La lettura del diario di harry era diventata più un hobby che una necessità. Infondo come poteva una persona, tanto orribile da abbandonarlo, meritare una simile attenzione? Le ombre, a volte, gli chiedevano perché si ostinasse a farsi del male; perché continuasse ad infliggere a se stesso quell'indescrivibile tortura. E Louis non gli rispondeva mai, perché l'unica risposta plausibile era anche l'unica risposta che continuava a ferirlo:

"Non lo conosco; voglio conoscerlo"

Alla fine si tornava sempre lì. A quella scomodissima domanda che continuava a martellare nel suo cervello; la stessa domanda che ancora gli rendeva il sonno inquieto:

Chi sei, Harry styles? Cosa vuoi ancora da me?

Le pagine successive- che louis aveva sfogliato più per curiosità che per morboso interesse- erano un susseguirsi di dubbi ed insicurezze. Erano un continuo:  "Niall ed io siamo solo amici", "Sono fidanzato con Cora e va bene così", "Emma mi sta antipatica e si deve staccare dal mio Migliore amico" e tantissime altre paranoie che soltanto un adolescente in piena pubertà poteva avere. Louis infondo, un po' riusciva ad immaginarlo il suo Harry in quella situazione....

Già, Il suo Harry...

Perché, nonostante tutto lo schifo che quello stronzo gli aveva fatto passare, Louis non riusciva a non considerarlo suo... Continuava a trattarlo con gli stessi modi dolci ed affettuosi con cui l'aveva sempre trattato... come se Harry potesse risentirsi della sua maleducazione; come se potesse ancora disapprovare il suo comportamento irrispettoso.

E Louis avrebbe dovuto saperlo che innamorarsi di lui sarebbe stato un gioco pericoloso. Ma infondo l'amore è folle; e "se non ricordi che l'amore t'abbia fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato"*

E fra tutte le stronzate che il suo amore per Harry gli aveva fatto commettere, forse la più folle di tutte fu continuare a respirare.

Anche se per respirare non c'era neppure più l'aria.

Quel pomeriggio, dopo aver evitato l'ennesimo tentativo di sua madre di farlo restare a pranzo con lei, Louis si era chiuso in camera sua  ed aveva preso frettolosamente il vecchio diario fra le mani. Faceva particolarmente freddo quel giorno: il vento soffiava così forte che sembrava avesse intenzione di frantumare il mondo; i rami degli alberi spogli ondeggiavano nell'aria come braccia di anime dannate, che invocano Dio in cerca di pietà e tutt'intorno a lui, regnava il più completo ed assordante silenzio. Louis aveva deciso che per quel pomeriggio avrebbe indossato la sua felpa- Quell'unica felpa che portava ancora con se il suo profumo e che, ormai, era diventata il loro unico legame- ed era rimasto per un attimo a strofinarsi la sua stoffa addosso; Ad annusarla, per lasciarsi cullare un'ultima volta dal suo inconfondibile profumo; a farla aderire al suo corpo, come per simulare un abbraccio che non avrebbe più percepito, mai più.. per poi sospirare tristemente e lasciarsi cadere a peso morto sul suo materasso, mentre alcune
sporadiche gocce di pioggia iniziavano ad imperlare la superficie leggermente appannata del vetro della finestra.

Louis aveva bisogno di lui... aveva bisogno di sentire il calore della sua pelle sulla propria; voleva sentire ancora il suo sapore sulla lingua, e percepire il suo odore nelle coperte del proprio letto. Eppure, nonostante la sua assenza bruciasse ogni giorno di più, Lui questo non voleva ancora ammetterlo;  perché sapeva che farlo avrebbe voluto dire arrendersi al dolore; arrendersi alla mancanza... E non aveva intenzione di gettare la spugna.

Non ancora, perlomeno.

Sfogliò le prime pagine svogliatamente, ripercorrendo a grandi linee i punti fondamentali da tenere presenti, ed  una volta ritrovato il filo, riprese a leggere da dove si era fermato:

The Only Exception //IN REVISIONE//Where stories live. Discover now