Non piangeva a quel modo da molto tempo, anzi probabilmente non aveva mai pianto a quel modo. e Quando anche le lacrime finirono  semplicemente le forze lo abbandonarono, ed un profondo torpore lo avvolse ancora una volta facendolo sprofondare nel mondo dei sogni.

Non rivide più sua madre da quel giorno e anzi, probabilmente non l'avrebbe mai più rivista. Dopo una settimana passata in quella stanza, venne trasferito in una sorta di istituto correttivo per ragazzi problematici e da li le sue giornate si susseguirono sempre uguali:

Alle 9 del mattino la solita infermiera dai capelli corvini entrava nella sua camera con un vassoietto azzurro opaco. Al suo interno un semplice bicchiere d'acqua ed il suo cocktail di antipsicotici giornaliero: Clorpromazina, Aloperidolo, Perfenazina e altra merda che contribuiva a renderlo un maledetto zombie per tutta la giornata.
Alle 11 veniva portato nella sala comune, dove semplicemente si sedeva vicino alla finestra e restava per ore a fissare gli stormi di uccelli volteggiare nell'aria, invidiando profondamente la loro libertà e tentando disperatamente di provare una qualsiasi emozione che non fosse la noia o la sensazione di vuoto.
Alle 13 era finalmente arrivata l'ora di pranzo e ogni paziente, come un maledetto automa, si dirigeva lentamente verso la sala mensa dove l'unica cosa veramente commestibile era il budino alla vaniglia che però veniva servito soltanto a fine pasto e soltanto se si erano finite le due portate precedenti. Louis dovette persino imparare a nutristi utilizzando solo un cucchiaio, gli infermieri avevano così dannatamente paura che qualcuno potesse togliersi la vita che persino l'utilizzo di una forchetta era severamente vietato.
Dalle 14 fino alle 16 ogni singolo individuo veniva  sottoposto a controlli medici specifici in base al proprio disturbo o alla propria condizione fisica. Louis aveva presto appreso di soffrire di anoressia nervosa oltre alla schizofrenia che era stata la causa di ogni suo male, perciò era costretto ogni giorno a girare per la struttura con una dannata flebo di nutrienti attaccata al braccio perché, a detta dei medici, "non mangiava abbastanza per soddisfare il proprio fabbisogno giornaliero" Louis avrebbe tanto voluto dirgli che se non mangiava era perché il cibo la dentro era più che scadente. Ma si era sempre trattenuto; non sia mai che gli raddoppiassero la dose di tranquillanti.
Dalle 17 fino alle 19 invece c'erano le tanto attese sedute dallo psicologo. Louis le detestava. Ogni volta non faceva altro che rispondere a monosillabi alle domande che gli venivano porte e il più delle volte, in quelle ore, si concretizzava nella sua mete la sua vera natura: quella di un pazzo, un maledetto folle che aveva quasi picchiato a morte un ragazzo. La terapia non lo stava aiutando affatto, stava soltanto alimentando il suo desiderio di farla finita. Dopotutto, a cosa sarebbe servito continuare ad andare avanti?

Era solo, abbandonato, dimenticato da Dio. A cosa diavolo sarebbe servito nel mondo uno scatto di società simile?

L'idea gli venne in mente una sera, mentre, seduto sulla propria brandina in attesa del contrappello  serale, notò un piccolo foro all'interno del proprio materasso. Sarebbe stato difficile certo, e avrebbe richiesto pazienza e un notevole impegno da parte sua. Ma finalmente ce l'avrebbe fatta, dieci pasticche di antipsicotici sarebbero state sufficienti a porre fine alla sua esistenza. E così, dalla mattina seguente, Louis smise di prendere il suo cocktail di farmaci, fingendo di ingoiare le varie pillole per poi nasconderle all'interno del materasso del suo letto.

Le voci tornarono rapidamente e concentrarsi durante le sedute dallo psicologo divenne sempre più difficile, eppure nessuno sembrò accorgersi della differenza e ciò permise al ragazzo di racimolare pillole sufficienti in a malapena 10 giorni.

Quella sera, Louis attese pazientemente che le luci si spegnessero e che le porte di ogni camera venissero chiuse a chiave in modo che nessuno potesse interromperlo, dopodiché estrasse attentamente dal materasso le varie pillole e se le rigirò per qualche secondo fra le dita. Si rannicchiò cautamente in un angolo del proprio letto e prendendo un lungo respiro profondo avvicino le pillole alle proprie labbra buttandole giù, una ad una. Alcune lacrime scesero dai suoi occhi quando finalmente le ebbe ingoiate tutte e le sue mani tremarono mentre si rinfilava sotto le coperte della sua scomoda brandina. Fissò il soffitto della stanza per qualche minuto, sentendo nelle proprie orecchie soltanto il battito rapido del proprio cuore;  poi, spostò lo sguardo verso la piccola finestrella che si apriva sul cortile ed ascoltò le voci scomparire una ad una mentre il suo respiro rallentava drasticamente e le sue palpebre diventavano estremamente pesanti. Dopo poco chiuse gli occhi e all'improvviso fu come volare. quando li riaprì, si trovava all'interno del suo solito sogno: la sua stanza era completamente illuminata da una luce bianca e pallida e dalla finestra spalancata entrava una leggera brezza fredda. Come ogni volta, si diresse senza paura verso di essa ed affacciandosi non vide il cortile dell'istituto, ne il paesaggio innevato della città di Doncaster. Fuori dalla finestra, sorgeva un meraviglioso campo fiorito con fiori dai mille colori che ondeggiavano lentamente a causa della leggera brezza mattutina. Louis ricordava quel posto, lo ricordava come se ci fosse stato solo qualche giorno prima; uscì felicemente dalla finestra e sorridendo corse in mezzo a quei fiori alti e colorati, sentendo dentro di se una felicità che non sentiva più da troppo, troppo tempo. Corse a perdifiato finché non gli mancò l'aria e dovette sdraiarsi a terra, guardando il cielo da quella posizione ed ammirando quegli splendidi fiori allungarsi verso di esso con fierezza e magnificenza.

"E tu cosa diavolo ci fai qui?"

Una voce roca e profonda parlò alle  sue spalle e a Louis venne la pelle d'oca nell'udire quel timbro così dannatamente caldo e familiare. Il cuore batteva all'impazzata nel suo petto mentre lentamente si tirava sù e si voltava  verso la persona che aveva parlato; quando si girò completamente poté avvertire il suo respiro bloccarsi ed il suo cuore smettere di battere. Rimase pietrificato sul posto, boccheggiando rovinosamente alla ricerca di qualcosa di intelligente da dire mentre i suoi occhi spalancati osservavano la persona che gli stava davanti in ogni suo minimo particolare, reimparandone la forma con minuziosa attenzione per ogni dettaglio.

A qualche passo da lui, Harry Styles lo osservava in tutta la
Sua bellezza e fu in quel momento che Louis capi di avercela fatta.

Nota me:

PRIMA DI TRARRE CONCLUSIONI AFFRETTATE LASCIATE CHE VI FERMI SUBITO; no, questo capitolo non è l'epilogo della storia. Però ci siamo molto, molto vicini. Manca solo un'altro capitolo all'epilogo e probabilmente vorrete ammazzarmi dopo questo ma se volete sapere come finisce non fatelo thanks :3
Ad ogni modo, dato che non ho un idea definitiva su come far finire questa storia, ho deciso che farò due epiloghi.  Voglio che siate voi lettori a scegliere che fine dare a questa storia perciò sarà vostra responsabilità scegliere quale dei due epiloghi leggere (potete anche leggerli tutti e due se volete). Ma sappiate che il finale di questa storia sarà in entrambi in casi un finale dolce/amaro perché (come potete immaginare) non ci può essere un lieto fine completo. E niente, prima di farvi altri spoiler mi dileguo.

Spero che il capitolo vi piaccia e niente. Alla prossima :3

~Hope

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