Cap.30

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Le luci brillavano come la prima volta.

Era meraviglioso.

Il cielo tendeva ad un blu scuro, il mio colore preferito. Sorrisi al bagliore di un ricordo, alla fugace e piccola figura di un Sam di undici anni che mi sorrideva tendendomi un cappellino di lana blu. Ai tempi era troppo grande per me, ma ormai era della misura esatta, a distanza di anni. 

La frescura notturna risaliva lungo le mie gambe nude e mi scuoteva indietro i capelli scuri, accarezzandomi il volto scoperto. Una strana malinconia mi prese il petto, un'indicibile tristezza. Negli ultimi tempi mi era capitato sempre più spesso e non sapevo precisamente per cosa; Thomas era stato sempre un po' sulle sue, anche se di recente lo era particolarmente; Sam..beh Samuel...in realtà la sensazione che si stesse allontanando si faceva sempre più tangibile e la cosa che mi faceva maggiormente male era non saperne la motivazione o cosa fare per impedirlo. Julie era già proiettata in avanti, in un futuro incerto, un futuro che non avrebbe incluso me. 

Ed io? 

Era molto che non rimanevo davvero sola con me stessa, a scambiare due chiacchiere con la vecchia Vick; mi mancava. 

Mi mancavo.

Mi piazzai dritta, a pochi passi dal punto in cui mi ero accomodata la prima volta, la volta in cui non ero sola, la volta che avevo condiviso quel momento con qualcuno, che qualcuno aveva voluto dividere qualcosa di speciale con me. E adesso quel qualcuno non c'era più e non sarebbe tornato, perché avevo rovinato ogni cosa, ma proprio tutto. 

Ehi, vecchia mia, come te la passi?

La prima lacrima scese con la compagnia della mia mente.

Sinceramente? Non lo so; è come se tutto quello che mi stesse accadendo non lo stia vivendo io. Sono solo una spettatrice della mia vita, sto guardando passivamente tutto quello che sto vivendo, guardo il modo che ho di reagire, di  affrontare le cose; il modo che ho di parlare, la mia voce, il modo che ho di muovermi, di sorridere, i miei occhi spenti, il mio corpo sciupato, maltrattato, la ossa che sbucano, in bella vista. E lo odio. Odio tutto quello che vedo. Mi odio così tanto che potrei impazzirne. E il peggio sta nel fatto che se anche ritornassi in me, non saprei come cambiare, non saprei neanche da dove iniziare. E soprattutto non saprei perché, non so per chi.

Sentivo gli occhi ormai irrimediabilmente gonfi e brucianti, le guance zuppe e un morsa dolorosissima al petto. Le ginocchia mi cedettero e rovinai a terra, sentendo il duro impatto del pietrisco contro le mie ginocchia. Non mi curai delle ferite assicurate, del sangue che stava colando abbondantemente a terra e delle mie mani imbrattate di questo; le ripulii sulla maglietta. Per una volta, forse la prima, non mi preoccupai di soffocare i singhiozzi; non c'era nessuno che potesse sentirmi, non dovevo mostrarmi forte, per una volta non dovevo esserlo per nessuno. Misi da parte anche il disgusto che in quel momento provai per me stessa, per essermi ridotta in quelle condizioni, per essermi lasciata andare. Speravo solo di riuscirmi a perdonare il giorno successivo. Alzai il  mento in alto, le luci della città erano ormai offuscate dalle lacrime, così fissai il cielo già nero. Inspirai ed insieme all'aria pulita entrò anche l'oscurità della notte nei miei polmoni. Sentivo freddo, un freddo che si propagò anche internamente. Dovevo riprendermi e feci l'unica cosa che me lo avrebbe concesso: permisi al ricordo più caldo che avessi di Jude  di ricomporsi e tornarmi in mente. Così, avvolta dal piacevole tepore delle sue astratte mani sulle mie palle, mi costrinsi ad alzarmi. 

Allo stesso tempo udii i passi di qualcuno scricchiolare sulla ghiaia, diretti nella mia direzione, così finii di ricompormi, gettai un'ultima fugace occhiata al panorama e ritornai sui miei passi, nella direzione opposta a quella che intuii essere dello sconosciuto.

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Varcai la soglia di casa. Ero fradicia; durante il rientro aveva ricominciato a piovere e in quel momento battevo i denti talmente fortemente che non mi sarei stupita se tutto il vicinato mi avesse sentito.
Diedi un'occhiata al mio riflesso nel coccio di specchio crepato poggiato dietro la porta e me ne pentii subito. Il sangue slavato sui vestiti aveva assunto una colorazione ruggine, avevo le labbra gonfie e rosse di pianto, cosi come il naso e gli occhi, mentre i capelli erano appiattiti e appesantiti dalla pioggia, appiccicati sul mio volto e sul collo.

Distolsi lo sguardo e mi privai di tutti gli indumenti, ammucchiandoli in un angolo; proseguii al buio verso la mia stanza e, dando le spalle al letto, presi dal mucchio di roba decente una felpa calda e un paio di boxer di Sam. Mi voltai per guardarlo e per stendermi accanto a lui, ma il mio lato del materasso era già occupato. Dalle braccia muscolose di Samuel sbucava una chioma biondo miele ed ebbi un colpo al petto e una sferzata allo stomaco quando capii che appartenesse alla mia unica amica. Julie riposava tra le braccia di un Sam anch'egli addormentato. Lui l'abbracciava come aveva sempre abbracciato me, lei era al mio posto, i loro indumenti erano a terra. Le  pareti sudice della stanza vorticarono intorno a me e non riuscii a respirare. Come un automa ritornai sui miei passi senza voltare loro le spalle, andando così a sbattere contro il muro ricoperto di graffiti. Cosa succedeva? Era evidente, va bene,ma perché? E sopratutto perché mi sentivo così  tradita ed umiliata da entrambi? Ad immaginarli insieme li avevo sempre visti benissimo, conoscendo i sentimenti di Julie speravo il meglio per lei, augurandomi che, nell'eventualità, lui non la facesse soffrire.

Poi capii.

Stavano andando avanti. Senza di me.

Scivolai lungo la parete e gli voltai le spalle, trascinandomi carponi verso la poltrona di Thomas. Colsi la sua coperta da terra, impregnata dall'odore della sua pelle e mi ci avvolsi dentro. Cullata dal suo abbraccio mi diedi la forza per sollevarmi dal pavimento e lasciarmi cadere sulla poltrona.

Poggiai il capo allo schienale, gli occhi tornarono a pulsare e iniziai a fissare la carta da parati strappata dinanzi a me, nella speranza che almeno il sonno sopraggiungesse, cosa che sapevo benissimo non sarebbe successa, non senza un aiuto. Ma non trovai neanche la forza per alzarmi e prepararmi una striscia.

Non credevo avrei avuto più la forza per nulla.

Ero prosciugata.

"Jude..che ho combinato?"





























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