Fastidiosa voglia di rivederti

4.5K 264 14
                                    

«Si può sapere cos'hai questa mattina?» gli domandò il suo amico, mentre erano sulla metro per andare al lavoro. «Ti manca la biondina idiota?»
«Cosa?» ribattè l'altro, con aria assente.
«Sei strano, distratto. Non hai ancora fatto commenti acidi su quella ragazzina fastidiosa.»
Si voltò di scatto e cercò Emma con lo sguardo. Aveva fatto fatica ad addormentarsi e quando finalmente ci era riuscito l'aveva sognata, inginocchiata davanti a lui... Non riusciva a togliersela dalla mente, ripensava alle sue futili e fastidiose chiacchiere, alla sua goffaggine e al sorriso che le increspava perennemente le labbra. Le stesse labbra che...
«Emma» mormorò e afferrò il cellulare dalla tasca, poi lo rimise via.
Doveva dimenticarla, tanto non ne sarebbe venuto niente di buono. Anche la sua ex all'inizio era sembrata diversa. Sì, ma non era mai stata solare e spontanea come Emma, c'era da ammetterlo.
«Hai fatto nuove amicizie nel weekend, eh?» insistette il suo amico, ma lo ignorò.
«Ora basta, è lunedì e ricomincia la settimana.» Lo disse ad alta voce, anche se in realtà voleva essere un rimprovero verso se stesso. Immergersi nelle noiose mansioni d'ufficio che lo attendevano sarebbe stato il rimedio perfetto per non indugiare in pensieri sconvenienti.

Nonostante i buoni propositi, non riuscì a non pensare ad Emma troppo a lungo, perché durante la pausa caffè ricevette un messaggio da parte della biondina.

Puoi pranzare con me? Credo di avere indovinato ;)

Scosse la testa, ancora con quello sciocco gioco. Era deciso a risponderle negativamente. Non sarebbe uscito durante quella pausa pranzo, aveva del lavoro in più da fare.
Mentre sgranocchiava una mela alla sua scrivania, rifletteva incuriosito sul fatto che lei avesse realmente indovinato il suo nome, però non cedette, non la cercò. Rimase fino alla fine della giornata lavorativa con quel dubbio.

Al suo ritorno a casa stava infilando la chiave nella toppa della porta, quando si sentì chiamare da una voce femminile.
Sbuffò e si voltò: «Cosa vuoi? Perché sei venuta qui?»
Quegli occhi che aveva imparato ad amare lo fissavano, imploranti.
«Ho bisogno di te.»
Sentì il suo cuore addolcirsi ma solo un po', poi ricordò come quegli stessi occhi di ghiaccio lo avessero guardato, mentre gli mentiva. Lei non era più la diciottenne che aveva conosciuto durante l'ultimo anno di scuola, semplice e senza grilli per la testa. Ricordò tutte le scuse, le menzogne e i giochetti che lo avevano portato a essere una persona stufa e delusa dall'amore a soli venticinque anni. Cosa potevano farti due begli occhi e quattro curve, se non stavi abbastanza in guardia!
«Vattene. Ora» ribatté, dandole di nuovo le spalle ed entrando nell'edificio.
«Matteo! Aspetta.»
Si voltò e incontrò un paio di occhi grandi e di una tonalità più calda.
«Chi è questa ragazzina?» domandò la sua ex, ma lui la ignorò e tornò indietro.
«Vieni con me.» Prese Emma per un braccio e la trascinò all'interno, poi chiuse la porta in faccia a quella donna che lo aveva fatto diventare una persona triste e vuota.
«Ho indovinato, vero?» esordì lei, stringendogli una mano e lui si sentì attraversare da una scossa elettrica.
«Se ti dico che hai indovinato, mi lasci in pace?»
Emma gli accarezzò una guancia. «Cosa nascondono questi occhi? Credo che c'entri la ragazza che c'era fuori. Ha l'aspetto di un angelo, ma scommetto che non lo è affatto.»
«Non sono affari tuoi. È arrivato il momento di farla finita con questi giochetti. Non so come mai ti sei fissata con me, evidentemente non hai altro da fare nella vita. Io non ci capisco niente però e non voglio guai. Vai a trovarti un altro da torturare.»
Emma lanciò un'occhiata in direzione dello stanzino della sera prima. Per lei quei baci e quelle carezze erano state le più intime da tempo, anche se nei gesti di lui c'era stata quella disperazione che non le era piaciuta.
Matteo seguì lo sguardo della biondina e subito si sentì strano. Avvertì due sentimenti contrastanti: voleva trascinarla in quello stanzino e farla sua fino a lasciarla senza fiato oppure buttarla fuori per non vederla più.
Lei disse qualcosa, distogliendolo dai suoi pensieri.
La guardò, confuso. Non aveva capito il senso della sua frase, siccome aveva farfugliato. Aveva solo intuito che si trattava di una domanda dall'intonazione.
Emma avvampò e affermò: «Ho indovinato il tuo nome, Matteo. Devi offrirmi un'altra cena.»
Lui sbuffò, evitando quello sguardo così aperto e sincero, che riusciva a disarmarlo. «Sono stanco, ho avuto una giornataccia al lavoro e...»
Lei gli posò una mano sul braccio dal bicipite muscoloso e strinse piano. «Posso mettere in pratica ciò che ho imparato al mio corso di cucina e tu puoi rilassarti.»
Le lanciò un'occhiata eloquente ed Emma si schernì: «Non aver paura, non voglio far saltare in aria la tua casa.» Le sue labbra erano piegate all'insù e negli occhi c'era una certa determinazione.
Suo malgrado, Matteo scoppiò a ridere, una risata sincera e non forzata, dopo chissà quanto tempo.

***

Finalmente Emma ha indovinato il nome di quel ragazzo tanto bello quanto triste. Matteo si sta piano piano ammorbidendo nei confronti di quella ragazza dall'aria sempre inutilmente allegra.

Spero che vi stia piacendo la storia, grazie a chi legge, commenta e lascia una stellina!

Maria C Scribacchina

Le cose che vorrei cambiareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora