Quattro anni prima

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Le gocce di pioggia cadevano rapide e copiose, sembrava non si sarebbero mai fermate, era come se il cielo stesse piangendo con lui…

Il piccolo parco di quartiere sarebbe stato deserto, se non fosse stato per quel ragazzino, seduto da solo su una vecchia panchina, incurante della pioggia che cadeva a dirotto su di lui.

Aveva solo dodici anni, i capelli rossicci e arruffati, la pelle diafana e scarna, di chi non mangia da giorni e due grandi occhi castani, persi nel vuoto, anzi, nei ricordi.

Ricordi dolorosi, ma che non riusciva a fare a meno di ricordare. Ricordi malinconici, di un passato che non sarebbe mai tornato indietro, per quanto lo desiderasse.

Era lì da ore, ma non aveva intenzione di andare via. Non perché non volesse, ma perché un posto dove andare non ce l’aveva proprio.

Le lacrime si erano mischiate alla pioggia, non sapeva più se a piangere fosse lui, il cielo o entrambi.
Poi, d’un tratto, come in un sogno, la pioggia si fermò. Non perché avesse smesso di piovere, ma perché qualcuno l’aveva bloccata con il suo ombrello.

Il ragazzo alzò lo sguardo sorpreso. Non riuscì a fare a meno di arrossire alla vista del viso sorridente di una bambina della sua stessa età, che, ancora con il braccio teso verso di lui, continuava a proteggerlo dalla pioggia.

Aveva i capelli bianchi e mossi raccolti in due code laterali e gli occhi color del ghiaccio, ma il suo sorriso era così caloroso che in qualche modo riuscì a sciogliere il cuore del ragazzo.


- Posso sedermi? – Chiese continuando a sorridere.

Lui si limitò ad annuire leggermente con il capo.

Lei allargò il suo sorriso e due adorabili fossette le si formarono sulle guance.

Iniziò a parlare del più e del meno, come un disco rotto. Non fece domande, non gli chiese perché si trovasse lì da solo nel bel mezzo di un diluvio. Si limitò a parlare, a scherzare, a cercare di farlo ridere.

Di tutto ciò che disse, il ragazzo sentì solo le prime parole, poi si perse. Ma questa volta non nel vuoto e neanche in quei ricordi tanto tristi: si perse nei suoi occhi, nel suo viso, nel suo sorriso, un sorriso che, se avesse potuto, sarebbe rimasto ad osservare in eterno.

La ragazza rimase con lui per ore, finché il temporale non finì. Per tutto quel tempo lui non aveva detto una sola parola, ma in quel momento, quando lei lo salutò e si alzò dalla panchina, si mise in piedi anche lui e le fece un’unica domanda:

- Come ti chiami? –

Lei sorrise all’udire la sua voce e subito si voltò per rispondergli.

- Shiro. – Disse, prima di girarsi nuovamente e andare via.

Il ragazzo arrossì di nuovo e sentì uno strano calore invaderlo, come un formicolio in tutto il corpo.

Quello che stava nascendo dentro di lui era un sentimento nuovo, travolgente, magico, vero…

Ma non puro….

L’amore che quel giorno iniziò a provare per quella ragazza dagli occhi color del ghiaccio, era un amore malato, bisognoso, perverso, un amore…

“Sarai mia…  Non permetterò a nessuno di mettersi tra noi due… A qualunque costo.”

…Un amore da yandere...






E rieccomi! Incapace di stare senza scrivere per più di un pomeriggio, mi sono subito messa all'opera.
Che ne pensate? Questo capitolo è solo il prologo, quindi è decisamente corto, ma vorrei sapere i vostri pareri.
Ora mi metto a scrivere il prossimo capitolo.
Bye Bii!!!

True Love Restraint //Yaoi//Where stories live. Discover now