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Certe volte quando mi guardo allo specchio mi perdo nei miei stessi occhi, sono spenti e tristi.
Non sono più come una volta, io non sono più quella di una volta.
La tristezza si è impossessata del mio corpo e non ne vuole sapere di andarsene.
Continuo a guardarmi, guardo le mie labbra rosee, il piccolo naso leggermente all'insù, i lunghi capelli neri ormai rovinati sulle punte per le troppe piastre, la pancia, le cosce... ogni centimetro del mio corpo.
Dentro di me continuo a ripetere la stessa frase da ormai due anni, ogni santissimo giorno.
"Non sei grassa, tu sei bella, sono gli altri che non lo capiscono. Sorridi Amanda, la vita è una sola, viviamo al meglio anche questa giornata."
Mi do un'ultima occhiata allo specchio e poi scendo in cucina per salutare i miei genitori.
"Io vado a scuola."
Dico afferrando di fretta le chiavi di casa appoggiate sul mobile.
Mio padre mima con le labbra un 'a dopo' e mi saluta con la mano mentre riprende in mano il suo giornale.
Mia madre a differenza sua non si scomoda neanche a guardarmi, poi mi chiedono perché non la sopporto...
La scuola non dista molto da casa mia e dopo neanche dieci minuti sono già davanti al cancello.
Il giardino è deserto visto che sono arrivata in anticipo, così faccio il giro della scuola per sedermi sugli scalini della palestra a fumare una sigaretta.
Un urlo mi distrae dal piccolo momento di pace che mi stavo concedendo, mi alzo dagli scalini, butto il mozzicone della sigaretta per terra, butto una ciocca di capelli ricciolina –oggi non ho fatto la piastra- dietro l'orecchio e mi affretto a salire le scale antincendio per raggiungere il tetto della scuola perché l'urlo proviene da li.
C'è una ragazza, è stesa a terra in una pozza di sangue, ha in mano una pistola, piange, si è sparata alla pancia.
Perché? Perché l'ha fatto?
Mi avvicino, la riconosco subito.

Capelli biondi palesemente tinti, occhi verdi pieni di lacrime, corpo perfetto.
È Nadia, una ragazza abbastanza popolare a scuola, buona famiglia, molti amici, ottimi voti.
Mi prendeva sempre in giro a scuola, ma io non sono una cattiva persona, non la lascerò morire dissanguata sul tetto della scuola.
Chiamo l'ambulanza all'istante e mi avvicino di più a lei fino ad inginocchiarmi accanto a lei, il sangue mi sta sporcando tutti i pantaloni, ma in questo momento non m'importa; prendo la sua testa e la appoggio sulle mie ginocchia.
"Perché l'hai fatto Nadia?" Sussurro alla ragazza ancora in lacrime.
"Nadia, resta con me non chiudere gli occhi, parlami."
"N-non posso dirtelo..." la sua voce è debole ed a malapena udibile.
In lontananza si sentono le sirene dell'ambulanza.
"Mi dispiace Amanda, mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto, io non sono una cattiva persona."
Se me lo avesse detto in altre circostanze non le avrei creduto, ma ora, mentre lei è sul punto di morire ripenso alle sue parole dette negli anni, fa male, molto male ricordare.
"Ti perdono, non sono neanch'io una cattiva persona." Le parole mi sono uscite dalla bocca senza neanche pensarci.
Non voglio ammetterlo, ma l'ho sempre voluta come amica.
I soccorsi arrivano e la spostano sulla barella, la portano in ambulanza e prima di chiudere lo sportellone un altro sussurro.
"Amanda, puoi venire con me?"
Salgo sull'ambulanza senza fiatare

Dopo molte ore d'intervento finalmente esce e la portano nella sua stanza.
Io la raggiungo, i poliziotti con me per parlare con lei poiché hanno già ascoltato la mia versione.
Dice le stesse cose dette da me, più il motivo per il quale l'ha fatto.
Fa molta fatica a parlare visto che sta piangendo a dirotto.
"Stamattina, un uomo con il passamontagna si è presentato alla mia porta alle sei del mattino, -Un singhiozzo esce dalla sua bocca e poi continua- mi ha detto che mi sarei dovuta sparare in testa altrimenti avrebbe ucciso la mia famiglia.
Mio padre doveva molti soldi a quell'uomo, almeno questo mi ha detto, e poiché non glieli dava, dovevo fare questa cosa.
Mi ha allungato una pistola e poi se n'è andato.
Sono uscita di casa per le sette un altro singhiozzo- e lui era lì.
Mi ha presa e portata con la forza sul tetto della scuola, io avevo la pistola nello zaino, l'avrei buttata da qualche parte, ma lui la prese e me la rimise in mano.
È scappato via e, ed io l'ho fatto, l'ho fatto per la mia famiglia.
Non avevo il coraggio di spararmi in testa, l'ho fatto nella pancia.
Se non fosse stato per Amanda, io sarei già morta."
Quando finisce di parlare, si mette a piangere più di prima, così mi avvicino a lei e stringo la sua mano, lei mi guarda e mi sorride.
Per la prima volta mi sorride con un sorriso sincero, non beffardo come il solito.

Ho passato il resto dei giorni in cui è stata ricoverata con lei, alla fine siamo diventate migliori amiche.
Forse perché nessuno dei suoi amici è andato a trovarla, o forse perché entrambe abbiamo bisogno l'una dall'altra.

Ti voglio bene Nadia, ti perdono per tutto quello che hai fatto e per quello che farai.      

oneshots;Where stories live. Discover now