Mamma

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Ci salutammo e andammo a casa.
Ad aspettarmi a casa c'era Zelda, la cameriera.
"Dove sei stata?" Il suo tono era molto seccato.
"Al bar con un'amica, non dovevi aspettarmi"
"Oh si che dovevo, ho promesso a tua madre che non avrei permesso che ti accadesse nulla"
"Quindi dovrei uscire solo per la scuola e tornare subito a casa, come se fossi in punizione?
Non ho più 10 anni, ma 16, non ho bisogni della baby sitter"
"Lo dissi anche l'ultima volta"
Non era la prima volta che facevamo quella conversazione; sapevo a cosa si riferisse con ' l'ultima volta ': due anni prima mi ero messa in testa di 'essere grande', di poter far quel che volevo, e mi sbagliavo di grosso.
Una sera sono uscita con degli 'amici', uno di loro aveva il fratello che lavorava in una discoteca e ci ha fatto entrare dal retro, ci stavamo divertendo, poi uno di loro tiro fuori degli stupefacenti, ci siamo un po' fatti poi io mi sentii male e i miei genitori mi vennero a recuperare in ospedale, fu allora che mia madre fece promettere a Zelda di tenermi sempre d'occhio e di non farmi accadere mai niente.
"Ok" le dissi "ma non sono più una bambina e potresti lasciarmi un po' più di spazio"
Detto questo me ne andai in camera e lei tornò a casa.
Erano le 22:29; mi preparai un toast e andai a letto.
Accesi la TV per guardare qualche film horror, uno di quelli talmente spaventosi che venivano trasmessi nel cuore della notte.
Ero sempre stata una fanatica degli horror, la prima volta che ne vidi uno avevo 7 anni, non mi facevano per niente paura,  sapevo perfettamente come veniva fatto ogni singolo effetto speciale, tipo mostri con la faccia tutta lacerata, cose che a un bambino avrebbero fatto fare la pipì addosso e far venire gli incubi la notte; ma io ero diversa, sono sempre riuscita a mettere un confine netto tra la finzione e la realtà, fin da bambina.
Ricordo di essere stata l'unica bambina all'asilo a non aver mai creduto a Babbo Natale, e di aver fatto piangere Livie avendolo affermato, penso che sia allora che abbia iniziato a odiarmi.
Ero al momento cruciale del film, quello dove scappano dal mostro e metà dei personaggi inizia a morire, quando vidi come un ombra in corridoio, mi allontanai dal letto per vedere meglio e sentii un rumore al piano di sotto come di stoviglie che cadevano a terra.
Ero terrorizzata, quando succedono queste cose nei film c'è sempre un mostro pronto a spuntar fuori e divorare i tutti i presenti in casa, nella realtà poteva essere una ladro terrorizzato quanto me o un assassino che mi aspettava al piano di sotto.
Presi la mazza da baseball di papà dalla sua collezione di articoli sportivi, ne era praticamente ossessionato, scesi le scale  di corsa, con un mix di terrore e eccitazione.
Non sapevo cosa aspettarmi, poteva non esserci nessuno, così come sarebbe potuto esserci qualcuno e in brevi istanti la mia vita sarebbe finita.
Arrivata al piano di sotto la cucina è il salotto erano tutti a soqquadro, ma non c'era nessuno; o almeno, così credevo.
Passai tutta la notte a mettere in ordine, se Zelda avesse trovato la casa ridotta a quel modo, non oso immaginare quanto si sarebbe arrabbiata, e poi, il giorno dopo tornava mamma.
La mattina dopo trovai Rebekah all'ingresso della scuola.
Mi piaceva quella ragazza era dolce, ma con un non so che di inquietante, dimostrava la mia età ma i suoi occhi,  così intessi, sembravano aver visto tante cose, alcune delle quali molto brutte.
Ci salutammo e andammo insieme in classe.
Era diversa da ieri, sembrava più chiusa, distante.
Era l'ultima ora, ginnastica.
Abbiamo fatto qualcosa tipo 30 giri di un campo da football a suon di "muovetevi, pappe molli, e voi sareste il nostro futuro, non durereste un giorno senza la vostra mammina"
"Ma è sempre così"
"Il prof? Temo di si, avrà avuto un'infanzia molto orribile per avere un così brutto carattere"
Scoppiammo tutte e due a ridere.
"Basta voi, correre"
"Beccate..." dissimo in coro.
"Sai, so un modo per evitare i prossimi 60 giri, vieni" la condussi dietro gli spalti per scappare alla lezione.
"Ma non si accorgeranno che non ci siamo?"
"No, potrebbe sparire tutta la classe e non se accorgerebbe neanche"
Restammo per qualche minuto dietro gli spalti a ridere e spettegolare di Livie che sta mattina era arrivata a scuola con un occhio nero e i capelli tutti spettinati, a parere suo non si ricordava niente di quel che era successo per ridursi a quel modo.
"Lui chi è?" chiesi indicando un ragazzo che stava entrando a scuola.
Sembrava uno nuovo.
"È mio fratello, sarà venuto a prendere il suo orario, inizia domani"
"Oh"
Era un ragazzo affascinante, avrebbe incantato chiunque.
Mi sentivo stranamente attratta da lui, nonostante il giorno prima la sorella aveva insistito molto nel dire che fosse uno stronzo.
Ma in effetti non lo conoscevo nemmeno.
Mi dissi che avrei dovuto assolutamente conoscerlo, che sarei dovuta essere la prima persona nuova che avrebbe  conosciuto il giorno dopo.
"Sarà meglio tornare, il prof controlla sempre che ci siano tutte prima di mandarci a casa" dissi con disinvoltura.
La giornata passo velocemente, stessi a casa, così Zelda mi poté stare tranquilla.
Era sera, sul tardi, quando arrivò dall'ingresso il suono delle chiavi che aprivano la porta, seguito dal rumore delle 100mila valige che la mamma si ostinava sempre a portare in giro.
Diceva sempre:
"Una donna ha sempre bisogno di tutti i suoi vestiti, non si sa mai in quali occasioni possano servirgli"
Così, ogni volta che partiva, e partiva spesso, metteva in valigia tutti i vestiti che aveva, e ne aveva parecchi di vestiti, poi su sei, sette valige che preparava, almeno 4 le aveva in mano lei, insieme a borse e borsoni pieni o anch'essi di vestiti o di libri giganti e diari per appuntare ogni cosa.
Erano quasi sei mesi che non ci vedevamo, e avevo cercato di non mettermi nei guai almeno per un mese, cosa che, per una del mio calibro, risulta piuttosto complicato.
La mamma si dimenticava relativamente in fretta dei miei guai, almeno quando non era a casa.
Zelda era ossessionata a doverle dire sempre tutto quel che succedeva a casa, ma tempo qualche settimana e già non se ne ricordava più, certo a meno che non sia qualcosa di davvero grave, come quella volta che a 8 anni ho, quasi, incendiato la casa perché mi ero messa in testa di essere una grande cuoca, ma cose come quelle erano rare, relativamente rare.
Comunque sia ero felice che tornasse la mamma, avevamo un rapporto tipo: io non faccio esplodere la casa e tu mi sforni un mensile dai 200 ai 300 dollari.
Non ero una di quelle: è la mia migliore amica, sa tutto della mia vita, anzi, trovavo un po' ridicolo quel tipo di relazione con i propri genitori.
Ero più una da: ti racconto quel che voglio raccontare e se ti lamenti me ne vado, come già era successo a 9 anni, mi cercarono per un'intera settimana prima di scoprire che mi trovavo dagli zii a New Orleans, Luisiana, cero arrivata tra taxi e autostop.
Ci mise quasi un intero minuto per riuscire ad aprire la porta, come a suo solito, e quando la aprì cade a terra con tutte le sue valige.
"Mi date una mano?"
"Subito"
Mia madre era un po' impicciata, era una di quelle mamme che non ti dispiacevano, ti stavano alla giusta distanza, non si immischiava troppo nella tua vita.
Riuscimmo in qualche modo a scaricare la macchina e a sistemare tutto prima di cena.
Ci sistemammo nel salottino, era come il salone principale, solo più piccolo e con un caminetto al posto delle televisione.
"Per quanto resti?"
"Per un po'"
"Papà?"
"Sta avendo problemi, tornerà verso Novembre"
"Che genere di problemi?"
"Non ti preoccupare; vai a dormire?"
"Ok, si comunque, fammi sapere se chiama"
Sapevo che mi nascondeva qualcosa, solo non sapevo cosa, ma lo avrei scoperto.
La mattina dopo, mentre mi vestivo e mi truccavo mi sentivo un po' agitata, e non ne capivo la ragione, ripenso al fatto che Kol, il fratello di Rebekah, avrebbe iniziato oggi, strano, di solito non ero così incantata per i nuovi arrivi, anche se non ce ne sono stati molti.
Non incontrai Rebekah davanti a scuola, penso che probabilmente sia con suo fratello, visto che inizia oggi.
Cammino per i corridoi, mi dirigo verso il mio armadietto, poso la mia roba, prendo i libri che mi servono, e indovinate addosso a chi vado a sbattere...
"Mamma!??"
No riuscivo a capacitarmi per quale motivo fosse lì, non mi ero ancora cacciata nei guai a scuola e i miei voti, beh, non ci avevano ancora dato voti, ma non ero così pessima.
"Ho combinato qualcosa e non lo so?" Subito chiesi.
"Ehm... in realtà no, sono venuta a offrimi come volontaria per organizzare il festival storico"
"Ah... ok" detto questo ci salutammo e andò a casa.
Non riuscivo a credere alle mie orecchie, i mei non erano mai venuti a scuola senza una convocazione di qualche insegnante, ed hai colloqui genitori-insegnanti, non c'erano quasi mai, figurarsi offrirsi per organizzare un festival.
Il festival storico consisteva in una parata di cui i carri andavano costruiti dagli studenti e dovevano essere a tema storico, ma per noi era più importante la festa, sempre a tema storico, che la scuola ci dava il permesso di organizzare ogni anno, un modo come un altro per spassarsela un po'.
I volantini abbondavano già per tutto l'istituto.
Ma al momento non mi preoccupava molto il party, volevo sapere perché mia madre fosse lì, perché si era offerta per l'organizzazione, e perché papà non è tornato con lei.
A volte capitava ma di solito dava notizie, questa volta è diverso.

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