Capitolo quattordici

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«E praticamente é venuto lì da me e mi ha chiesto se potevamo essere amici.» dissi schizzando in giro con la salsa del panino. Marie mi ascoltava assorta mentre sorseggiava la sua bibita seduta ad uno dei tavolini circolari di In 'n Out Burger.
«E tu che gli hai risposto?» chiese masticando una patatina.
«Beh, gli ho detto di sì, insomma mi sembrava giusto provare...»
«Lo sai come la penso.» tagliò corto. Da quando io e Jacob ci eravamo riappacificati, la ragazza era diventata gelosa e cerava sempre di convincermi a cancellarlo dalla mia vita.
«Lo so Marie, ma potrebbe essere cambiato, perché non dargli un'ultima possibilità?»
«E se non fosse così? Non ti sembra strano che uno come lui da zero abbia deciso di volerti bene e diventare improvvisamente tuo amico?»
«Sí, però...» ci riflettei. Il suo ragionamento non faceva una piega.
«Voglio provare a fidarmi. E se avrò sbagliato non succederà nulla di nuovo, piangerò e mi taglierò come prima.»
«Non dire così.» assunse un'espressione dispiaciuta.
«Lo sai che se sbaglierò succederà. Ma tanto avrò per sempre te, quindi sono a posto.»
«Ecco, a questo proposito, dovrei dirti una cosa...» quella frase mi inquietò di brutto.
«Mi spaventi. Cosa succede?»
«Ehm io a Gennaio, insomma...»
«Cosa a Gennaio? Dimmelo Marie.» brividi e calore mi scorrevano per tutto il corpo. Iniziai a muovere velocemente i piedi per terra.
«Io a Gennaio devo trasferirmi a Edimburgo. Hanno spostato là il lavoro di mia mamma.» rispose velocemente, come se si fosse strappata un cerotto.
«Davvero?» fu la sola cosa che mi venne in mente da dire.
Lei annuì semplicemente.
«Beh, siamo a Novembre, abbiamo tutto il tempo per fare tutte le cose spericolate che non abbiamo mai fatto fin ora.» feci un sorriso amaro, più falso di ogni altra cosa falsa esistente e non. La tristezza nei miei occhi era evidente, stavo quasi per scoppiare a piangere.
Finimmo di mangiare in silenzio e poi uscimmo dal fast food.
«Non posso venire anche io? Mi faccio piccola piccola dentro una valigia, dai.»
«Temo di no.»
«Hai ragione, quegli stronz... ehm, simpatici personaggi che sono i miei non mi lascerebbero mai.» camminavo con la cartella di scuola sulle spalle calciando un sassolino. Andai avanti così per un po', poi cadde in un tombino.
«Andiamo a fare i compiti al parco?»
«Ma é Novembre Mumi, moriremmo di freddo.»
«Lo prendo come un sì.»
Cambiammo strada e andammo verso il parco. Una volta arrivate, posammo in un angolino sotto un albero le cartelle che svuotammo per terra alla ricerca di qualche monetina avanzata.
«Quanto hai trovato?» chiesi alla mia amica.
«Due dollari e cinquanta, tu?»
«Uno e cinquanta.»
«Abbastanza per due cioccolate.»
«Già.» ci lanciammo uno sguardo d'intesa e corremmo verso uno Starbucks.
«Due cioccolate con la panna.» ordinammo in coro con ancora il fiato mozzo.
«Sono quattro dollari.» glieli lanciammo contro e ce le preparò di corsa
«Grazie mille.» tornammo velocemente al nostro angolino e cominciammo a fare qualcosa.
Finii di bere e mi venne un'idea brillante.
«Vado a buttare il bicchiere.» eravamo sdraiate vicino alla fontana dietro alla quale si trovava la spazzatura. Sciacquai il contenitore e lo riempii di acqua; poi, di soppiatto, lo rovesciai addosso alla ragazza.
«COME HAI OSATO?! SE TI PRENDO NON RISPONDO DELLE MIE AZIONI!» scoppiammo a ridere. Fece in tempo ad alzarsi che mi ero già messa a correre con lei dietro di me con il bicchiere pieno di acqua gelida. Mi girai e non la vidi più, così mi fermai a respirare.
Tirai sù la testa e un getto raggelante mi prese in pieno viso facendomi tremare.
«Te lo sei meritata.» disse con fare trionfante.
«Per fortuna é acqua.» risposi.
«Magari sì, magari no, chi può dirlo?» spalancai gli occhi.
«Se é pipì saranno guai per te.»
«Tranquilla é acqua.» ci guardammo per qualche secondo e poi scoppiammo a ridere come due idiote.

«Mamma non é come sembra.»
«Ferma dove sei. Fuori le scarpe e le calze.»
Feci come aveva detto. Avevo freddo, molto freddo.
«Vai a metterti il pigiama, poi proveremo la febbre e mi racconterai cosa cavolo hai fatto per conciarti così.»
Dopo aver messo il pigiama e una grossa felpa, mi sciolsi i capelli ancora bagnati e scesi in cucina.
«Tieni il termometro. Racconta.»
Mi misi il termometro sotto l'ascella.
«Io e Marie ci siamo schizzate con l'acqua della fontana nel parco.»
«Brave. La prossima volta ripensaci prima di farti il bagno all'aperto il venti Novembre.» l'oggetto suonò; il numero trentanove era scritto sul piccolo schermo in numeri digitali.
C'era da aspettarselo.

#spaziospazioso
Sciao a tutte, se da giovedì prossimo non aggiornerò, tranquille non sarò improvvisamente morta ma semplicemente starò quindici giorni in Grecia. Speriamo ci sia il wifi così aggiornerò lo stesso.
Baci vic🐞

Can a bully love? •Jacob Sartorius•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora