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La porta si aprì con un cigolio acuto, dato dal frizionare con il pavimento vecchio e rovinato. Rimase sulla soglia, imbambolato davanti al vuoto, perso nei ricordi custoditi nella sua mente come gemme preziose, come chiusi nella cassaforte della profondità del suo essere, cosicché, magari, facessero meno male. Mosse un passo, incerto, chiudendosi la pesante porta alle spalle. Il forte odore di chiuso fu la prima cosa che notò, seguito dall'immensa quantità di polvere sui numerosi volumi, appoggiati sugli scaffali nello stesso ordine che ricordava; probabilmente nessuno aveva più messo piede lì dentro, dopo di lui. I suoi passi riecheggiavano leggeri sul pavimento di marmo freddo, come fossero gocce che infrangevano uno specchio d'acqua cristallina, mentre la sua testa vagava tra le mille immagini, che si susseguivano davanti ai suoi occhi, di quei vecchi tempi che mai più sarebbero tornati. E si rivedeva nelle innumerevoli notti passate su quello stesso gelido pavimento, rannicchiato su se stesso, tra le mani un volume troppo pesante per le sue fragili braccia. Sorrise appena, voltando il capo verso la finestra alla sua destra. Un dolore lo investì in pieno, facendogli tremare le mani; sospirò, avvicinandosi ad essa. Era tutto così diverso, eppure dolorosamente uguale. Gli bastò abbassare le palpebre, per tornare indietro nel tempo, a quel giorno maledetto che mai per nulla al mondo avrebbe cambiato di una virgola. Se ci pensava, era proprio in quel luogo che tutto ebbe inizio. Senza che se ne accorgesse, lacrime calde gli rigarono le pallide guance e due occhi azzurro cielo gli si pararono davanti, gli parvero così vicini e al tempo stesso lontani anni luce. Allungò una mano, come a volerli raggiungere, ma, prima che potesse sfiorare quei capelli chiari e disordinati, quel viso sorridente scomparve, lasciandosi dietro una scia di malinconia e tristezza. Portò il palmo al petto, lì dove il cuore martellava troppo forte e in modo troppo violento. Si lasciò andare, sbattendo la schiena sulla libreria dietro stante, lasciando che la polvere si alzasse, invadendogli i pomoni. Scivolò a terra, le gambe troppo deboli per reggerlo di più.

"Credo che il mio servitore debba essere qualcuno irritante quanto te, qualcuno a cui io possa parlare liberamente, un mio amico ed eguale."

Era sempre stato nobile in ogni cosa che faceva, Elliot, in ogni suo gesto, seppur velato di quella rabbia fuori schema ed esagerata che, in qualche modo, lo faceva sentire tranquillo, a suo agio, dietro quello scudo che era l'irascibilità mista a protezione dell'altro. E quella luce soffusa che entrava dalla finestra, quel luogo così malinconico e famigliare lo facevano sentire così sollevato, come se tutto fosse stato solo un brutto sogno ed ogni cosa stesse tornando al proprio posto. Avrebbe tanto voluto che lo fosse. Si sentivano i tuoni in sottofondo, segno dell'arrivo imminente di una tempesta. Leo riaprì gli occhi, senza muoversi dal pavimento, rimase lì, in silenzio, nell'atmosfera surreale che era riuscito a creare. Era incredibile, se stava inascolto, sentiva la profonda voce del ragazzo raggiungerlo da lontano, molto lontano, come un sussurro portato dal vento e poco gli importava se era solo la sua crudele immaginazione. Gli bastava quello. No, non è vero. Voleva sentirlo pronunciare il suo nome, ancora una volta, una sola volta, non chiedeva di più. Avrebbe voluto dirgli tutto quello che per anni si era tenuto dentro, avrebbe voluto avere l'onore di preparargli un ultimo tea, di fargli il nodo alla cravatta, di rimproverarlo, avrebbe dato qualsiasi cosa anche solo per sentirlo sfuriare contro di lui.

Iniziò a piovere, le gocce rumorose si infrangevano su quella finestra che per anni lo aveva visto nascondersi al resto del mondo, le nuvole avevano oscurato il cielo, portando la stanza in un'oscurità sbagliata e Leo era tornato alla realtà, caduto da una nuvola troppo alta per non essersi fatto del male. Si alzò, lentamente, facendo appello a tutte le forze che possedeva. Era difficile, vivere senza Elliot, così difficile che a volte desiderava solo raggiungerlo, ma poi si diceva che no, non era ciò che lui avrebbe voluto. Probabilmente lo avrebbe preso a pugni se lo avesse visto in quel momento. Leo rise amaramente, passandosi la mano sul viso, ad eliminare ogni prova di quel gesto così umano da farlo vergognare di se stesso. Arrivò alla porta, una mano sulla maniglia. La aprì piano, il rumore acuto che ne seguì lo fece sospirare. Poi si girò lentamente, un lieve sorriso a illuminargli il volto candido. Elliot era lì, appoggiato alla finestra, lo sguardo fuori, un libro aperto tra le mani. Le labbra di Leo si schiusero, rigettando indietro le lacrime.

"Aspettami, Elliot."





note:

buonasera sono tornata con l'agst !!!! Non ho ancora superato la fine di pandora hearts (e soprattutto la morte di qualcuno in particolare, chissà chi) e quindi eccomi qui tra le lacrime, mentre prendo a testate la tastiera.
Vi ho linkato questa splendida composizione per accompagnare la lettura, io piango ogni volta che l'ascolto

Fatemi sapere cose ne pensate, alla prossima

Mae

❝Memories❞ ➳ Pandora HeartsWhere stories live. Discover now