10 aprile 1915

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IRIS

La prima volta che ho incontrato Harper avevo 17 anni ed era il 10 aprile 1915.

Mia madre aveva insistito affinché andassi al parco con Janet quel pomeriggio, per accompagnarla nella sua passeggiata domenicale.
Hyde Park pullulava di gente di ogni età, vi erano bambini accompagnati dalle balie che giocavano sul prato accanto al sentiero, giovani coppie che passeggiavano godendosi i primi tiepidi raggi della primavera e vecchi signori indaffarati che attraversavano di fretta il parco per recarsi a importanti impegni di lavoro.

Io ero accaldata, il mio corsetto era decisamente troppo stretto per permettermi di respirare come avrei desiderato, ed era di un tessuto troppo pesante per poter lasciar traspirare la pelle. La gonna turchese e verde chiaro mi cadeva morbida sui fianchi e giù fino ai piedi.
Adoravo quel vestito, me l'aveva donato una prozia che non vedevo da anni, ma che aveva avuto la vista lunga a sufficienza da prevedere che, quell'anno, il turchese sarebbe stato di moda.

"Non pensi sia una buona idea invitare le nostre cugine per un tè domani pomeriggio, Iris?"
mi chiese mia sorella Janet mentre lasciavo correre lo sguardo annoiato sulla gente intorno a noi.

Cercavo sempre di prestare attenzione al mondo intorno a me, alle persone, ai suoni e ai colori, ma ogni volta ne restavo delusa. A tutti mancava quel qualcosa che catturasse il mio sguardo per più di qualche secondo.

"Possiamo proporlo a Leah e Annette, ma non penso che Lavinia verrà dopo la scena imbarazzante della scorsa settimana" risposi, lanciando un'occhiata furtiva a Janet.

Un ghigno le si aprì sul viso, mentre ricordava come nostra cugina Lavinia, famosa per pensare di essere sempre la più bella, la più simpatica e la più intelligente della famiglia, si fosse per errore data fuoco a un guanto durante la messa della domenica precedente.

La scena aveva persino suscitato una qualche emozione in me, riuscendo a farmi lacrimare gli occhi dalle risate. La povera Lavinia, invece ne era rimasta ferita nell'orgoglio a tal punto da non proferire più parola per la giornata intera.

Dopo qualche passo, ci sedemmo su una panca all'ombra di una grossa quercia ad osservare il laghetto.
Janet prese una ciocca dei miei lunghi capelli castani tra le dita e ne osservò le punte, il suo passatempo preferito.
Eravamo così diverse, che nessuno avrebbe immaginato che fosse mia sorella.
Lei era bassina, con una massa di riccioli rossi ad altezza spalle e piccoli occhi castani. Una spolverata di lentiggini le copriva il naso , piccolo e all'insù e le guance piene.
Io ero alta, slanciata e , a mio dire, impacciata. I miei lunghi capelli castani tendevano ad annodarsi molto più facilmente del sopportabile e gli occhi neri come la notte erano "più difficili da decifrare di un quadro di Picasso" , a detta di mia madre. Ma lei non riusciva mai a cogliere il mio sguardo ironico.

Janet si appoggiò allo schienale alto della panca ed emanò un lieve sbuffo.

"Sono un po' affaticata, Iris. Penso che chiuderò un po' gli occhi"

Neanche il tempo di dirlo, e mia sorella già era giá tra le braccia di Morfeo.
Ero convinta soffrisse di qualche strana malattia, che le causava questi improvvisi ed inaspettati attacchi di sonnolenza.
Non ero sicura che una tale consuetudine fosse mai stata effettivamente studiata o catalogata come malattia, ma ero certa che non fosse nemmeno del tutto normale.

Mi alzai e mi avvicinai al bordo dell'acqua, continuando ad osservare la gente intorno a me.
Una signora poco lontano, accompagnata da una bambina dall'aspetto denutrito , stava lanciando del pane ai cigni che popolavano il lago. La bambina rideva, una risata profonda e calda. Felice.

A volte avrei voluto essere così. Non povera e affamata, sia chiaro. Avrei semplicemente voluto avere una sufficiente incertezza sul domani da non dare per scontato ogni cosa che mi accadeva.

Sospirai, abbassando lo sguardo sul mio riflesso nell'acqua, e notai la lieve increspatura causata dai pesci che nuotavano appena sotto la superficie.

Nel leggero chiacchiericcio della domenica pomeriggio, d'un tratto udii il suono delle corde di una chitarra, pizzicate secondo una melodia dolce e struggente allo stesso tempo.

"A lovestruck Romeo...sings the street a serenade"

La voce calda e rasposa accompagnava la melodia, e mi fece salire un brivido lungo la schiena. Mi resi conto di avere la pelle d'oca sulle braccia.

Cercai con gli occhi la fonte di tale suono , indietreggiando verso la panchina dove mia sorella era ormai accasciata con la bocca mezza aperta nel suo sonno improvviso, e finii addosso a qualcuno.

Solo un volta per terra mi resi conto che la musica si era interrotta. Nella più completa umiliazione sollevai lo sguardo dalle mie lunghe gambe ingarbugliate nella gonna torchese e incontrai gli occhi di uno sconosciuto, chino verso di me che mi allungava una mano, mentre l'altra teneva ben salda una chitarra.

"Canto così male? " mi chiese, con un sorriso sghembo così luminoso, che pensai potesse illuminare la notte.

Io lo fissai ancora immobile, immersa nel verde smeraldo dei suoi occhi. Cercai di richiudere la bocca e mi inumidii le labbra.

"No, io.. mi perdoni, sono un po' goffa. " borbottai, cercando di districarmi dalla lunga gonna con la poca nonchalance che possedevo.

Lui osservó i miei movimenti sorridendo, e io notai che una profonda fossetta si scolpiva nella guancia quando rivelava la fila di denti bianchissimi e perfetti.

Mi porse la mano e mi aiutó a rialzarmi. Non pensavo fosse possibile, ma per la prima volta da tempo sentii uno spiraglio di emozione, un brivido di curiosità per l'estraneo.

"Grazie...?"

"Harper. Harper Monteg signorina." Sorrise lui.

Monteg, certamente.
Il mio cuore perse un colpo quando parló. Certamente.

Sospirai, annuii " È stato un piacere Harper. Arrivederci" dissi avviandomi verso mia sorella e dandole un lieve colpetto per svegliarla, mentre il ragazzo dai meravigliosi occhi verdi mi osservava con l'incomprensione stampata sul volto.

"Dai Iris, lasciami stare" si lamentó mia sorella.
Io la strattonai, mentre un nodo mi si formava in gola. Perché proprio un Monteg?

Il ragazzo mi si avvicinó con passo incerto,
" Ho fatto qualcosa di sbagliato signorina..?"

"Caplet" gli concessi un'occhiata triste. E lo ero davvero. "Iris Caplet".

Vidi il momento in cui si rese conto di chi ero. Lo vidi nel modo in cui le sue pupille si dilatarono e la consapevolezza lo invase.

Annuì con aria grave, e con un ultimo cenno di saluto e un mezzo inchino, si allontanò .

Quella fu la prima ed ultima volta in cui incontrai Harper Monteg, in quella vita.



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Ciao, lettori! Se vi è piaciuto il primo capitolo, fatemelo sapere... e potranno essercene altri 😉 J.

Ps: suggerimenti su chi potrebbe interpretare Harper e Iris? 😜

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⏰ Last updated: Jan 03, 2017 ⏰

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