con scritto di venire qui il più velocemente possibile e infine vi presentate qui assieme con delle facce sconvolte" afferma il mio amico sperando di farci parlare. "Non credo tocchi a me dirlo. Comunque molte volte avere vicino i tuoi amici può aiutare anche senza dover parlare" affermo come se dentro a tutta questa storia ci fossi anche io. Forse è proprio il fatto che vedere il fratellino di Cameron in quelle condizioni mi ha riaperto delle profonde ferite. Dopo aver fatto capire a Nash e Eve la gravità della situazione con la mia frase, riusciamo finalmente a rilassarci tutti lasciandoci trasportare dal vento che ci scompiglia i capelli, dal rumore delle onde del mare che si scontrano sugli scogli e dal tiepido sole che riscalda e nostre pelli. "Mio fratello è in ospedale" esclama ad un tratto Cameron facendo sbarrare gli occhi ai miei due amici. "Dicono che si riprenderà" continua ma sembra che ogni frase gli costi una fatica immensa. Posso capire fino ad un certo punto il suo stato d'animo ma visto che pure il dottore ha detto che si riprenderà secondo me non dovrebbe essere così triste. "Com'è successo?" domanda quasi sussurrando Eve. "Dicono caduta dalle scale" afferma Cameron per poi scoppiare a ridere in modo isterico. Tutti e tre lo guardiamo allibiti non capendo il suo comportamento. "Sono stati loro, è ovvio!" continua Cameron come se stesse ragionando ad alta voce. "Ti spiace spiegare anche a noi?" domanda Nash e Cameron sembra risvegliarsi improvvisamente. Sospira a lungo prima di prendere la parola e spiegarci quello che ha appena pensato. "I miei zii hanno detto che è caduto dalle scale. Il dottore ha detto che è stata una delle più brutte cadute, a livello di conseguenze, che ha mai visto. Sono stati i miei zii a fargli del male" afferma ma nessuno di noi capisce il suo ragionamento, anche se brutta è pur sempre stata una caduta dalle scale, insomma c'è gente che è morta per questo. Vedendo le nostre facce scettiche Cameron riprende a parlare: "I miei zii hanno la capacità di arrabbiarsi facilmente, e spesso passano alle maniere forti". Ecco spiegata l'affermazione in ospedale hanno toccato pure lui. "Quindi quando sei tornato a casa dall'ospedale sono stati loro a provocarti quei lividi" ragiono a voce alta ricordandomi di aver pensato che si fosse imbattuto in una rissa. "E anche la volta successiva a scuola..." aggiunge questa volta Eve ricevendo una risposta affermativa da parte di Cameron. "Ma perché non fai qualcosa? Avverti qualcuno..." domanda Nash. "Non capisci... non posso farlo se voglio proteggere mio fratello. Non lo avevano mai toccato prima di oggi". "E cosa pensi possa aver causato la rabbia questa volta?" domando. ""Beh forse il fatto che non sono tornato a casa questa notte" mi risponde Cameron e per un tempo indefinito ci fissiamo negli occhi. Riesco a percepire, dal suo sguardo, che sta già iniziando a darsi la colpa per quello che è successo. "Ma come? Arial non dovevi riportarlo a casa tu ieri sera?" domanda Nash estremamente curioso. "Si infatti l'ho fatto" affermo e sto per aggiungere altro quando Cameron mi interrompe per finire di spiegare "Poi sono stato io a chiederle di portarmi in un altro posto quando sapevo benissimo cosa mi aspettava a casa". "Quindi voi due..." inizia ad ammiccare Eve. "Oh non iniziare! Era ubriaco e non sapevo dove lasciarlo quindi l'ho portato a casa mia, tra l'altro mio nonno ci ha pure visti quindi mi aspetta una bella ramanzina appena torno" finito il mio discorso Nash e Eve si scambiano una veloce occhiata per poi tornare a guardarci in modo malizioso. "La piantate? Io ho dormito nel mio letto e lui nel suo, per terra!" affermo lanciando una veloce occhiata a Cameron per fargli capire che quello che è successo deve rimanere tra noi. Ma poi cos'è successo questa mattina? Non abbiamo neanche avuto il tempo di parlarne e non so come classificare il bacio. Il giorno prima ci odiamo e quello dopo ci svegliamo abbracciati. Come se le cattive notizie non fossero mai abbastanza il mio cellulare segna l'arrivo di un messaggio da parte di mia nonna. "Dove sei finita? Ritorna il prima possibile che tua madre si è presentata qui". Ed è incredibile come delle semplici parole riescano a far crollare in due secondi il mondo intorno a te. Non posso crederci che quella donna ha deciso di presentarsi nuovamente alla porta di casa. Ma non riesce a capire il male che ci ha fatto, che mi ha fatto? "Ragazzi devo andare, mia madre è tornata" sospiro alzandomi con una lentezza disumane. "Beh e ora cosa c'è che non va? Dovresti essere felice" afferma Cameron osservandomi come se fossi la creatura più strana su questa terra perché non sto facendo i salti di gioia. "Tu non sai" affermo per poi dirigermi all'interno della casa per uscire. Purtroppo vengo seguita dal ragazzo che mi blocca per un braccio facendomi girare verso di lui. "Ora mi spieghi. Prima mi porti in questo posto sperduto e ti aspetti che racconta a te e ai tuoi amici la mia vita e poi sei tu la prima a non voler raccontare la sua" "Nessuno ti ha obbligato a parlare!" esclamo ormai urlando. "Beh sai è quello che ci si aspetta quando uno è in difficoltà" ribatte Cameron. "Ma cosa vuoi da me? La mia vita fa già abbastanza schifo se poi ti ci metti pure tu.." "La tua vita fa schifo? Mi pare di capire che i tuoi nonni darebbero la vita per te e a quanto pare tua madre è pure viva e in città per vederti" esclama lui. "Non per questo la mia vita è tutte rose e fiori!" ribatto non capendo il senso di questa litigata. "Senti vaffanculo non voglio avere a che fare con una ragazzina che pensa che la sua vita sia finita solo per un rimprovero" afferma Cameron e iniziando ad incamminarsi verso il balcone dove sono ancora presenti Nash e Eve. Mi ha appena definito come una bambina viziata? Questa volta sono io che lo blocco per un braccio, la questione non è finita. "Tu non sai la mia storia, come cazzo pretendi di sputare veleno su di me?" affermo ormai al limite della rabbia. "Allora raccontamela!" esclama Cameron lasciando cadere le sue braccia affianco al corpo, ormai esasperato pure lui. I secondi successivi sembrano ore passate in silenzio. Continuo a fissarlo negli occhi ma le parole mi sembrano morire in gola. "Senti dovresti considerarti fortunata per avere tua madre ancora in vita, se potessi tornare in dietro nel tempo cederei volentieri la mia vita per quella di mia madre" afferma risoluto Cameron. "Non tutte le madri fanno le madri" "Cazzo ma ti senti quando parli? È tua madre e per forza di cose ti vorrà sempre bene!" "Preferirei aver perso lei.." affermo invece io. "Sai cosa? Ho visto i miei genitori morire davanti ai miei occhi e ti giuro che avrei voluto esserci io al posto loro. Non capisco come riesci ad affermare una cosa del genere! Anzi dovresti ringraziare qualcuno che non ti sto ancora mettendo le mani addosso! Non ti senti un mostro ad affermare una cosa del genere?" "Anch'io ho visto una persona morire e so bene cosa si prova ma credimi non cambio idea su mia madre" e detto questo esco definitivamente dalla casa sul mare.

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Ragazzi mi dispiace tantissimo di non aver aggiornato prima ma ho avuto vari problemi ed ho dovuto sospendere la scrittura. Ad ogni modo spero di farmi perdonare con questo lunghissimo capitolo dove vengono a galla alcuni segreti. Non dimenticatevi di farmi sapere cosa ne pensate :)

-Arial

What We Started [Cameron Dallas]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora