5. The wind and its wings

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"La tua?" voglio domandargli.

Silenzio.

«Come si chiama?» gli chiedo, invece.

«Elettra. Elettra Sturlese» pronuncia perfettamente il suo nome, marca un po' troppo la erre. «Quando la conobbi credevo fosse una persona del tutto diversa da te, Avalon, ma a diciassette anni cosa potevo mai saperne, io? Ti ho rivista in lei tante, tantissime volte. Avete persino gli stessi interessi.»

«Disegna?»

«Disegna, sì. Ha decorato da sola il suo negozio.»

«Ha un negozio?»

«Una libreria a pochi passi dalla Galleria Vittorio Emanuele II» si passa una mano tra i capelli e trattiene una risata. «Ed è completamente pazza. L'ha aperta perché, così mi ha detto, "è ciò che mi piace e sarà ciò che farò". Non potevo non aiutarla, capisci?»

"Oh, Jace. Ti brillano gli occhi."

«Immagino non potessi fare altrimenti» rispondo, quieta.

Annuisce con fermezza. «Ha la tua stessa energia. Mi sarebbe sembrato di farti un torto.»

Ridacchio e stringo le mani nelle tasche. Il malessere non scompare, mi resta dentro come un cancro, un peso enorme sul cuore, ma mi piace ascoltarlo. Mi piace sentire la sua voce mentre parla delle cose che l'hanno emozionato.

«Oggi sei piuttosto loquace» arriccio il naso, tiro un filo scucito del cappotto. «È strano.»

«Vuoi che la smetta?»

Scuoto la testa.

"Non cambierebbe nulla in ogni caso."

«Ho lo stomaco un po' pesante, forse non riesco ad apprezzare appieno la tua parlantina per questo. Però no, continua. È uno strano bello.»

Socchiude gli occhi, sembra riderci. «Strano bello. Mai sentita una cosa del genere.»

Arriccio di nuovo il naso, rinunciando in partenza a spiegargli il profondo significato che quell'affermazione ha per me. Non se lo ricorda, è meglio così.

La folla attorno a noi è sempre più fitta. È davvero insolito trovare tanta gente a quest'ora e non so se voglio capire il motivo di questo assembramento, l'unica cosa che so è che ora faccio fatica a muovermi tra i gruppi di persone. Jace è più alto di me, sembra non avere alcuna difficoltà.

Ci troviamo davanti ad alcuni signori rimasti immobili. Sto per parlargli – resto con le parole a mezz'aria, la bocca leggermente schiusa – quando mi volto e non lo trovo più.

«Jace?»

Sgrano gli occhi. Non riesco a vedere oltre le spalle di questo ammasso di imbecilli.

L'ho perso di vista.

Mi mordo il labbro. Se non fossi circondata riuscirei a prendere il telefono nella borsa senza problemi, ma temo che aprirla in una situazione del genere sia molto più rischioso rispetto al restare da sola.

Le mani cominciano a tremarmi. Vorrei che fosse solo per il freddo, vorrei non sentirmi come mi sono sentita quando se n'è andato otto anni fa. In silenzio, senza dire nulla – senza più voltarsi indietro.

"Non è questo il momento di farsi prendere dal panico. Non ora, Avalon."

Cerco di fare un passo a ritroso, qualcuno mi spinge in avanti. I capelli mi si incastrano tra le spalle di due uomini, la borsa mi scivola lungo il braccio nell'istante in cui provo a liberarmi. Mi sembra di essere tirata da tutte le parti quando, in realtà, sono ancorata in quel misero angolo che mi è stato lasciato per respirare.

La tempesta nei tuoi occhiWo Geschichten leben. Entdecke jetzt