capitolo 44.

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bussavano alla porta ero sola, di nuovo la stessa casa, lo stesso temporale.
mi avviai alla porta per aprire.. di nuovo lui mi affrettai a richiuderla, ma sbatteva i pugni ripetutamente, avevo paura mi accasciai in un angolo della casa a rinchiudermi in me stessa.
la porta si aprì, eccolo si avvicinava a me.

"bambolina, ti sono mancato?" disse con un ghigno accarezzando la mia guancia.

"c-chi sei?" domandai impaurita.

"lo scoprirai presto, bambolina." rise nervosamente alzandomi da terra con uno strattone.

mi buttò addosso al muro e si attaccò a me, facendo scorrere le sue mani sul mio corpo.

restavo immobile, non riuscivo a fare niente era più forte di me.

d'improvviso sentì in lontananza la voce di alessio che mi richiamava, e tutto intorno a me che scompariva.

aprì gli occhi spaventata, stringevo fortissimo la mano di alessio mentre lui cercava di tranquillizzarmi.

portai le braccia tremanti intorno al suo collo, attaccandomi a lui come se fosse uno scudo, un qualcosa che potesse proteggermi.

senza dire niente mi prese in braccio e mi portò nel suo letto aggiustandomi perfettamente le coperte.
guardai ogni suo movimento fino a che non senti il suo braccio attorno al mio bacino e il suo fiato sul mio collo.

——

un raggio di sole si posò sul mio viso, aprì lentamente gli occhi ritrovandomi bloccata dalle enormi e possenti braccia di ale.
rimasi incantata a fissare i suoi tatuaggi ed a tracciare con le dita i contorni di essi.
alessio si svegliò e sorrise non appena alzai lo sguardo verso di lui.

"scusa, non volevo svegliarti."sussurrai.

"tranquilla, tu invece come stai?" chiese spostandomi i capelli dal viso.

"meglio."

sorrisi e mi alzai dal letto chiudendomi in bagno.
tolsi il pigiama e mi infilai velocemente nella doccia, una volta uscita indossai l'intimo e un paio di jeans strappati alle ginocchia e una camicia a scacchiera bianca e nera.
mi truccai leggermente ed uscì dalla stanza.

uscì di casa e mi incamminai con passo svelto verso la scuola dove a mia sfortuna incontrai l'ultima persona che avessi voluto vedere.
evitai ogni tipo di contatto visivo e sorpassai vari ragazzi che mi guardarono in modo strano, prendendomi per pazza.

la campanella fu a mio favore dato che suonò appena arrivai vicino al cancello.
mi diressi al mio banco aspettando ansiosa l'arrivo di valeria che doveva raccontarmi la serata passata con il suo moroso.

fece rientro la professoressa di filosofia e fu allora che mi resi conto che sarebbe stata un'ora di noia assoluta, valeria neanche c'era.
la professoressa iniziò a spiegare e per passare il tempo iniziai a scrivere delle cazzate sul banco o a fare dei disegnini.

l'ora passò e dopo di essa ci fu quella di educazione fisica, arrivati in palestra notai la classe di emanuele.
' bene, non poteva andare meglio.' pensai
decisi di non farla inventando di aver preso una botta al ginocchio.

"siamo due destinati a mancarci. - Alessio bernabei."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora