22 Novembre. Parte II.

Start from the beginning
                                    

«Sai dove trovarmi. Prenditi il tempo che vuoi.»

Si fissarono per un istante, poi si spostò per lasciarlo passare mentre suo padre lo accompagnava alla porta.

I passi riecheggiarono nella casa vuota.

Non riuscì a trattenersi quando suo padre lo raggiunse dopo qualche minuto in cucina.

«Non voglio favori da quest'uomo papà, e non voglio vederti con quell'espressione servile con cui ti ho visto prima.»

Rosario Rizzi si sedette sulla seggiola consumata di legno e sospirò stancamente.

«Diego ci sono delle cose che devi sapere, siediti.»

Non se lo fece ripetere due volte.

«Tutti i nostri risparmi sono stati investiti in questa casa e nella trattoria, ma l'avvocato si doveva pagare e i clienti non sono più venuti. Così ho cominciato a indebitarmi, fino a quando la banca ha cominciato a parlare di pignoramento e di vendere tutto all'asta per potersi rivalere dei soldi prestati. E Claudio si è offerto di aiutarmi.»

Diego non riuscì a trattenere il tono rabbioso nella voce.

«E in che modo?»

«Ha comprato lui la nostra trattoria anche se abbiamo un diritto di prelazione nel caso volesse rivenderla. Così ho estinto il debito.» La rabbia montava sempre più, quasi a soffocargli il petto.

Rosario Rizzi conosceva bene il carattere impetuoso di suo figlio Diego ma continuò lo stesso a svuotare il sacco, avvicinandosi alla finestra e guardando il mare nell'oscurità del tardo pomeriggio novembrino.

«Gli ho venduto anche il terreno della mamma», disse con tono stanco e greve.

Non aveva bisogno di altre spiegazioni. Pezzi di puzzle stavano trovando la loro giusta collocazione, in quella forbice spazio - tempo che mancava nella sua vita.

Claudio Tavalli aveva approfittato della situazione così da avere il suo tornaconto personale di natura prettamente economica. Quel terreno era un bene portato in dote da sua madre per il matrimonio, in origine senza nessun valore degno di nota.

Poi, con la modifica del piano regolatore, il suo valore era schizzato alle stelle e faceva gola ai molti imprenditori che volevano costruirci alberghi di lusso grazie alla vista mozzafiato che regalava la zona del Plemmirio, nella costa siracusana.

Non aveva nessun dubbio che si era avventato come un avvoltoio su quell'opportunità così appetibile.

Cercò di mantenere un tono pacato per non farlo ulteriormente agitare.

«Quanto ti ha offerto?»

«Cinquantamila euro subito in mano, avevo bisogno di liquidità per sopravvivere. In fondo, ci ha aiutato sempre e non so dove sarei finito senza di lui.»

Quel terreno, allo stato attuale, ne valeva minimo dieci volte tanto.

Diego strinse i pugni, serrando la mascella. I suoi genitori non avevano colpa per tutta quella terribile situazione dove li aveva trascinati lui.

Ora più che mai il suo fine ultimo era scoprire, quella maledetta notte di Halloween del 2006, cos'era veramente successo.

Agata.

Poco prima della mezzanotte, Agata uscì dal retrobottega. Si accese immediatamente una sigaretta, cercando con lo sguardo Tito, che tutte le sere le faceva compagnia per tornare a casa.

La loro amicizia era fonte di pettegolezzi ma lei non se ne curava più di tanto. Non le importava delle dicerie della gente.

Tito Tavalli aveva trent'anni, abitava ancora con i suoi genitori ed era il tipico ragazzo nerd considerato da tutti un diverso, proprio come lei, che con i suoi diciassette anni e il suo aspetto dark rock anni ottanta formavano un'accoppiata che non passava di certo inosservata.

Anche suo padre gli aveva fatto capire che non gli andava giù quella strana amicizia, ma non insisteva più di tanto perché Tito era figlio del suo capo.

Lui la aspettava sotto un lampione di fronte all'uscita secondaria, con il berretto in testa e il piumino tirato fin sotto al naso. C'era un freddo cane e camminare li avrebbe aiutati a riscaldarsi.

Agata gli passò davanti e cominciarono a camminare per la via del ritorno mentre raccontava cosa aveva saputo del ritorno del figlio di Rizzi, delle dicerie della gente, delle ragazze scomparse.

Tito l'ascoltava in silenzio, come sempre. Era una presenza di poche parole.

Dopo dieci minuti di cammino, raggiunsero le abitazioni fuori dall'ingresso del paese, scendendo la scogliera.
Arrivarono alla prima abitazione, una piccola villetta con giardino dove viveva con la sua famiglia.
La villa di Tito era poco distante, una grande e antica dimora di inizio novecento con un piccolo parco, confinante con la proprietà dove sorgeva la trattoria che fu di Rosario Rizzi 'Il Castello'; data in gestione a persone non del luogo.

Stava per aprire il cancelletto quando Tito ruppe il silenzio.

«Qui vivevano i Roggio» disse con voce senza emozione e atona.

Lo guardò stupita al contrario di lui che non le rivolgeva lo sguardo, tenendolo basso.

«Roggio? Come Stefania Roggio, una delle due ragazze che non sono state mai ritrovate?»

Tito fece un lieve segno col capo.

«Proprio lei. Biancaneve...abitava qui.»

La Rosa Eterna Where stories live. Discover now