Primo Cerchio - Limbo

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ORPHAN

Avevo già tredici anni ed era comprensibile che nessuno mi volesse. Non ero una bambina, non ero ancora una ragazza abbastanza cresciuta da cavarmela da sola. Per di più, ogni nucleo famigliare del mio albero genealogico era già al completo di figli: almeno 5 per ciascuno. Probabilmente, nella loro classe di scuole medie non sarà mai passato il consultorio per parlare di sesso e precauzioni. I miei genitori, invece, probabilmente ne avevano sentito ben parlare.

Sono figlia unica, Amelia, nata il 6 giugno da un padre scappato dal carcere ed una madre che ha rinnegato la sua discendenza, lasciandomi nella merda non appena è morta. Nessuno dei suoi fratelli, nessuna delle sue sorelle aveva intenzione di prendermi in casa. Mio padre? Probabilmente è morto anche lui, o lo hanno riportato al fresco anni fa. Tutt'ora, non ho mai avuto il piacere di conoscerlo. Magari anche io, come mia madre, ho dei fratelli e delle sorelle –o meglio, fratellastri e sorellastre- sparsi per il mondo grazie alla produttiva attività di mio padre, che spesso immagino in giro per i locali oppure in fuga verso il Messico. Chissà come sarebbe stato se, una volta, mi avesse portata con sé per una di queste immaginarie gite oltreconfine? Chissà cosa sarebbe cambiato se avessi trascorso la vita con lui e non con quella nullafacente di mia madre?

Viaggiavo sui pullman dove nessuno ti chiedeva di mostrargli il biglietto –ormai li conoscevo tutti a memoria. Fino a quel momento, avevo girato praticamente tutta l'Inghilterra del Nord alla ricerca dei parenti sconosciuti. Né un cambio di vestiti, né un pasto che fosse più sostanzioso di un panino gentilmente offerto dalla vecchietta di turno che passava nella stazione di servizio in cui, casualmente, mi ero fermata anche io. Settimane estenuanti senza sonno e senza una doccia, affiancata da compagnie variabili, alcune meno piacevoli di altre.

Scoprii molte più cose dalle parole della gente durante quei giorni che in tutto l'arco della mia vita. Conobbi figli dei fiori rimasti bloccati negli anni Settanta, conobbi medici e professionisti di vario genere; conobbi anche una cover band dei Beatles che mi propose di andare in tour con loro. Nonostante quello stile di vita mi stesse massacrando, era piacevole che le ferite venissero rese meno dolorose da quegli incontri; così piacevoli che fui sorpresa di vedere il cartello segnalante la linea immaginaria che divide l'Inghilterra dal resto della Gran Bretagna. E perché, tanto valeva, non proseguire anche in Scozia?

Non sarei mai venuta a sapere dell'esistenza di altri parenti nascosti se non per un'imprevista botta di fortuna, e non me ne sarei mai potuta ricordare dopo tutto quel tempo se non grazie alla mia prodigiosa memoria –l'unica eredità di cui devo ringraziare i miei genitori.

La zia Lauren era l'unica di cui mia madre non avesse mai nemmeno accennato, tranne per quell'unica volta in cui, da ubriaca, non si lasciò scappare dei commenti poco carini sulla bruttezza del suo vestito della prima comunione. Ecco perché mia madre aveva tagliato i ponti con ogni membro della famiglia: la religione. Mamma diceva sempre di non aver mai visto qualcuno di più religioso dei suoi genitori e, di conseguenza, dei suoi fratelli e sorelle. A posteriori, posso dire che io, invece, non ho mai visto nessuno di così credente quanto la zia Lauren, ma forse perché non ho avuto l'occasione di incontrare il resto della Sacra Famiglia. Mia madre scappò non appena mio padre la mise incinta. O forse la buttarono fuori di casa, al momento mi sfugge questo particolare. Di sicuro, non mi sorprenderebbe se la seconda versione dei fatti fosse quella corretta.

Non è comune trovare dei cattolici in Gran Bretagna, e io ho avuto la fortuna di essere nata nella -probabilmente unica- famiglia supercattolica che ci fosse fino al canale della Manica. Per quanto mi riguarda, sono d'accordo con lo scrittore che disse Dio è morto, che dovrebbe chiamarsi Nietzsche o qualcosa del genere; penso di averlo sentito da uno di quei professionisti, sul pullman, probabilmente un professore. Penso che Dio sia morto nel momento in cui si è reso conto che gli umani stavano crescendo troppo di numero per poter stare al passo con le loro preghiere, i loro lamenti e le costanti richieste di aiuto tutte simili l'una all'altra. Dio è morto perché noi lo abbiamo spinto al suicidio, ma gran parte dell'umanità non ne è ancora a conoscenza, quindi continua a tenere le mani giunte nella speranza di essere ascoltata da un Dio che non c'è più. Aveva creato il mondo soltanto per gioco e ne teneva le redini, almeno all'inizio. Quando il gioco ha iniziato a cambiare le regole, si è tirato indietro e ci ha lasciati a cavarcela da soli senza uno straccio di aiuto né una singola prova generale. Siamo balzati sul palco già durante lo spettacolo, e non avevamo mai letto il copione. Furbo, questo Dio: scaglia la pietra e ritira il braccio. Non penso sia esattamente ciò che predica la Bibbia.

Sinners - testimonianze dall'InfernoWhere stories live. Discover now