Cap.19

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Bellissima.
Non c'erano altre parole.
Bellissima.
Oppure c'erano ma non le trovavo.
Non so per quanto rimasi lì a fissarla senza capire niente. Mi sembrò un secolo quell'attimo in cui il suo timido sguardo si posò su di me. Eravamo solo noi due. O almeno, per me esisteva solo lei.
Poi guardò altro intorno a me. Non ricordavo neanche dove fossi, ma mi permisi di distogliere i miei occhi dai suoi e l'ammirai.
Bellissima.
Ero senza fiato.
Il nero del body rigido risaltava la sua carnagione pallida , le sue labbra rosso scuro, come il sangue, i suoi capelli scuri e i suoi occhi chiarissimi. Aveva un corpo da donna. Da vera donna. Non esile e da bambina come sembrava sempre da sotto quegli abiti troppo grandi per lei, vecchi e bitorzoluti.
Le gambe erano snelle, ma non esageratamente magre come la prima volta che l'avevo incontrata. Il seno era di una modesta grandezza, ma ben rotondo e formato, che si intravedeva attraverso le trasparenze nere e brillanti del suo costume. La V del body risaltava la forma dei suoi fianchi, non troppo ossuti né abbondanti, e delle sue cosce.
Conoscendo la situazione e facendo caso ai posti giusti, riuscivo a vedere quei punti del corpo non perfettamente sviluppati o pieni, dovuti alla scarsa alimentazione che aveva avuto, ma riuscivo anche a notare che aveva preso peso e forze negli ultimi giorni.
E appena diede un passo sicuro su quei tacchi, che andava in contrasto col suo volto spaesato e il piccolo corpo, e schiuse le labbra, io persi del tutto la testa.
Non so se me ne fossi innamorato da subito, se accadde in quel momento o se il vero amore crebbe poi. Ma quella fu la sera in cui ammisi a me stesso che quella ragazzina non era una come tante per me. Non avrebbe mai potuto esserlo.
Mi resi conto che amavo tutto di lei: amavo i suoi occhi illuminarsi in un sorriso, amavo le ciocche di capelli scuri che le ricadevano sul volto e venivano schiarite dalla luce, amavo il modo in cui si stringeva nelle spalle, in cui intrecciava tra di loro le sue dita, come camminava, il naso all'insù. E non mi importava da dove provenissi io o da dove provenisse lei.
Era mia.

"Summer time..."

Mia. Era strano pensarlo. Assurdo. Non lo avrei mai e poi mai detto ad alta voce. Mai detto ad anima viva. Doveva rimanere tra me e me.
Quando riportò gli occhi su di me, capii che era lei a cantare. Stava cantando! Non riuscivo a crederci. Quante altre sorprese aveva in serbo?
Ad ogni passo il suo vestito brillava come carbone ardente. I suoi occhi erano pieni di lacrime e tra le mani stringeva in piccolo panno bianco, sporco di terra.

"...And you'll spread your wings and you'll take to the sky..."

Tutte le ragazze iniziarono a salire strisciando da terra sul palco a ritmo della canzone, piano piano, cadenzialmente. I loro body erano tutti bianchi e mancava il leggero tulle che componeva la gonna. Le calze erano tutte bianche in pizzo con gli strass e le scarpe dal tacco basso erano interamente argentate.

"Summer time.."

Le si affollarono attorno, accarezzandola e attirandola verso il basso. Sembravano petali di una grande margherita e Victoria era il loro fulcro nero. Ammaliante.
La avvilupparono fino a farla scomparire. Di colpo si ritrassero, caddero indietro e strisciarono giù dal palco. Intorno a Victoria erano rimaste tutte le calze e i nastrini bianchi delle ragazze, mentre loro ormai scomparivano nell'ombra, ricoperte di sole piume e batuffoli di cotone.
Di candido cotone era anche ricoperta la ragazzina e altro ricopriva lo spazio intorno a lei, mentre lei giaceva come morta a terra, cantando a mezza voce le ultime battute.

"Oh, your daddy's rich and your ma is good-lookin'. So hush little baby, Don't you cry."

Smise. Un silenzio tombale. Lei chiuse gli occhi, mentre notai il suo respiro leggermente affannato.
Fu un attimo. Tutti si alzarono in piedi, applaudendo come forsennati. Io semplicemente me ne rimasi lì, seduto, incapace di dire o fare nulla, le braccia abbandonate in grembo. Non so se per la sorpresa o per la consapevolezza di aver capito cosa provassi. Beh, anche quella fu una sorpresa. Ciò non tolse che me ne rimasi lì per tutto il tempo con l'inferno attorno a me, mentre l'unica cosa che mi teneva attaccato alla realtà era la sua figura.
Si era alzata, sorrideva al pubblico e faceva piccoli inchini. Poi si ritirò dietro le quinte.
Fu allora che mi alzai; non avvisai Sam, non avvisai neanche me stesso. Il mio corpo decideva per me. Attraversai tutte quelle persone che ancora applaudivano e mi diressi nel punto in cui lei era scomparsa; scostai le pesanti tende nere ed entrai.
Molte ragazze si girarono a guardarmi incuriosite, altre si limitarono a lanciarmi un'occhiata, ma fra loro non riuscivo a intravederla. Così scorsi la ragazza dai capelli ramati e mi avvicinai in fretta. Si stava struccando e indossava una semplice tuta grigia con dei calzini bianchi. I capelli erano stati lavati e spazzolati, non avevano più né boccoli né brillantini e adesso ricadevano morbidi e leggermente gonfi sulle spalle.

《Cosa posso fare per te?》, chiese senza distogliere gli occhi dallo specchio.

《Cerco Victoria.》, riuscii a catturare la sua attenzione e finalmente si voltò verso di me.

《Non se n'è andata?》

《No, suo fratello è ancora seduto al tavolo.》

《Oh cazzo..non dirmi che ha dato retta a...Ragazze avete visto Victoria?!》, chiese poi a gran voce, rivolgendosi alle altre.

《Clarissa le ha passato la bianca. Credo sia con lei in bagno, Berny.》,disse una.

Berny  si alzò di fretta e si diresse verso una porta scura; io la seguii. La spalancò, entrò  e iniziò a discutere con la ballerina dai capelli rossi con cui prima si era esibita, che era lì dentro. Entrai anche io e quando la vidi non feci più caso alle urla delle due, alla faccia assente della rossa, alla polvere bianca che vi era sul lavandino.
Era seduta a terra, lo sguardo perso nel vuoto nel fissare un punto indeterminato del lucido pavimento bianco; la testa ciondolava di lato e le braccia erano abbandonate ai lati del suo corpo, così come le gambe erano lungamente distese con ancora i tacchi ai piedi. Mi avvicinai a lei e lentamente mi accovacciai ai suoi piedi; le presi il volto tra le mani e la costrinsi a guardarmi. Appena focalizzò il mio volto, gli occhi le si riempirono di lacrime, strinse le labbra, le tremò il mento e si fiondò tra le mie braccia, stringendomi così forte che mi fece mancare il respiro. Sentivo i suoi singhiozzi scuotermi il petto, così, piano, avvolsi le mie braccia intorno al suo piccolo corpo, feci un lungo sospiro appoggiando la mia guancia sulla sua testa e chiusi gli occhi.
Eravamo rimasti soli, lì sulle mattonelle fresche del bagno, in silenzio. Non so per quanto tempo. Le ragazze probabilmente erano uscite e stavano continuando la loro discussione fuori. Finalmente mi decisi e, senza sciogliere il nostro abbraccio, ripresi il suo volto fra le mie mani, fissandola. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio, chiazzato di rosso, bagnato dalle lacrime e dal muco, con alcune ciocche di capelli incastrate tra le labbra. Con la manica della felpa leggera che indossavo le ripulii il volto, le rimasi i capelli dietro le orecchie e iniziai a carezzarle le guance con i pollici, appoggiando la mia fronte alla sua.

《Perché?》,  chiusi gli occhi.

Quando li riaprii vidi solo le sue pupille fissarmi, non riuscivo a vedere nient'altro data la vicinanza. Il suo respiro si era calmato.
Fu allora che tenni più stretto il suo viso fra le mie mani e la baciai.
Il mio stomaco si contorse, lo sentii salire fino al petto, mentre il cuore stava per esplodermi. Quell'unico bacio non era abbastanza. Mi distanziai di poco e iniziai a baciarla dappertutto: sugli occhi, sul naso, sulla fronte, sulle guance, sugli zigomi e poi ritornai alla bocca. Lei sorrideva. Schiuse le labbra e io intensificai il mio bacio, stringendola ancora di più a me, come se quella fosse l'ultima volta, l'ultimo abbraccio, l'ultimo bacio, l'ultimo respiro.
Non riuscivo a lasciarla, ne volevo sempre di più, volevo sempre di più lei. Il mio respiro era affannoso e lei era sempre più piccola tra le mie mani. La baciai senza neanche fermarmi per respirare. Ne avevo bisogno, come una droga.
Poi lei si distaccò leggermente e riprese fiato; io rimasi ad occhi chiusi. La sentivo vicina, ma non tornò a baciarmi. Così aprii gli occhi e la ritrovai a fissarmi.

《Salvami.》, disse.

《Come?》, chiesi.

《Fammi innamorare di te.》, rispose.

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