Capitolo 1

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Mi presento: mi chiamo Rea, ho diciotto anni e sebbene io sia così giovane, ho già sperimentato diverse cose nella vita.
Essa infatti era un disastro; non che adesso non lo sia, ma va già meglio rispetto a prima.
O precisamente, andava bene.
Sono nata in Italia, ma ci siamo dovuti trasferire in Germania per problemi di lavoro.
La mia famiglia era abbastanza tranquilla su questa decisione, io invece un po' meno.

<< Ragazze, papà ha trovato una casa, ce la danno gli zii che abitano lì. >>

Naturalmente fui felice, perché almeno questa non ci sarebbe mancata, ed era sicura.

<< Che bello, non vedo l'ora di andarci, e tu Charlotte? >> gridò Asha, la mia sorellina

<< Si, e sul posto sceglieremo le nostre camere >> rispose lei.

Ho sempre avuto paura del futuro che mi aspettava, e non volevo che tutti i miei sogni andassero in frantumi. Ma ho accettato questa scelta, e l'avrei presa come un ostacolo  da superare.

<< Tu Rea non dici niente? >> mi rivolsero questa domanda all'improvviso.

Non seppi cosa dire, quindi mi limitai a rispondere con un semplice "si, anch'io".

In verità non ero molto felice. Dover lasciare tutto, cambiare paese...alla fine, parte della mia infanzia era lì, sono cresciuta li è tutta la mia vita sarebbe cambiata da un momento all'altro.
Non avrei più rivisto i miei amici. A dir la verità, non ne avevo molti, ma quei due o tre che erano legate a me, bastavano ed avanzavano per farmi pensare di rimanere lì, dove ero, nel mio posto.
E con me, sarebbero rimasti i luoghi e i momenti che mi avevano fatta soffrire e gioire.

<< Cerca di non pensarci molto Rea >> disse mia madre, che mi conosceva fin troppo bene, e sapeva quando una cosa mi turbava.

Pensai molto a questa cosa.
Se ci fossimo trasferiti, tutto si sarebbe perso.
O meglio, perderlo non avrei mai potuto.
Le cose si conservano sempre nel cuore.

L'ultimo tempo trascorso lì fu un inferno, un dolore atroce. Ma nonostante ciò, posso ammettere di aver avuto tra quelle mura, il più bel periodo della mia vita, insieme alla mia  famiglia.

Mi coricai a letto, chiusi gli occhi e cercai di fare mente lucida sulla cosa.
I miei genitori discutevano già da tanto su questo argomento, da più di un anno.
Non ci avevo dato molto peso, perché comunque pensavo che non avremmo mai fatto un passo così grande.

Mi addormentai, con la speranza che qualcosa potesse cambiare, che qualcosa potesse far ripensare ai miei su questa decisione.
Sperai ingiustamente, che qualcosa potesse andare storto e che non saremmo potuti partire.
Mi sbagliavo.

Quel pomeriggio di MaggioWhere stories live. Discover now