2/3

328 15 2
                                    


Niall finisce il suo panino come se fosse il primo dopo un lungo digiuno. Ha comunque la decenza di pulirsi la bocca piena di salsa col fazzoletto, prima di parlare. Beve un lungo sorso di Coke e poi "Peccato – esclama dal nulla – Mi mancherà far credere alla gente di essere il tuo ragazzo"
Connie ha il pollo infilzato dalla forchetta a mezz'aria, si guarda intorno nella mensa rumorosa della scuola e non capisce. Sta parlando con lei?
"Non fare quella faccia, Connie – ribatte subito il suo migliore amico, colpendosi il petto forte come se non riuscisse a mandare giù quel mostro di panino che ha appena divorato – Sono un ragazzo, ma non sono stupido. L'intera Inghilterra è convinta che io sia il tuo fidanzato, quello che porti ovunque. Adesso che c'è Louis-"
"Adesso che c'è chi?"
"Oh, non fare la finta tonta! – Niall ride, come per prenderla in giro – Quello che c'è stato a casa del Portiere-Payne è solo l'inizio"
"L'inizio della tua malattia mentale, Niall – Connie scuote la testa con esasperazione e appoggia il gomito sul tavolo rettangolare che è ormai la loro postazione – Non è successo nulla. Siamo solo due persone normali che stanno imparando a conoscersi"
Il ragazzo sbatte le ciglia chiarissime e incrocia le braccia sulla camicia bianca della divisa: "E ti sembra poco? Due mesi fa non potevi neanche vederlo! Gli hai dato un'opportunità, hai pianto davanti a lui. Questo lo consideri nulla?"
"Odio quando fai così" sbuffa Connie dopo qualche secondo di silenzio, irritata da tutta quella verità affilata.
Niall ride divertito e "Tu odi quando ho ragione – ribatte, mellifluo – Sei fortunata però, non capita quasi mai"




Il telefono collegato alla sua Range Rover nera squilla tra i sedili in pelle scura, facendo abbassare in automatico Girs Just Wanna Have Fun di Cyndi Lauper. Connie sobbalza e smette di battere le mani sul volante, si schiarisce la voce e clicca sul tasto dello schermo della radio, senza individuare il numero che la sta chiamando.
"Pronto?" risponde, fermandosi all'ennesimo semaforo.
Ecco perché odia andare a scuola in macchina, è esasperante Manchester alle quattro e mezza di pomeriggio.
"Nena, mi amor! – si sente subito all'interno dell'auto – Còmo estas?"
"Louis? – esclama, con gli occhi spalancati e la voce incredula – Chi diavolo ti ha dato il mio numero?"
Non è assolutamente arrabbiata, certo. È solo sorpresa. Contenta, anche.
"Quell'incantevole donna di tua madre, nena – spiega il ragazzo con voce orgogliosa, il sorriso che affiora tra le vocali – Che si è anche lasciata sfuggire questa meraviglia di soprannome. L'ho googlato, sai? 'Nena'. Vuol dire-"
"Vuol dire 'piccola' in spagnolo, lo so, Louis – lo interrompe, scuotendo la testa e ricominciando a guidare – Sono per metà spagnola, ricordi?"
"Giusto, giusto"
Connie riesce finalmente a imboccare la strada per la campagna senza ulteriori interruzioni, si morde il labbro con forza e pensa a qualcosa di giusto da dire. Dio, da quanto è diventata così taciturna?
"Hai chiamato a casa mia?" domanda quindi, stupidamente.
"Mh mh. Pensavo di trovarti lì, invece mi ha risposto tua madre. Mi ha detto che eri a scuola e cazzo, non credevo fossi così piccola da andare ancora al liceo! Pensavo studiassi all'università o cazzate simili"
"Università o cazzate simili – lei ripete lentamente – Hai una bella considerazione dell'ordinamento scolastico"
Louis scoppia a ridere: "Oh, andiamo! Sono stato cacciato da tre licei per cattiva condotta eppure guadagno più di tutti i miei professori. Insieme. Direi che è un buon traguardo, no?"
"Come vuoi tu"
Connie non la pensa così, non è stata educata in questo modo. Tuttavia non ha voglia di discutere, non ha voglia di lanciare altre frecciatine. Vuole solo sentirlo parlare.
"Stai guidando? Devo richiamarti?" Louis domanda qualche istante dopo, più seriamente.
"No, tranquillo. Dimmi"
La strada è quasi deserta se non per le solite macchine grosse e costose come la sua che ingombrano tutto l'asfalto. Lui tace per diversi secondi e Connie dentro di sé pensa alla sfumatura dei suoi occhi mentre cerca le parole, al modo in cui le sue labbra sottili si increspano, così come la fronte alta.
"Giovedì sera. C'è una cena di beneficenza al Conference Centre. Ti andrebbe di venirci?"
"Come un appuntamento?"
"Scommetto che non vedevi l'ora – allude maliziosamente, facendola sbuffare forte – A ogni modo, puoi vederlo come un appuntamento o come un grosso aiuto a favore del Terzo Mondo"
"Devo pensarci" gli risponde allora Connie, accelerando appena.
I denti pungono il labbro inferiore e i suoi pensieri le stanno facendo perdere la concentrazione.
"Che c'è, sole? Hai paura di farti vedere in giro di nuovo con me? Con il cattivo ragazzo?" Louis scherza, ma il tono che usa nasconde una traccia di rabbia accesa.
"Sono una donna impegnata, a differenza tua – si difende Connie prontamente – Devo controllare la mia agenda"
Lo sente ridere sommessamente. Sorride a sua volta.
"Fammi sapere però – dice ancora Louis – Non vorrei ritrovarmi a chiederlo a mia madre. O peggio, ad Harry"
La ragazza ride, avvista da lontano la siepe alta che circonda casa sua e inizia a rallentare piano.
"Non hai una schiera di ragazze che muoiono per te? Che razza di calciatore sei?" lo provoca.
"Io ho occhi solo per te, nena" soffia lui dolcemente, prima di riagganciare all'improvviso e lasciarla sola a sorridere e arrossire.


~



Ovviamente partecipa.
Elsa è talmente orgogliosa di lei da avere le lacrime agli occhi. Le fa indossare uno degli ultimi completi della sua collezione ancora non in vendita e si premura di contattare i suoi truccatori e parrucchieri di fiducia.
"Sono proprio orgogliosa di te, mi amor" continua a dirle, che è un po' come: "Stai andando avanti. Ci stai riuscendo"
L'auto di Louis arriva alle sei in punto, facendole tremare le ginocchia fasciate da un paio di pantaloni dritti e neri che si fermano appena sopra il tacco dodici dello stesso colore.
Louis indossa un completo blu metallizzato con una camicia bianca dalle ultime asole sbottonate. Dai sedili posteriori dell'Audi la osserva con un sorriso indecifrabile per qualche secondo, finché Connie non sbatte la portiera, si siede e "Beh?" sbotta, leggermente a disagio.
Il ragazzo si morde la nocca dell'indice, la macchina prende a muoversi e lui ridacchia appena: "Sai una cosa, nena? Tu mi stupisci sempre di più"
Connie respira forte e ringrazia lo strato di blush che ha sulle guance che impedisce al suo rossore naturale di mostrarsi. Invece aggrotta le sopracciglia e "Perché mi sono vestita elegante per una serata di beneficenza? Anche tu sei elegante ma non c'è bisogno di meravigliarsi così tanto"
Louis alza gli occhi al cielo, si passa una mano tra i capelli liberi dal gel e sorride scuotendo la testa. "Lascia perdere – le dice – Siete donne. Non potete capirle certe cose"
Connie invece sbuffa, ma decide di mordersi la lingua, è troppo nervosa e sa che parole sbagliate, in momenti come questi, potrebbero rovinare la situazione.
"Domani vai a scuola?"
"Come scusa?"
"Andiamo, nena! – esclama Louis esasperato – Non rendere le cose ancora più imbarazzanti"
Lei non riesce a trattenersi: si copre la bocca e scoppia a ridere forte. "Tu sei imbarazzato?"
Il ragazzo rotea gli occhi resi grigi dalle luci artificiali, si appoggia con la fronte al finestrino e "Donne – sospira sconsolato – Non capirete mai"




Finiscono seduti insieme a Zayn Malik, il cantante r'n'b che passa sempre in radio, e Simon Cowell, il produttore discografico che sua madre Elsa odia come giudice di X-Factor.
La serata è tipicamente noiosa, ma Louis ha il potere straordinario di farla ridere con uno sguardo. Continua a muoversi sulla sedia con insistenza, come se non aspettasse altro che saltare su quel tavolo costosamente apparecchiato e animare i continui monologhi che dal piccolo palco allestito continuano ad arrivare tramite microfono.
Connie mangia tutto ciò che le viene servito nonostante il suo disprezzo per la carne al sangue: sua madre le ha insegnato anche a non lasciare nulla, specie alle cene di beneficenza.
Louis si scioglie con l'andare avanti dei minuti, mormora battutine che fanno ridere i loro commensali con le rispettive compagne e Connie alza appena gli occhi al cielo e si sorprende nel ritrovarsi e "Scusatelo – dire – è un bambino"
Si sorprende perché ne sente quasi la necessità, come una donna che si scusa per i comportamenti infantili del proprio uomo, con il sorriso sulle labbra di chi ha già scelto di scusarsi per molte altre volte ancora.
Quel pensiero le scalda il cuore e fa anche tanta paura.
Il pancione della moglie di Cowell è più che visibile sotto al suo vestito pervinca lungo fino ai piedi, lei continua a ridere a bassa voce con Simon e insieme sembrano felici nonostante il monologo che sta andando avanti ormai da qualche minuto.
Zayn Malik e la sua compagna – Connie crede si chiami Perrie, ma non è del tutto sicura – invece sono molto più contenuti. O meglio, lui lo è. Lei non fa altro che ridere alle battute stupide di Louis e a elogiare Zayn.
"È stato scoperto mentre faceva un graffito, non è pazzesco? – ha esclamato a un certo punto – Voglio dire, quale persona al mondo infrange la legge fischiettando per poi firmare un contratto discografico?"
Concluso un lungo applauso, il telefono di Connie vibra accanto al suo piatto.
È Niall.
"Tu e Tommo avete appena fatto impazzire tutti i giornali del Regno Unito! Gran bel vestito!"
"Quel biondino..."
Lei alza la testa di scatto, Louis la sta guardando con le sopracciglia inarcate e l'espressione incerta. La stava spiando?
"Quel biondino – le ripete – è il tuo, uhm, ragazzo?"
"Certo che no – esclama Connie – Siamo solo amici"
Louis arriccia le labbra e annuisce lentamente, senza aggiungere altro.
Perrie, intanto, si allunga verso l'orecchio bucato di Zayn e "Credevo che loro due stessero insieme!" mormora, concitata.



Il parco del palazzo del Conference Centre è in stile strettamente francese, le scalinate di pietra s'affacciano direttamente sulla fontana ovale e grazie al silenzio della sera si riescono a sentire le cicale che in mezzo al prato riempiono il silenzio.
Connie si è seduta sul corrimano che affianca la gradinata, ha le gambe incrociate e un sorriso stanco ma sincero.
La cena non è ancora terminata, ma al quinto bicchiere di vino italiano, Louis ha detto di aver bisogno aria fresca e lei ne ha semplicemente approfittato per sgranchirsi le gambe.
"Raccontami qualcosa"
Gira la testa per osservare il ragazzo appoggiarsi con il gomito sulla pietra, come per mettersi comodo.
"Su cosa?" gli domanda.
Lui scrolla le spalle e grazie alla luce che proviene dall'interno, i suoi lineamenti sembrano ancora più scolpiti. "Su di te"
Connie non capisce il perché di quella richiesta, eppure acconsente lo stesso: anche Niall quando beve inizia a chiedere quel genere di cose.
"Dunque – inizia, con un sorriso – Mi chiamo Connie Estela Marìa Johnson e ho quasi diciannove anni. Sono nata a Barcellona per volere di mia madre e prima di trasferirsi in Inghilterra, la mia famiglia ha vissuto a Milano"
Louis fa un verso schifato: "Quegli stronzi degli italiani...Sai, mio nonno non ha mai perdonato Johnson per aver accettato di allenare il Milan. Fortunatamente ha ritrovato la diritta via"
Connie ride appena, poi continua: "Mia madre è una stilista di fama mondiale, fino a dodici anni mi ha fatto prendere lezioni di portamento. A cinque anni mi ha portata per la prima volta sulla passerella della New York Fashion Week e da allora mi ha sempre educata a far vedere il lato migliore di me. Non ho problemi a stare davanti a centinaia di fotografi ma odio i test di matematica, mi fanno letteralmente venire le crisi di panico. Non mi lamento, comunque. Ho conosciuto tanti miei coetanei molto più famosi della mia famiglia e ogni giorno ringrazio Dio solo sa cosa per non essere così viziata e povera. Non mi piace guidare, odio guidare. Lo faccio solo quando sono arrabbiata o in ritardo, ma non sono quasi mai in ritardo, mia madre dice che è una delle cose peggiori che si possa fare. Il mio colore preferito è il bianco e vorrei fare l'università a Boston e studiare letteratura latina e greca. Sono un metro e sessantacinque e appesa alla mia camera c'è una foto di una me quindicenne al fianco di Cristiano Ronaldo"
"Sì – Louis ride – Anche nella mia"
Anche Connie scoppia a ridere, prende fiato e strizza gli occhi. È leggera, spensierata, il clima del viaggio in macchina è completamente dimenticato da entrambi.
"Tocca a te" gli dice poi, nella voce la speranza che lui riesca ad aprirsi nello stesso modo.
Louis non sembra pensarla così, si sposta i capelli dalla fronte e si morde il sorriso in modo accattivante. Si avvicina lentamente, senza smettere di guardarla. Non si definiscono i colori, ma il suo sguardo ha comunque il potere di spaventarla. Appena appena.
"Qualc0sa su di me? – borbotta – Beh, penso che tu sia molto bella, stasera"
Il petto s'infiamma, Nars copre il rossore alle guance e Connie fa finta di niente, di certo non gli dice quanto le faccia piacere saperlo. È abituata, in qualche modo, ai complimenti. Ma lui è Louis, no? E glielo ha già detto e forse lo pensa davvero.
"L'alcool ti dà veramente alla testa" ridacchia, scuotendo la testa.
Lui si stropiccia gli occhi e fa un respiro profondo, drizzando le spalle. "Già, forse hai ragione" mugugna, tornando a guardarla.
"Vuoi che chiami qualcuno? – la mano di Connie corre in modo involontario sul suo volto freddo – Sei sicuro di stare bene?"
A quel punto, non ha nemmeno il tempo materiale di assimilare quel contatto che le labbra di Louis stanno divorando le sue con un'insistenza destabilizzante. Le sue mani le stanno stringendo forte il viso e la sua bocca scava con desiderio, alla ricerca di una risposta che arriva qualche secondo dopo, quando Connie scopre di desiderarlo con la stessa disperazione con cui Louis la sta baciando, la stessa intensità.
Le sue dita si aggrappano al tessuto costoso del blazer nero, tremando per l'emozione.
Da quanto non si sentiva così assurdamente in bilico? Così esposta, così nuda? Da quanto tempo non veniva toccata con tanta foga, non sentiva quella tempesta dentro?
Louis le respira addosso e sa di alcool pregiato e pensieri fusi, annebbiati dai brividi. Sorridono denti contro denti, vicini che quasi si uccidono a vicenda.
Connie è felice.
"Scusa per la giacca"
Louis le ride sulla guancia, poi gliela bacia.
E dannazione!, aveva ragione Niall.


Quando torna a casa, con il rossetto ormai cancellato del tutto e le labbra gonfie di dolcezza, Connie bussa piano allo studio di suo padre.
"Buonanotte, papà. Ti voglio bene"

Fever pitchWhere stories live. Discover now