Capitolo 2

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-La seconda volta che entrai in quel negozio fu esattamente una settimana dopo; non ti racconterò quello che successe tra un incontro e l'altro perché non ne varrebbe la pena, lui non c'era.
Dissi a mio padre di aver trovato un locale che mi piaceva di più di quello dove andavamo di solito. Non mi stava ascoltando, era già ubriaco. Me ne andai direttamente avendo già con me dei soldi. Comunque non andai direttamente lì, mi fermai in un bar e bevvi una birra. Pensavo che l'alcol mi potesse sciogliere, aiutarmi a parlare, invece mi riempì la bocca di un sapore amaro.
La musica era più bassa della volta precedente. Entrando me lo ritrovai davanti, stavolta aveva i capelli liberi sulle spalle. Qualcuno lassù mi odiava; mi odia ancora, considerando i trascorsi.
'Ethan. Mi chiamo Ethan.' Non so se fosse colpa delle luci ma vidi i suoi occhi brillare.
'Bene, Ethan, ho quello che cercavi.'
Disse il mio nome sorridendo, quasi compiaciuto di sè per averlo scoperto.
Sparì sotto a bancone, tornando poi su con un pacchetto piatto e sottile di carta marroncina. Mi avvicinai per vedere meglio quale degli album mi avesse preso. Lo aprì lentamente, mi venne voglia di levarglielo dalle mani e strappare la carta in modo brutale.
L'incarto rivelò una copia in vinile delle musiche orchestrali della serie di videogiochi The Legend Of Zelda, creata per il 25esimo anniversario del gioco. L'orchestra era diretta da Koji Kondo. Presi ad accarezzare la copertina, era un album rarissimo, la Nontendo aveva pubblicato la versione in CD vendendola con la versione limitata di un videogioco della serie che dovevo ancora comprare.
'Come hai fatto a trovarlo?'
Non staccai gli occhi dal disco mentre glielo domandavo, ero fottutamente rapito.
'Amicizie e una buona dose di fortuna. Va bene?' Sembrava quasi preoccupato. Me lo ricordo perché usò quel tono anche il giorno prima del... bhe lo sai, dopotutto sono qui per questo.
'Se 'Va bene'?! Cazzo se va bene!' Mi guardò divertito mentre alzavo gli occhi per incontrare i suoi, più scuri dei miei. Arrossì involontariamente fino alla radice dei capelli.
'Scusa...' Abbassai nuovamente lo sguardo, maledicendomi silenziosamente.
'Sei carino quando sei imbarazzato.'
Lo guardai poggiare i gomiti sul bancone di legno chiaro che ci separava e posare il mento sul palmo aperto della mano destra, non staccò gli occhi da me neanche un secondo.
Balbettai un 'Non è vero... comunque, hai intenzione di dirmi il tuo nome o no?' mentre volgevo li sguardo agli scaffali stracolmi, arrossendo più di prima.
'No, non ancora almeno. Prima' scavalcò il bancone con un salto, i capelli fluttuarono in aria come liane in una giungla, tanto erano verdi 'devo provare una cosa.'
Era a pochi centimetri da me, sentivo il suo cuore battere all'impazzata. Per guardarlo dovetti alzare lo sguardo, era più alto di me nonostante le mie platform. Intrecciai le dita nel filo delle cuffiette che tenevo in mano, le avevo tolte entrando e mi erano rimaste nel palmo.
'C-Cosa devi provare?' Non so dire se fossi più spaventato o più curioso.
Si abbassò verso di me, i gioielli dei piercing alle labbra sfiorarono il mio orecchio. Io ero immobile, paralizzato sul posto.
'Voglio convertirti alla mia musica.'
Feci un passo indietro, ridevo.
'Impossibile, ci hanno già provato.'
Mio padre aveva provato tante volte a farmi ascoltare rock e quant'altro, ma non è mai riuscito a farmelo piacere. Ogni volta che finivamo una 'sessione', come le chiamava lui, diceva la frase 'I veri uomini non ascoltano musica classica, Ethan.'
Non sarebbe riuscito a convertirmi, o almeno così pensavo. Ancora ascolto le canzoni che mi ha consigliato, pensa un po'.
'Sarebbe più probabile che io riuscissi a convertire te alla mia musica.' Risi alle mie stesse parola, mi guardò storto.
'Forse non ti hanno fatto ascoltare le cose giuste. Aspetta qua.'
Sparì tra li scaffali.
Mi sedetti tenendo le gambe penzolanti sul bancone, era pieno di scritte e disegni.
'Hai un giradischi a casa, vero?' Era dall'altra parte del negozio e dovette urlare per assicurarsi che avessi sentito.
'No, i vinili li compro solo per ammirarli. Ovvio che ho un fottuto giradischi.' Era una domanda stupida.
'Okay darling, ma non scaldarti.' Il fatto che non fisse con me era solo un miracolo, ero arrossito come mai prima di allora. Sapevo in modo conscio che l'aveva detto solo per prendermi in giro, ma comunque aveva il suo effetto.
Tornò con un pacco di vinili.
'My Chemical Romance - The Black Parade, un classico. Troye Sivan - Blue Neighbourhood, artista emergente molto buono. Green Day - American Idiot, band immortale. Fall Out Boy - Save Rock and Roll, a tutti piacciono i Fall Out Boy. Panic! At The Disco - I Write Sins Not Tragedies, questo è un singolo. E per finire Twenty One Pilots - Blurryface, sublimi.'
Me li posò in braccio con un sorriso sulle labbra.
'Tutti questi?! Non credo di avere abbastanza soldi per comprarli tutti.' Mi gurdai le mani, sapendo di non avere abbastanza soldi con me, li avevo solamente per Koji Kondo.
'Non avevo intenzioni di farteli pagare, sai? Te li presto, la prossima volta che vieni me li riporti e mi dici quale di questi artisti ti è piaciuto di più e quale di meno.' Copiò le cifre dei codice a barre su un posti-it, scrisse 'Ethan' e lo attaccò alla cassa, si girò verso di me e mi sorrise.
'E cosa ti fa pensare che tornerò?' Cercai di essere antipatico, fallendo miseramente.
'Per lo stesso motivo per cui sei tornaro oggi. Non sia il mio nome.'
Si avvicinò più di prima, riuscivo a sentire il suo profumo.
'Non vale.' Misi su una specie di broncio, non era giusto seriamente.
'Il tipo di musica che ho scelto per te varia dal Punk al Indie-Pop per finire con una buona dose di Emocore. Sembri molto emo, quindi magari ti piace.'
Ero così sorpreso.
'Non sembro emo!' Sembravo un moccioso che si lamentava di non aver ricevuto il gioco che voleva per natale.
'Entrambe le volte che sei venuto qui eri vestito di nero, a maniche lunghe, con le cuffiette attaccate con la colla e con i capelli davanti agli occhi. Racconta a qualcun altro che non sei emo.' Detto questo mi spostò i capelli dalla fronte, le sue mani erano fredde a contatto con la mia fronte calda per colpa del rossore.
Di colpo mi levò gli occhiali, d'istinto chiusi gli occhi.
'Ridammeli.' Non avevo la minima intenzione di aprire gli occhi senza i miei occhiali, ero e sono altamente miope. Non riesco a stare senza occhiali, arriverò a farmici seppellire.
'Cosa sei? Presbite?' Si era messo i miei occhiali, lo sapevo.
'Miope. Rimettimeli.' Continuavo a non voler aprire gli occhi. Stare senza occhiali in quelche modo mi indeboliva.
'Sono qui davanti a te, non hai bisogno degli occhiali per guardarmi. Apri gli occhi.' Stava usando un tono di voce da mamma, supponevo, mia madre non si è mai fatta viva.
'Non ci penso nemmeno.' Strinsi gli occhi abbassando la testa. Era così vicino, se ci ripenso mi vengono i brividi. Ecco, li vedi? Non dovevo venire in maniche corte, ma è una sua maglietta. Anche il giacchetto di pelle è suo, sono giorni che non me ne stacco. Comunque, con tutti gli occhi chiusi lo vedevo, vedevo il modo in cui mi guardava.
Con una mano mi toccò lievemente sotto il mento, invitandomi ad alzare la testa. Lo accontentai. Lasciai la sua mano vagare sul mio viso ormai privo di ogni barriera. I muscoli del mio viso si rilassarono automaticamente, non riuscii a fermarli. Distesi le spalle mentre involontariamente dischiudevo le labbra per lasciare un sospiro.
'Dio, Ethan.'
Mi riscossi. Aprii gli occhi di scatto e lo spinsi, cercando di allontanarlo.
Cominciai a respirare velocemente, guardai in basso per evitare di vedere solo macchie indistinte. Le mani presero a sudarmi freddo mentre il battito del cuore cominciava ad accellerarsi. Istintivamente mi rannicchiai, portai le gambe al petto e ci nascosi dentro le braccia. Poggiai a fronte sulla ginocchia cercando contemporaneamente di regolarizzare il respiro. Un attacco di panico in piena regola. Non sono mai riuscito a controllarli, se succede mi imbottisco di pillole calmanti e finisce lì. Anche adesso. Quello è stata l'unica crisi che ho avuto davanti a lui.
'Ethan...' Non sembrava preoccupato, solo dispiaciuto.
Sentì un paio di braccia avvolgermi strette, il calore si irradiò rassicurante.
'Mi dispiace, Ethan, va tutto bene. Scusa.' Nessuno, e dico nessuno, mi aveva mai trattato con tale gentilezza. Non avevo molti amici, giusto un paio di colleghi con cui lavoravo. Quando avevo una crisi loro si limitavano a passarmi le pillole e a rassicurare la clientela che, puntualmente, mi accerchiava.
Non ci volle molto per calmarmi. Districai il groviglio di arti; rimisi le gambe oltre l'orlo del balcone, ai lati di quelle di lui, e mi aggrappai con forza alla sua maglietta, poggiando la testa sul suo petto.
Non volevo guardarlo. Dio, ero così imbarazzato.
'Ethan, ti prendo dell'acqua.' Cercò di staccarsi.
'No! Non ne ho bisogno. Rimani qui.' Mi aggrappai a lui con ancora più forza, le nocche mi diventarono bianche.
'Vabene'
Rimanemmo intrecciati così per un tempo che mi sembrò infinito.
Lasciai andare lentmente la sua maglietta, l'avevo tutta sgualcita.
'Scusa, ti ho rovinato la maglia...' Mi venne da piangere per la situazione assurda.
'Non è importante, ora la vuoi l'acqua? Ah, tieni gli occhiali.' Me li porse e li infilai alla velocità della luce.
'Si, grazie.' Fece il giro del bancone e si abbassò per aprire un mini-frigo che non avevo notato. Mi passò una bottiglietta d'acqua, la scolai.
Mi si ripiazzò davanti, misi di nuovo la testa sul suo petto, più per vergogna che per altro.
'È meglio che io vada, ora.' Non volevo farlo. Per nulla.
'Okay, Ethan.' Si spostò e scesi dal bancone.
Senza dire nulla presi i dischi e mi avviai verso la porta, prima di uscire mi girai.
'Tornerò.' Lo guardai, non avrebbe vinto.
'Lo so.'
Uscii.

-Was it love? -No.Where stories live. Discover now