BOCCA DI ROSA

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Scrivo questo "memoriale", questo resoconto di una parte della mia vita, non per sfizio, forse, per togliermi questo peso dalle spalle, ma per raccontare di cosa è capace un umano.
Non voglio che l'opinione pubblica si sollevi e mi vomiti addosso tutto l'odio che ha in corpo, per questo terrò alcuni aspetti vaghi. Per favore, riflettete prima di agire, unico consiglio che mi sento in grado di dare...

Il mio traditore era il mio usignolo. Chi mi portava pace, chi mi cantava la buonanotte, chi mi teneva compagnia.
Il mio traditore si è fatto carico di prendere il mio corpo freddo, di scaldarlo, di fare breccia nella mia corazza, nella mia timidezza apparente. Con le sue dolci calze colorate che arrivavano al ginocchio, fasciando il polpaccio delicato, delineando la morbida coscia. Salendo fino allo stretto punto vita, sottolineato dall'elastico dei pantaloncini stretti, culminando con le larghe spalle e le sottili braccia dai bicipiti appena pronunciati, che per molti anni mi hanno sollevato, abbracciato e cinto la mia vita, con una stretta possessiva. Dal collo leggero, il viso dalle gote ispide e le morbide e profumate labbra. Con i dolci occhi nocciola che mi sorridevano, prima che arricciasse le labbra in uno sguardo complice. I capelli rasati sulla nuca e i morbidi ricci castani che le mie dita amavano accarezzare. I morbidi tatuaggi che adornavano le mura del suo corpo atletico.
Volevi vedere il mondo con me. Le stelle, divertirti. Non eri mai pronto agli addii. Mi trascinavi in giro per la nostra città, mostrandomi quanto bella fosse, per convincermi a non partire. E io rimanevo per un altro giorno, fino a quando entrambi eravamo costretti dagli aerei a parti del mondo diverse. Ma sempre tornavamo, io nelle tue braccia, tu nelle mie.
Tutto questo è svanito, sfumato in un grigiore confuso, quando da quelle labbra che avevano dettato amore, mi schiaffeggiarono la verità. Via di punto in bianco. Non avrei più visto il suo volto. Neanche passeggiando per gli immensi viali della nuova città. Stava scappando da me. Tradendo il ruolo che ricopriva, al quale aveva giurato eterna fedeltà, con un piccolo ma potente bacio sul cuore. Eravamo come sovrani. Eravamo bramati dai nostri fedeli. Facevamo sorridere le masse con piccoli movimenti fugaci. Ma ora non vuoi più stare dietro alla mia ombra. Dici che ti senti soffocare. Ma quando le lenzuola ti coccolavano, il lento tremore del mio corpo era il miracolo, tu la divinità, il mio consenso la mia benedizione, mentre tu giacevi tra le mie braccia, tu eri il re, io la tua ombra. Ardevamo, bruciavamo come una fenice. Tu la festa, io la calma. Insieme univamo magia e bellezza, creando la nostra propria arte. Ero dipendente da te, dal tuo profumo la mattina, dall'acqua di colonia che spruzzavi anche su di me, dandomi fastidio, o almeno così ti facevo credere, con il mio borbottio impostore.
Quando le nostre mani si sfioravano mentre lavoravamo, fianco a fianco, e mentre correvamo, uno l'avversario dell'altro, i nostri corpi sudati, agonizzati dalla fatica, come i nostri occhi, danzavano un tango spigoloso, in cerca di un piccolo contatto fisico, prima di toccare il pallone e spintonarci, trovando il rude contatto tra i nostri corpi elettrici.
Quando una sconfitta mi turbava, affondavi i polpastrelli affusolati e callosi nei miei fianchi muscolosi, mi avvicinavi al tuo petto scolpito e pian piano mi calmavi, susurrando vecchie barzellette e dolci parole nel tuo marcato accento, con le tue lunghe ciglia che mi accarezzavano il collo e le morbide labbra mi inumidivano la scapola. Mentre il mio umore mutava, mi davi il colpo di grazia, scatenavi la mia risata, beffando il mio metro e settanta scarso. Finalmente le nostre mani si incontravano e si intrecciavano.
Mi tenevi ardente di desiderio. Ricattandomi col tuo amore, abbandonavo il mio corpo, per amare il tuo.
E tutto ricominciava, il fuoco ardeva ancora, e ne vedevo le fiamme distinte.
Con il tuo addio ora, del fuoco vedo solo il vago fumo lontano. Non sento più lo sfrigolio della legna che arde, il profumo del calore. La calma che un semplice elemento naturale generava è sparita.
In un'altra vita siamo ancora insieme, mano nella mano, ridendo, con gli occhi incastrati tra loro, in uno sguardo d'amore. In un altra vita, ti avrei fatto restare, così da non dover dire che tu mi hai lasciato qui, sulla soglia di casa, con una chitarra dalle corde rotte, non più in grado di suonare la nostra canzone.

Chiaramente non sono più io che ti soddisfa. E il mio corpo è diventato un estraneo. Non potrò arrivare nella notte, perché non sarò più l'amante, ma il ladro. Ora che i punti di sutura sul mio cuore sono stati aperti, lascia che il rosso mare del mio sangue lavi via il tuo amore.

Ora, che nuoto nell'impetuoso vortice rosso, e ora, che ho trovato un punto a cui aggrapparmi per smettere di lottare, solo per questo ti auguro il meglio e ti dico addio.

Addio bocca di rosa.

-L.

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