Capitolo trentatrè

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Dopo la scuola tornai a casa e mi cambiai velocemente, mi feci uno chignon e buttai per terra lo zaino; dunque presi il telefono e corsi verso casa di Jacob, dietro la quale mi nascosi.
E attesi.
Passavano i minuti e Jacob non usciva. Aspettai ancora con molta pazienza finché fece capolino dalla porta principale di casa sua.
Eccolo.
Aspettai che si allontanasse e corsi dietro ad un cespuglio a nascondermi.
Girò a destra all'incrocio e scomparve. Feci le sue stesse mosse; magnifico stavo riuscendo a non farmi vedere.
Lo seguii ancora per qualche metro fin quando, ad un certo punto si fermò. Appena notai che stava per girarsi verso di me trasalii e corsi con uno scatto felino dietro ad una panchina.
Guardò a destra e a sinistra con fare sospettoso e si soffermò con lo sguardo su di me. O almeno, osservando la panchina sembrava mi avesse notato.
Trattenni il respiro.
Fece un passo nella mia direzione e si fermò a pensare, gli occhi ridotti a due fessure.
«Mi ha beccata.» pensai.
Ma invece si voltò e riprese il suo cammino, senza più badare a me e alla mia panchina.
Tirai un silenziosissimo sospiro di sollievo e continuai a seguirlo.
Camminai di soppiatto dietro Jacob e senza farmi notare raggiunsi con lui una via molto simile alla nostra, tante case uguali contornate da tanti giardini uguali.
Mi rifugiai dietro un auto scarlatta, poco distante dalla villetta davanti alla quale si era fermato.
E attesi.
Suonò il campanello.
Ancora nulla. Mi facevano male le gambe, ero in una posizione piuttosto scomoda: dovevo piegarmi per non farmi vedere ma non dovevo essere troppo in basso perché dovevo scattare delle foto e guardare.
«Datti una mossa!» mormorai.
Ed ecco che la vidi.
Una ragazzina magra, con lunghi capelli lisci e arancioni, la pelle quasi candida e gli occhi azzurrissimi.
Era lo specchio della perfezione, cioè il mio esatto contrario.
Restai ad osservare la scena disgustandomi di ciò che accadeva.
Jacob prese per la vita quella ragazza, che oltre tutto già mi stava sul cazzo e la avvicinò a sé lasciandole un bacio leggero sulle labbra.
«Ciao Hailey.» la sua voce era dolce.
La ragazza gli saltò al collo e lo strinse.
«Mi sei mancato.» si staccò da lui per poi sputargli la lingua in bocca senza ritegno.
Scattai un paio di fotografie e aspettai che entrassero in casa.
*in questo momento dovreste far iniziare la canzone qui sopra.*
Quando mi fui assicurata che la porta si fosse chiusa mi appoggiai con la schiena e mi sedetti per terra.
Non ero triste, per niente.
Mi mancava il respiro.
Il cuore mi andava a mille.
Ero allibita.
Delusa.
Spezzata.
Uno schifo.
Decisi di aspettarli. Non importava per quanto sarei dovuta stare seduta su quel vialetto d'asfalto appoggiandomi alla portiera di quell'auto rossa, ma li avrei aspettati.
Presi il cellulare e mi misi le cuffie.
Cominciai a cercare una canzone, una canzone giusta, che mi avrebbe dato la carica.
"Human" di Rag 'N Bone Man era quasi sparata nelle mie orecchie, il ritmo mi martellava il cervello, facendomi arrabbiare sempre di più.

Dopo un paio d'ore sentii delle voci scendere per le scale di quella casa e corsi davanti alla porta.
Quando quella Hailey l'aprì mi guardò stranita. Jacob, invece era impallidito in un attimo guardando in basso.
«Ciao, potrei parlare con Jacob?» lei gli rivolse uno sguardo interrogativo. «In privato.» proseguii.
Jacob uscì dalla casa e venne verso di me.
«Tu.» non riusciva a sostenere il mio sguardo.
«Guardami negli occhi!» lo spinsi violentemente e lui alzò gli occhi.
«Hey tu! Smettila!» urlò la ragazzina con voce acuta.
«Cara mia devi sapere che il ragazzo qui presente oltre a stare con te, illudeva anche un'altra ragazza.» i suoi occhi si spostarono su Jacob.
«Jacob cosa sta dicendo?» aveva il tono spaventato.
«Diglielo Jacob. Diglielo che giocavi con entrambe.» avevo un tono straordinariamente autoritario.
«Cosa sta dicendo Jacob?» chiese di nuovo la rossa.
«Io non...» provò il ragazzo.
Poggiai delicatamente la mano sulla sua guancia e lo costrinsi a guardarmi.
Tante lacrime iniziarono a bagnare il mio viso.
«Grazie di tutto.» bisbigliai guardandolo, la vista annebbiata dal rammarico.
Non resistetti. Gli sferrai uno schiaffo in piena faccia facendolo girare di lato.
«Sei stato il mio più bell'errore.» presi un respiro.
«Addio.» conclusi.
Mi girai e me ne tornai a casa, senza più piangere, semplicemente guardando per terra.

#spaziospazioso
Ebbene sì la storia è finita. Lunedì prossimo farò uscire il primo capitolo del sequel, fatevi sentire!
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora