Capitolo 12

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Amber arrivò all'appuntamento con Nick al bar con venti minuti di ritardo; aveva passato la notte in bianco, e solo verso le 9 del mattino era riuscita a dormire per un paio d'ore, senza che altri incubi la tormentassero. Si era data una sistemata frettolosa ed era andata alla ricerca del bar, trovandolo poi dopo un lungo vagabondare.
-Non potevi scegliere un posto più facile?- gli chiese lei, sedendosi al tavolino di fronte a lui.
Nick scrollò le spalle -Non posso permettermi che ci vedano insieme-.
Lei rise -Che c'è, hai paura che qualcuno pensi che tradisci la tua ragazza con me, cacciatore?- allungò una mano verso di lui e la posò sulla sua, ma lui l'allontanò immediatamente.
-Sono un Grimm- sbottò lui -E per piacere, parla a bassa voce. Non voglio che ci sentano-.
Amber alzò le mani come segno di resa -Come ti pare. Allora, perché volevi parlarmi?- domandò, ricordando il vero motivo per cui si erano incontrati.
Nick non riuscì a rispondere perché in quel momento una cameriera con un grembiule azzurro si avvicinò al loro tavolo; l'uomo ordinò per sé un caffè nero, mentre Amber prese una birra ghiacciata. Non tentò nemmeno di iniziare a parlare, perché la ragazza fu immediatamente di ritorno con le loro ordinazioni che posò con un sorriso sul tavolo. I due fecero un cenno di ringraziamento, poi aspettarono finché non si fu allontanata.
-Allora?- lo incalzò lei, bevendo un sorso di birra -Si può sapere che vuoi?-.
-Ho bisogno del tuo aiuto- disse lui in un soffio.
Amber quasi si strozzò con la birra; tossì un paio di volte, poi riprese a parlare -Tu vuoi un aiuto da me? Questa sì che è bella!-.
Nick lasciò che si sfogasse prima di riprendere in filo del discorso -Senti, nemmeno a me piace questa storia, ma a questo punto non ho altra scelta. Se voglio uccidere questo Wesen, ho bisogno di qualcuno che sappia cosa sta facendo-.
-Allora hai trovato la persona giusta, cacciatore- gli fece l'occhiolino, appoggiandosi allo schienale della sedia -Che devo fare?-.
L'uomo era sul punto per ribadire per l'ennesima volta che lui era un Grimm, ma alla fine decise di lasciar perdere e passare a cose più importanti -Ho letto nei miei libri che questo Steinkind può essere ucciso strangolandolo...- disse, incerto su come proseguire.
-Ma...?- chiese lei, intuendo che non poteva essere così semplice.
Nick sospirò, preparandosi al peggio -Ma si può fare solo mentre sta uccidendo- sbottò velocemente.
Amber non disse nulla; continuò a sorseggiare la sua birra con gli occhi fissi in quelli dell'uomo -Mi stai chiedendo di farmi ammazzare per far fuori quel... coso?- disse infine senza tradire alcuna emozione dal tono di voce.
-Non esattamente... Diciamo piuttosto che saresti adatta come esca-.
Lei continuò a guardarlo senza pronunciare una parola; i suoi grandi occhi verdi erano del tutto privi di espressione, e sembravano soltanto un pozzo senza fondo. Nick iniziò a sentirsi a disagio; non gli piaceva essere osservato a quel modo, soprattutto da una ragazza di soli venticinque anni.
-D'accordo- disse lei alla fine, poggiando sul tavolo il suo boccale di birra vuoto.
-Come... d'accordo?- l'uomo non era sicuro di aver capito bene.
-Sei sordo per caso? Ci sto, ti aiuto- sbottò infastidita e, detto questo, si alzò e lasciò cadere un paio di biglietti da un dollaro -Ci vediamo questa sera per la caccia-.

Erano ormai le undici di sera, e a Portland sembrava tutto tranquillo. Per strada il traffico era ormai del tutto assente, e il vento soffiava leggero nelle vie deserte, alzando con il suo tocco vecchie foglie e brandelli di giornali. Era una tipica notte di metà settembre. Nick e Amber erano seduti nell'auto di lui, aspettando il momento opportuno per agire; avevano già messo a punto i dettagli del piano, e adesso erano lì in silenzio, mentre lei giocherellava con il diamante che doveva attirare il Wesen.
-Devo farti una confessione- fece Nick a un certo punto, interrompendo il silenzio che regnava sovrano nell'auto.
Amber si voltò verso di lui -Sarebbe a dire?-.
Fece un respiro profondo -Oggi, prima di chiederti di aiutarmi, ho fatto delle ricerche su di, sul tuo passato- andò a cercare i suoi occhi, e di nuovo li trovò freddi e privi di espressione -Non è che sia interessato a te... E' solo che volevo essere sicuro di potermi fidare- si affrettò ad aggiungere poi.
Passò un lungo minuto di silenzio prima che lei riprendesse a parlare -Lo hai fatto perché sono per metà mostro? Perché quelli come me mentono sempre?-.
-Oh no... Ma il fatto è che mi sembrava tutto talmente assurdo...-.
-Ma è tutto talmente assurdo da essere vero- il suo tono virò vagamente al rimprovero, poi si addolcì un po' -Beh, non me ne importa. Puoi fare quello che vuoi durante il tuo orario di lavoro- tornò a guardare fuori dal finestrino, con tutti i sensi in allerta.
Nick non sapeva cosa pensare; credeva che gli avrebbe gridato contro, che gli avrebbe dato del ficcanaso e che, magari, lo avrebbe pure aggredito come aveva fatto con Monroe.
Tentò di riprendere il discorso, ma lei lo zittì; si sporse leggermente in avanti e iniziò a respirare in un modo strano, a intervalli brevi e veloci, e le sue labbra si schiusero appena, come se fosse pronta a saltare alla gola a qualcuno.
-E' qui vicino, lo sento- disse lei alla fine, continuando a respirare in quel modo.
Nick la osservò per un momento -Sembri un cane da tartufo quando respiri così-.
Non stette nemmeno ad ascoltare; tutto il suo corpo e i suoi sensi erano concentrati su quella traccia che era riuscita a captare e che si stava avvicinando.
-Credo che abbia percepito che abbiamo noi il diamante- disse lei, aprendo lo sportello -Io vado, tieniti pronto- detto questo, richiuse la portiera con un colpo secco e iniziò a incamminarsi come se stesse facendo una passeggiata.
Un centinaio di metri più avanti, da una stradina laterale uscì una piccola figura scura; sembrava un bambino di dieci anni, con i capelli e gli occhi scuri e un'espressione determinata in volto. L'odore del suo sangue pizzicò le narici di Amber, che si fermò di fronte a lui per niente impressionata.
-Ti sei perso?- gli chiese lei, tenendo in mano il diamante, sapendo che non avrebbe resistito alla tentazione di sottrarglielo.
Lui evitò la domanda, attratto dalla piccola pietra scintillante con cui lei stava giocherellando -Quello è mio- disse la sua voce profonda, del tutto inadatta a una figura così minuta.
-Non credo proprio- replicò lei, mettendoselo in tasca -Non sono giochi per bambini questi-.
-Io non sono un bambino- la sua figura si trasformò e divenne fuoco puro, dentro cui si vedeva appena l'ombra dell'essere che l'animava.
Amber reagì in un batter d'occhio; si voltò e iniziò a correre più che poteva, sentendo dietro di sé il calore del fuoco e lo scricchiolio del cemento che si tagliava. "E' bastato davvero poco per farlo incazzare" pensò, passando davanti all'auto di Nick e facendogli cenno che la seguisse.
Lo sforzo era grande, ma lei era ben allenata, e non le era nemmeno venuto il fiatone quando raggiunse il suo obiettivo. La strada che aveva imboccato era un grande viale alberato su entrambi i lati leggermente in pendenza che arrivava fino al fiume.
Si guardò alle spalle e, oltre la cortina di fuoco, vide Nick che la stava seguendo; continuando a correre, vide davanti a sé il punto perfetto per l'imboscata. Fece un salto di prova, poi, un centinaio di metri più avanti, spiccò un balzo più grande, e riuscì ad afferrare il ramo più basso di un acero che si protendeva sulla strada. Rimase così a penzoloni e guardò in giù, verso il fuoco che si era fermato; qualche secondo più tardi, però, le fiamme iniziarono a propagarsi sul tronco, e poi sui rami.
-Ora!- gridò Amber, senza mollare la presa e con il fuoco che le lambiva le dita.
Nick, che era sceso dall'auto non appena aveva visto Amber fare il primo salto come d'accordo, tirò fuori una corda e la passò intorno al collo dell'ombra di fuoco che era rimasta ai piedi dell'acero. Le fiamme dapprima impazzirono, poi lentamente iniziarono a ritirarsi, finché non rimase che il corpo senza vita del bambino.
Amber si lasciò cadere a terra, con le nocche delle dita leggermente arrossate per le bruciature, e tossì un po' per il fumo della combustione del tronco che si era annerito.
-Stai bene?- le chiese Nick, un po' preoccupato.
-Certo- rispose lei, soffiando sulle mani -Sei stato bravo-.
-Anche tu- ammise lui -Bella idea quella dell'albero. In un certo senso stava uccidendo quello-.
Lei alzò le spalle -Credevi davvero che ti avrei permesso di farmi ammazzare, Grimm?- detto questo si voltò e se ne andò, senza più guardare indietro.
Nick la guardò allontanarsi con un sorriso: era la prima volta da quando la conosceva che l'aveva chiamato nel modo giusto


Il Grimm e la CacciatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora