20.

4.3K 190 50
                                    

CALUM'S POV.

2 ANNI PRIMA.

I 17 anni sono un momento strano nella vita di ogni persona: vieni considerato ancora un adolescente ma allo stesso tempo sei vicino al compimento dei 18, alla fine delle scuole superiori, alla scelta del college che segnerà il tuo futuro. Io ero terrorizzato, una parte di me, forse quella più grande, non voleva crescere, non voleva iniziare a farsi carico di grandi responsabilità come tasse da pagare o una famiglia da mantenere. Così, per evitare di pensarci, io e i miei amici ci fumavamo sopra, alcuni di loro si erano spinti anche oltre con le droghe, ma io sapevo controllarmi. Ora, era uno di quei momenti: il nostro luogo d'incontro era la cantina della mia casa, che spesso definivo come camera. Era spaziosa, c'erano due divani di pelle nera un po' consumati, un tavolo di legno che mia madre non usava più (ora pieno di cartine, erba, bong, qualche birra ed altre cose che ora non riuscivo ad identificare), la mia chitarra, un tappetto rosso con qualche segno di vomito sopra, degli sgabelli e una televisione costantemente spenta perché eravamo sempre troppo fatti per guardarla. Al momento io ero sdraiato su uno dei divani, con le gambe poggiate su quelle di un altro mio amico che, dopo essersi fatto di eroina, ora restava con le braccia conserte e la faccia nascosta sotto al cappuccio della sua enorme felpa. Il mio migliore amico, invece, era su uno degli sgabelli, quello dietro al tavolo, con la mia chitarra in mano e suonava melodie rilassanti ma anche un po' tristi. Jason era il migliore e non lo dicevo in modo scontato, lo era davvero. Eravamo cresciuti insieme, lo avevo sempre considerato il fratello che non avevo mai avuto. Mi aiutava sempre quando avevo problemi, potevo chiamarlo anche in piena notte e lui era sempre lì, pronto ad ascoltare i miei sfoghi e ad aiutarmi. Aveva dei folti capelli neri raccolti in una cresta e degli occhi azzurri. Era sempre stato più popolare di me, ma questo non mi creava problemi, anche se spesso ero geloso dei rapporti che aveva con altri suoi amici maschi. Mi conosceva meglio di chiunque altro, lo conoscevo meglio di chiunque altro. Ora, vedevo nei suoi occhi un velo di tristezza. Sapevo che ultimamente non si trovava in uno dei suoi periodi migliori, i genitori erano divorziati da tempo e la madre portava sempre uomini diversi in casa. Anche la scuola non andava benissimo, aveva avuto dei problemi con alcuni professori che lo avevano fatto escludere dalla squadra di calcio della scuola. Io cercavo di stargli il più vicino possibile, lo ascoltavo e lo rassicuravo che era solo un periodo, che tutto si sarebbe risolto, ma spesso si perdeva nei suoi pensieri e quando era così, era meglio non disturbarlo. Negli ultimi due giorni aveva dormito da me, avevamo passato delle belle nottate a parlare di qualsiasi cosa, specialmente del futuro, dei viaggi che avevamo programmato di fare insieme. Stasera non ci sarebbe stato, aveva detto che voleva tornare a casa sua a dormire, anche per evitare di far preoccupare la madre. Erano le cinque del pomeriggio e non sapevamo cosa fare, l'altro nostro amico era troppo fatto, saremmo anche potuti andarcene e non se ne sarebbe accorto.
-Jason, potresti suonare qualcosa di più movimentato? Mi stai facendo addormentare- parlò all'improvviso. Il mio migliore amico accennò un piccolo sorriso e poi poggiò la chitarra a terra. Oggi mi sembrava più triste del solito, si muoveva in modo pesante, come se fosse stanchissimo. Si alzò dallo sgabello e si sistemò la felpa grigia che aveva addosso.
-Io devo andare, ho da studiare- disse lentamente per poi prendere il telefono sul tavolo.
-Vengo con te, ho bisogno di prendere un po' di aria- parlò l'altro mio amico.
-Che significa che ti fermerai a casa mia e ti addormenterai sul divano- replicò Jason e l'altro rise. Li accompagnai alla porta di casa e li salutai, per poi andare su in camera mia e buttarmi sul letto. Eravamo a metà dall'inizio della scuola e la fine dell'ultimo anno si avvicinava sempre di più ed anche i miei diciotto anni. Ciò mi stressava da morire, ancora non sapevo cosa fare nella mia vita, se continuare il college oppure andare a lavorare. Il mio più grande sogno era quello di formare una band, viaggiare il mondo, scoprire nuovi posti diversi dal mio, fare concerti, esperienze, l'acclamazione delle fans e saper subire anche le critiche di altri. Ma tutto ciò, mi sembrava così impossibile e mia madre si aspettava grandi cose da me, voleva che diventassi qualcuno di importante nel mondo del lavoro, come un dottore o un avvocato. Iniziai a pensare a ciò che mi spettava domani, alle varie materie che avrei avuto e mi ricordai del compito di biologia. Sbuffando, mi alzai forzatamente dal letto ed iniziai a cercare il quaderno con gli appunti, o almeno il quaderno con quelle poche cose che avevo scritto tra una lezione e l'altra. Come mi aspettavo, trovai pochissimo e così iniziai a cercare il libro. Guardai ovunque, anche nello zaino che era quasi sempre vuoto: niente. Pensa Calum, pensa, l'ultima volta avevi usato un pezzo della copertina per farci un filtro, dove eri? A casa di Jason! Mi affrettai a mettermi le scarpe e ad uscire di casa. La sua non era molto distante dalla mia, ci volevano solo cinque minuti per raggiungerla. Iniziai a frugare tra le tasche della giacca che indossavo per trovare una copia della chiave di casa sua, me l'aveva dato lui un giorno in caso avessi avuto bisogno di prendere qualcosa. Quando arrivai, infilai la chiave e feci scattare la serratura. Sul divano, a dormire, c'era il nostro amico, come aveva previsto Jason.
-Jason?- chiamai ad alta voce.
-È sopra- mormorò l'altro.
Iniziai a salire le scale e poi svoltai a destra per il corridoio, camera sua era l'ultima in fondo. La porta era chiusa, così bussai. Non ricevetti risposta. Aprii di scatto e quando capii cosa era successo, caddi in ginocchio urlando. Jason era a terra, il volto completamente bianco, le maniche della felpa sporche di sangue. Sentii dei passi veloci raggiungermi e mi voltai con le lacrime agli occhi. Il mio amico era lì in piedi, gli occhi sbarrati, una mano poggiata al muro.
-Luke- sussurrai. Lui corse in bagno a vomitare ed io rimasi da solo con il corpo del mio migliore amico morto.
Perché Jason, perché? Perché hai deciso di abbandonarmi proprio ora, ora che avremmo potuto andare a vivere in un appartamento tutto nostro, ora che avevamo deciso che posti visitare? Dovevamo andare in Italia, a Roma, la città che da piccoli ci affascinava tanto. Perché abbandonarmi proprio ora che sapevamo come affrontare il nostro futuro insieme, cosa ne farò ora di tutti i progetti che volevamo realizzare insieme? Luke scappò per non farsi trovare con l'eroina, mentre io chiamavo l'ambulanza. Non poteva essere vero, non poteva star accadendo realmente. Continuai a ripetermi queste parole all'infinito, fino a quando i paramedici che avevo chiamato arrivarono e lo chiusero in una busta di plastica bianca, togliendomi per sempre il mio migliore amico.

Toxic love (larry stylinson).Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora