Capitolo 2

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<<  Ragazze, papà arriverà lunedì prossimo, non dimenticatevi di prendere le ultime cose >> aveva urlato mia madre.
Ricordo ancora la marea di scatoloni che sono andata a prendere, per riporre tutto il materiale, in attesa che mio padre arrivasse.
Erano centinaia.
Non avevo voglia di lasciare il mio paese, ma se proprio dovevo, avevo la necessità di prendere con me tutte le mie cose, le cose che mi appartenevano.

Il momento della partenza si avvicinava sempre di più, e io facevo di tutto per non pensarci.
La scuola era molto importante per me, ed ero molto preoccupata per il mio futuro.
Cambiare paese voleva dire imparare una nuova lingua. E imparare una nuova lingua, voleva dire perdere degli anni scolastici.

Mi ricordo che negli ultimi giorni, chiedevo a mio padre se poteva venire prima, in modo da poter iniziare la scuola in tempi precisi.
Ma niente andava come volevo io.

<< Rea, stai tranquilla, ci stiamo trasferendo, i professori capiranno. Non preoccuparti >> così mi consolavano, invano.
Nessuno riusciva a calmarmi, come potevano?
Nemmeno io stessa ci riuscivo.

Il grande giorno arrivò, senza che io me ne rendessi conto.
Quanto era volato via il tempo. Neanche il battito delle ciglia poteva essere paragonato a quanto esso sia passato così in fretta.

Mio padre arrivò due giorni prima della partenza.
Aveva portato con sé un furgoncino, così potevamo riporre le ultime cose con noi.

Ricordo ancora quella sensazione che provai. Lasciare tutto e tutti era la cosa peggiore che mi  potesse accadere nella vita. 

I due giorni passarono.
Mi sentivo frustata e non riuscivo ancora ad accettare l'idea del cambiamento drastico che avrei dovuto subire.

Pranzammo con una cosa veloce, non avendo il tempo per preparare qualcosa come si deve.
Saremmo partiti da lì a momenti, e io intanto facevo il giro della casa.

Quanti ricordi mi si piombarono nella mente. Attraversando quella casa, vedevo tutti i momenti passati insieme, tutti quei momenti che avevo vissuto con ansia e felicità, tutte le impronte lasciate da quando avevo nove anni..

Il nodo in gola mi si formò quando entrai in salotto.
Mi ricordai di quanto ero felice di quella stanza.
La mia famiglia si riuniva sempre qui, per le feste o semplicemente quando avevamo voglia di passare una bella serata insieme.
Avevo sempre sognato di avere un camino, proprio come quello che si vedono nei film.
Ebbene, lo avevo trovato, ed era lì, proprio davanti a me.

Le ore si consumavano, e la partenza non tardò ad arrivare.
C'era un amico con la sua famiglia che erano venuti a salutarci.
Quanti abbracci e lacrime..

Salimmo in macchina, tutti con gli occhi gonfi e arrossati, le facce con aria da funerale.
Mio padre azionò il motore del furgoncino, fece retromarcia e poi di nuovo avanti.
Guidò fino all'entrata della villa. Ci fermammo e lì approfittai per dare un ultimo sguardo al giardino anteriore, dove stava sempre il mio cane.

Svoltammo per imboccare la strada, e mi girai un ultima volta.
La mia casa.. stavo lasciando la mia casa, e non l'avrei più rivista.

Chiusi gli occhi, per trattenere le lacrime ma allo stesso tempo per cercare di farli fuoriuscire.
É andata.

Imboccammo l'autostrada.
Non mi ero ripresa del tutto dalla tristezza.
Ci dovevo almeno provare.

Osservai la strada dinanzi a me.
Infinita, sempre dritta, senza una curva.
Speravo che la mia vita potesse essere così. Che andasse sempre avanti, senza nessun ostacolo che facesse da curva durante il mio cammino.

Varcammo il confine italiano per entrare in quello svizzero, e cominciai a leggere dei nomi incomprensibili.

Impossibile, la mia vita non sarebbe mai potuta essere  sempre dritta, come quella strada.

La mia vita era piena di curve.

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⏰ Last updated: Sep 02, 2017 ⏰

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Quel pomeriggio di MaggioWhere stories live. Discover now