<<Sei agitata?>> continuo a fare a pezzettini uno scontrino che ho trovato nella tasca dei pantaloncini. Alex si avvicina a me e mi prende una mano interrompendo il mio origami. Siamo in macchina e stiamo tornando a casa. Nel pomeriggio dovrò incontrare mio padre e sono parecchio agitata. Non rispondo ad Alex ma lui mi comprende comunque. <<Vedrai che andrà tutto bene. Ci sono io con te>> le sue parole mi confortano e cerco di distrarmi stringendo di più la sua mano e concentrandomi sulla musica che esce dallo stereo del pick-up di Cole.

<<Ehi come è andata?>> mi chiede Andrea appena entriamo. <<Tutto bene>> rispondo sorridente.

Vado nella mia stanza e poso i regali sul letto. Poi mi ci butto a mia volta. Sento bussare quindi sollevo il capo abbastanza da vedere chi è ma senza alzarmi. <<Ehi>> <<Ehi>> ripete dolcemente mia madre avvicinandosi al letto. Lascio ricadere la testa sul materasso. <<Tutto bene?>> mi domanda sedendosi vicino a me. Mi accoccolo vicino a lei, e lei a sua volta prende la mia testa e se la posa sulle gambe iniziando ad accarezzarmi i capelli. <<Si. È andato tutto bene>> <<E stai bene?>> <<Si...>> <<Sei agitata>> la sua non è una domanda. L'ha capito che sono in ansia per l'incontro con mio padre. <<Un po'>> <<Non ti devi preoccupare. Magari all'inizio sarà un po' imbarazzante, ma alla fine vedrai che andrà tutto bene. In fondo è tuo padre. E lui non vede l'ora di incontrarti>> <<Grazie mamma>> dico strusciandomi sul suo ventre. <<Eh di cosa scimmietta>> sorrido per quel nomignolo. Se Andrea da piccola mi chiamava Angelo, perché ero dolce angelica, mia madre mi chiamava scimmietta, perché non stavo mai ferma ed avevo l'abitudine di avvinghiarmi a lei. Alle sue gambe, alle sue braccia, non volevo mai staccarmi. <<Vuoi che ti accompagni?>> <<No ho chiesto ad Alessandro>> <<Davvero?>> sembra stupita ma allo stesso tempo felice per le mie parole. <<Si>> <<Oh. Bene. Sono felice che ci sia qualcuno a supportarti>> replica continuando ad accarezzarmi i capelli. <<Perché non rimanete all'appartamento a Manhattan? Potresti chiamare anche Abby. Andare in qualche locale per svagarvi. Sei stata a casa quasi per tutta l'estate. E poi il tempo che tornate qui l'ora di cena sarebbe già passata da un pezzo. Nel congelatore ci sono ancora delle pizze, potete riscaldare quelle>> penso alle sue parole per un attimo e poi mi alzo e l'abbraccio. <<Grazie. È un'idea grandiosa!>> <<Sono felice di esserti stata d'aiuto>> mi stacco da lei e le sorrido. <<Vado a fare una doccia. Poi informo Alex ed Abby>>.

Siamo in macchina da quasi due ore, quindi all'incirca tra un ora arriveremo a Manhattan. Sono così agitata. Non so cosa dire, come comportarmi. In macchina regna il silenzio, se non spezzato dalla musica trasmessa alla radio. Dopo l'incontro con mio padre, abbiamo deciso di rimanere nell'appartamento in città. Ad Abby però non ho chiesto nulla. Ad Alex rimane più o meno una settimana da trascorrerei qui, prima di partire, e voglio passare più tempo possibile da sola con lui. Non so se per lui sia lo stesso, ma scommetto che una seduta di sesso non gli dispiaccia. Per me non è solo quello, non è solo passione o desiderio carnale. Per me andrebbe anche bene stare accoccolata con lui sul divano a guardare un film. Non voglio chiedermi perché provo questo. Non voglio, anzi non posso, pensarci. Non posso affezionarmi a lui. Quindi voglio sfruttare ogni istante che abbiamo insieme per poi cercare di dimenticare in seguito. Lo so, sono masochista, farei prima ad allontanarmi da lui adesso, ma non so perché non riesco a farlo.

<<Andrà tutto bene>> mi incoraggia Alex, portandomi con i piedi per terra. Mi capita spesso, negli ultimi tempi, di perdermi nei miei pensieri. <<Sono così agitata. Cosa devo dirgli? Come devo comportarmi?>> mi mette una mano sul ginocchio ed inizia ad accarezzarmelo. <<Non ti devi preoccupare. Vedrai che verrà da se. Sarà naturale. E poi ci sarò io ad aiutarti se sarai in difficoltà>> Poso la mano sulla sua e lui intrecci le nostre dita. Il suo tocco e le sue parole mi tranquillizzano. Quindi butto fuori un respiro profondo e gli sorrido, portando le nostre mani intrecciate sul mio grembo.

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