Capitolo 1

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-Mentre entravo nel locale dalle luci lampeggianti un ondata di fumo mi travolse facendomi tossire, odiavo quel posto.
Ragazze in topless volavano su pali lucidi con lo sguardo vuoto e triste. Il braccio che mio padre mi aveva poggiato sulle spalle diventava più pesante mano mano che la folla ci inghiottiva. Uomini ubriachi agitavano banconote ai corpi nudi di donne senza speranza, a me facevano solo ribrezzo. Mio padre mi incitava a fare lo stesso porgendomi un centone per poi sparire verso il bar, lasciandomi solo. Feci dietrofront camminando lentamente, cercando di non farmi notare. L'aria fresca fu un sollievo, i miei polmoni riusciavano a stento a sopportare il fumo denso del locale. All'uscita alcune coppie si scambiavano baci appassionati, nell'angolo più lontano della minuscola via la lussuria aveva preso il posto della decenza. Il sudore mi faceva calare gli occhiali da vista dalla montatura leggera, nonostante fosse pieno inverno il mio cuore batteva così forte da farmi morire di caldo. Mi allontanai a passo leggero, ormai era un'abitudine scappare da quel posto dimenticato da qualsiasi Dio o Dea. Cercai di tornare dritto a casa, ignorando il mondo intorno a me che iniziava a vivere solo a quell'ora di notte, o meglio mattina.
Le strade piene di schiamazzi mi facevano venir voglia di urlare. Bastava un minimo rumore per spaventarmi, il tappo di una bottiglia di birra che veniva sbalzato in aria per colpa della pressione, i gemiti rumorosi dei sudici uomini nei vicoli stretti che sorpassavo, la rotellina di un accendino che inffiammava uno spinello. Tutto era amplificato nella mia testa.
Tirai fuori il telefono dalla tasca, segnava che tra meno di quattro ore sarei dovuto stare a lavoro. Le cuffiette erano attaccate alle mie orecchie quasi ermeticamente. Non capivo come la massa potesse non amare la musica classica. Beethoven e Bach riempivano le giornate buie. Koji Kondo mi faceva brillare gli occhi, nonostante fossero solo videogiochi. Stanco di camminare mi fermai ad una fermata per continuare il viaggio in autobus, mi passai una mano tra i capelli corvini mentre mi appoggiavo ad un muro in attesa.
Casa mia era lontana, mi aspettavo un viaggio lungo passato ad occhi chiusi; scesi dopo un paio di fermate. Non avevo mai fatto caso alla strada che mi sfrecciava accanto durante quei silenziosi tragitti. Con gli occhi spalancati guardavo l'unico negozio con le luci accese, la musica si sentiva fin dall'altro lato della strada. Ancora non so cosa mi spinse ad entrare, forse la speranza di trovare qualche vinile che mi mancava, forse la curiosità trattenuta in una vita monotona, forse quel ragazzo che vedevo dalle vetrate girare tra gli scaffali con aria annoiata. Entrai nel tristemente vuoto negozio di dischi con ancora le cuffiette nei timpani, nonostante non riuscissi a sentire più la musica che tanto mi calmava. Gironzolai un po' cercando lo scaffale dedicato alle note calme, notando la cassa vuota. In mano avevo ancora la banconota che mio padre mi aveva dato, di solito le tenevo da parte o gliele rinfilavo nel portafoglio quando, appena tornato a casa, sveniva a terra per colpa dell'alcol. Rimasi fermo in quello stretto corridoio tra due scaffali stracolmi di dischi a contemplare i soldi cha avevo in mano, indeciso su cosa fare. L'assordante rumore stava distruggendo lentamente le barriere che erano le mie cuffiette, le tolsi. Subito percepii quel frastuono più prepotentemente, portai i palmi sulle orecchie urtando le stecche degli occhiali, facendoli cadere.
'Cazzo!' Forse mi uscì più forte di quello che volevo, quello stesso viso che avevo visto dalla vetrata fece capolino dall'angolo del corridoio accanto. Lo vidi guardarmi per poi girarsi avvicinandosi alla cassa dove si trovava lo stereo le cui casse erano sparse per il negozio, la musica si abbassò visibilmente.
Espirai lentamente, notando solo in quel momento di aver trattenuto il fiato tutto il tempo. Levai le mani dalla testa per portarmele all'altezza del petto; le guardai tentando di metterle a fuoco, fallii. Gli occhiali da vista erano a terra ad una trentina di centimetri di distnza dal mio piede sinistro. Una sagoma indistinta si stava avvicinando, fottuta miopia. La macchia si abbassò a raccogliere i miei occhiali per poi porgermeli. Li presi sentendo le guance che mi andavano a fuoco, dopo averli sistemati guardai il ragazzo di fronte a me. Teneva i capelli lunghi, all'epoca, colorati di un verde smeraldo che risaltava sulla sua carnagione pallida, vorrei non se li fosse mai tagliati; in quel momento erano tenuti da un paio di bacchette da batteria, rivelando delle orecchie contornate da almeno una decina di monili. Una coppia di piercing gli adornava le labbra, quasi obbligandomi a fissarle. Il septum aveva un gioiello con decorazioni pressapoco tribali. Un paio di semplici combat di jeans neri strappati lasciavano intravedere polpacci riccamente tatuati, questi si estendevano anche sui piedi scalzi. Le braccia erano coperte da un maglione azzurro tempestato di piccole borchie argentate, al collo portava uno strozzino in pelle nera con un anello al centro.
'La musica era troppo alta? Scusa, non ti ho sentito entrare e visto che di solito non viene nessuno a quest'ora la tengo alta così non mi addormento.'
Ricordo ancora la sua voce e quel modo sghembo di fare un mezzo sorriso, come se tutto lo divertisse.
'N-No sono io, ho i timpani sensibili.'
Tenni lo sguardo a terra, ancora imbarazzato.
'Stavi cercando qualcosa in particolare? Non ci sono solo quelli sugli scaffali.'
Ero entrato senza un'apparente motivo e la domanda mi prese in contropiede. C'erano alcuni dischi che avevo intenzione di comprare e li avevo segnati così da non dimenticarmeli. Tirai il telefono fuori dalla tasca staccando le cuffiette, aprii le note e glielo passai.
'Uno qualsiasi di questi, perfavore.'
Prendendo il telefono mi sfiorò le dita smaltate di blu scuro, ancora non so dire se lo avesse fatto di proposito.
'Vieni con me, controllo sul computer nel magazzino.'
Lo seguii fino ad una porta dietro il bancone, conduceva ad un'altra saletta con nient'altro che una scrivania, una sedia con le rotelle ed un pc da tavolo, sembrava molto costoso. Sulla parete di fronte c'era un'altra porta, chiusa.
Senza sedersi poggiò il mio telefono sul tavolo andando a digitare i nomi degli album. Sbirciando da dietro notai che una dopo l'altra si susseguivano schermate nulle. Stavo quasi per andarmene ma digitando l'ultimo album in lista apparve la risposta, un solo disco disponibile.
Non era nanche per me, ci credi? Era quello che mio padre mi aveva chiesto di trovargli.
'E ti pareva.' Una mezza risata dal gusto amaro uscì dalle mie labbra senza che potessi fermarla.
'Cosa?' Sembrava genuinamente interessato così decisi di rispondergli onestamente.
'Non è per me. Mio padre mi ha chiesto di prenderglielo, è un fanatico dei The Cure.' Ero completamente annoiato che fosse quello per mio padre, d'altro canto non avevo la minima intenzione di uscire di lì a mani vuote.
'Allora, l'album che tuo padre vuole è un EP del 1997 chiamato 'Five Swing Live' ed è un'edizione limitata disponibile solo dal sito ufficiale della band. La bella notizia è che ne ho uno in magazzino, la brutta è che avrò circa 200 album dei The Cure nel mio magazzino.'
Mi guardò dritto negli occhi quando pronunciò le parole che speravo dicesse.
'Se mi aiuti facciamo prima, ma ci vorrà comunque un po'.'
Si girò ed aprì la porta dietro di lui, aspettandomi sulla soglia. Avanzai lentamente prendendo il telefono rimasto sul tavolo. Il magazzino era identitico alla sala principale, ma qui i dischi erano sistemati in ordine alfabetico della band o cantante a cui appartenevano. Andammo direttamente verso la sezione dedicata ai The Cure, sfilò una cinquantina di album e me li porse. Sistemai velocemente il telefono in tasca per prenderlì più facilmente, fortunatamente non erano pesanti. Per non trasportare troppo peso ci eravamo seduti a terra con gli album in braccio, stavamo in silenzio. Mi ripetevo a mente il nome dell'album, cercando di non dimenticarlo.
'Tuo padre è un fanatico dei The Curo, ma tu cosa ascolti?' Non alzò gli occhi dai dischi, così non lo feci nemmeno io.
'Lo stereo ha l'attacco per il telefono?'
Domanda praticamente retorica.
'Certo.'
'Tieni, attaccalo e metti la riproduzione casuale.' Gli porsi il telefono per la seconda volta e lo prese con un sorriso. Mentre lui era nell'altra sala continuai a cercare l'album.
Il rumore si fermò cedendo il posto all'armonia di note che amavo tanto.
'Musica classica? Pensavo fossi più tipo da THE 1975.' Lo aveva detto mentre si risedeva a terra, con quel mezzo-sorriso dall'aria innocente.
'Mai ascoltati, onestamente.' Non sapevo cosa mi spingesse a parlare, forse non lo so nemmeno ora. Continuammo il nostro lavoro senza parlare per qualche altro minuto, il brano era cambiato.
'La conosco questa.' Si morse la guancia appena finì di dirlo.
'Questo è il Preludio in Do Maggiore di Bach, è un pezzo molto famoso, probabilmente lo hai sentito in un film o in un servizio in tv.' Sorrisi alle mie stesse parole, era la mia preferita.
Mano mano che i pezzi cambiavano mi chiedeva di rivelargli il nome e io lo accontentavo. Dopo almeno un'ora di ricerche lo trovammo, anzi, lo trovò.
Mi ero offerto di aiutarlo anche a mettere a posto i dischi che, inutilmente, avevamo messo a terra ma mi rispose di non preoccuparmi e che lo avrebbe fatto lui.
Alla cassa tirai fuori il centone che avevo precedentemente infilato in tasca. Mi passò il telefono e il silenzio calò nel locale in maniera leggera.
'Come fai a ricordarti i nomi di tutti quei pezzi?' Sembrava enormemente confuso, sorrisi al fatto che mi ricordava un cucciolo.
'Tu come fai?'
Non rispose alla domanda quindi gli feci un'offerta che mi cambiò la vita, non so dirti se in meglio o in peggio.
'Se prometto di tornare mi farai trovare almeno uno degli altri album che non abbiamo trovato oggi?' Poggiai i gomiti sul balcone per prendere il resto, lo infilai in tasca e camminai verso la porta senza ancora una risposta.
'Accetto. Magari riesci anche a dirmi il tuo nome.' Mi sorrise, gli sorrisi anch'io.
Uscii dal negozio senza rispondere. Sapevo che sarei tornato anche se non mi avesse trovato gli album, d'altronde neanche io sapevo il suo nome.

-Was it love? -No.Where stories live. Discover now