19: Schegge

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La sveglia, recuperata da terra dopo l'allontanamento di Levi dalla stanza, adesso segna le 14:27.

Non ho pranzato, il mio stomaco brontola ma non credo di riuscire a prepararmi qualcosa da mangiare da solo, quindi sono costretto ad aspettare mia zia che rientra verso le 15.

Sono rimasto tutto il tempo a leggere una saga di libri che avevo lasciato in sospeso tanto tempo fa, addirittura prima del trasferimento, che mi ha preso in una maniera assurda.

Purtroppo non finisce troppo bene, difatti il migliore amico del protagonista -io li shippavo insieme, diamine!- muore nel terzo volume.
Sospiro, posando l'ultimo libro sopra i primi due sul comodino, e faccio pressione sulle braccia per mettermi seduto sul letto.

Rimango per un secondo in questa posizione, i gomiti puntati sul materasso, le gambe distese e lo sguardo rivolto verso un punto preciso dell'armadio.

Mi alzo quasi di fretta, aprendolo.

Frugo un po' fra i vari oggetti abbastanza inutili fino a che non trovo il mio gioiello: la mia macchina fotografica.
Me n'ero completamente dimenticato! Miseriaccia.

Rimango in piedi a contemplare le foto scattate prima del trasferimento

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Rimango in piedi a contemplare le foto scattate prima del trasferimento.

Una delle quali ritrae me, mia madre e mio padre sorridenti in piedi accanto all'albero di Natale, con dei doni dai colori vivaci in mano.
Mio padre porta un buffo naso da clown, mentre mia madre ha un cappello di natale in testa.

Io ho un'espressione poco intelligente sul volto, chiunque mi vedesse direbbe sicuramente "ma questo è rincoglionito?"

Sorrido, ricordando di quando feci cadere il vino sul vestito bianco di mia zia durante il pranzo. A quei tempi non si era ancora sposata con John, quindi era impossibile fare la conoscenza di Levi.
Lo conobbi due anni dopo a scuola. Ma dopo la fine delle medie, non l'ho più visto. Probabilmente si sarà trasferito subito qui, insieme a mia zia e suo padre.

I momenti delle medie si fecero spazio nella mia testa: non avevo amici, ma non perché ero asociale, ma perché preferivo non aver niente a che fare con quelle z**cole delle mie compagne di classe e con quei coglioni dei ragazzi.

La mia unica amicizia era la mia macchina fotografica.

La ripongo accuratamente sul comodino, e scendo le scale per prendere un bicchiere d'acqua.
Sento la porta d'ingresso aprirsi e procedo tranquillo verso il salotto, per stendermi sul divano e guardare con tranquillità qualche programma interessante in televisione.

Purtroppo però, una volta varcata la porta della cucina, vado addosso a Levi, facendo cadere il bicchiere che si schianta sul mio piede.

Urlo un'imprecazione, mentre vedo il sangue uscire dalle ferite causate dal vetro rotto del bicchiere.
Corro in bagno zoppicando, e una volta dentro afferro il disinfettante e un po' di cotone da applicare sulle ferite.

Gemo dal dolore, mentre Levi è fermo sulla porta a guardarmi.

Si avvicina, prendendo da una mensola delle pinzette, ed inizia a togliere accuratamente i frammenti di vetro infilzati nel mio piede.
È così delicato che quasi non sento dolore, ma solo il suo respiro caldo sulla pelle.
Poi prende del cotone e ci versa sopra il disinfettante, iniziando a passarlo sopra alle ferite, fortunatamente non troppo grandi.

-Sei un disastro, Eren.- dice fra sé e sé, sorridendo.

Sorrido di rimando, pensando lo stesso.

Doppio aggiornamento. Non ho idea di cosa mi stia accadendo ma sono carichissima e vogliosa di scrivere stasera
NON PENSATE MALE, PERVERTITEH!

Non credo sia l'ultimo capitolo per stasera.

In ogni caso,

#Conosciamoci!

Qual è il vostro colore preferito?

Do you remember me?→EreriNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ