Ultimo atto - Ode alla follia di un peccatore che ama Shakespeare

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Se noi ombre vi abbiamo irritato,

non prendetela a male ma pensate

di aver dormito, e che questa sia

una visione della fantasia.

Non prendetevela, miei cari signori,

perché questa storia di ogni logica è fuori:

noi altro non v'offrimmo che un sogno;

della vostra indulgenza abbiamo bisogno.

(Puck, "Sogno di una notte di mezza estate", Atto, Scena, 411 -419)

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Il sipario si abbassa lento, rosso e pesante, mentre le luci lentamente si accendono e la platea esplode in un applauso accorato

Molti hanno i brividi, molti hanno un sorriso, moltissimi applaudono, ma dentro di sé rivendono loro stessi con le loro follie.

Ode alla follia di un peccatore che ama Shakespeare. Questo è il titolo di quella pièce colma di desiderio, passione, lussuria e adulterio.

Ancora sorride il protagonista, oltre alla coltre di tende che gli impedisce di vedere gli stolti che non hanno capito.

Vicino a lui sorride anche il suo peccato.

Gli bacia la mano con dolcezza, guardandolo come solo lui può fare.

"Anche questa volta è andata bene." Sussurra, continuando a sorridere.

"Anche questa volta nessuno ha capito, vorrai dire."

"Mio Puck, nessuno capirà mai che Titania è morta e che Oberon con il suo folletto cammina ancora su questa terra. E noi continueremo a rimettere in scena questa follia, il popolo ignorante crederà in quello che vedrà e noi vivremo ancora."

Sorridono entrambi, uscendo da quel palco e incamminandosi verso l'esterno mano nella mano. L'incantesimo ha funzionato ancora una volta e loro sono insieme.

Tutto ciò che si vede a teatro è falso agli occhi dei più e nessuno si rende conto di quanto di reale ci sia dietro.

Nessuno capisce che recitare ti rende immortale. Gli attori sono creature che vivono troppe, molte vite.

Al di là delle tende del sipario ci sono i mortali, il popolino incredulo, ignorante. Le pecore di un gregge guidato da stolti.

Quanto possono essere folli i mortali...

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"James..." Lo chiama il suo signore e il più giovane risponde.

"Dimmi. Sono qui." Sussurra lentamente, sfiorando il suo viso.

"James, hai davvero letto il mio diario?" Chiede con una punta di incertezza e ancora fastidio.

"Sì. Ma non era il tuo diario. Era il diario di un Oscar che non sei più tu." Lo accarezza con dolcezza, solleticandogli il collo con i capelli leggermente lunghi.

"Questo è vero. Dove lo hai messo ora?" Tira piano i ricci biondi, passando leggero come un volo di una farfalla sull'accenno di barbetta.

"Non ce l'ho io. Ce l'aveva lei. Non so che fine abbia fatto. Ha importanza?" Sospira contro il suo orecchio, con dolcezza.

"No, non ne ha. Meglio così. Sarà bruciato come il vecchio Oscar." Sorride e lo stringe, rotolando nel letto, tra quelle coperte candide, che male si accostavano alla loro falsa innocenza.

"Tu non sei Oscar. Sei Oberon, il re delle fate." Ammette James con un sorriso sulle labbra morbide.

"E tu sei Puck, il mio servitore."

"Oberon e Puck". Dicono all'unisono, scoppiano poi a ridere.

Liberi finalmente di andare ovunque, anche all'inferno, ma insieme.

Diario di un adulteroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora