2- School

982 60 9
                                    

Mi avvolsi nel cappotto, date le fredde temperature di quel giorno ed entrai nella mia auto, precipitandomi ad accendere il riscaldamento.
Mancavano dieci minuti alle quattro di pomeriggio ed ero già in ritardo.

Uscii dal parcheggio del mio nuovo lavoro e mi diressi verso la scuola che frequentava Becca, per andarla a prendere.
Accesi la radio, senza badare però alle due voci che ne uscirono, mi concentrai invece sulla strada cercando di sbrigarmi.

Il traffico di Adelaide non fece che alimentare la mia impazienza, facendomi tamburellare le dita sul volante irritata. Non avevo nessuna intenzione di lasciare che Becca mi aspettasse, per colpa dei semafori rossi poi, o di imbecilli che non sapevano stare in strada.

Negli ultimi tempi ero diventata più cinica e suscettibile, era vero, ma sembrava che il mondo mi mettesse sempre a dura prova.

<<Lasciamo che siano i nostri ascoltatori a decidere la canzone che dici Jane?>> affermò un uomo alla radio, ottenendo subito una risposta di consenso dalla donna che conduceva la trasmissione con lui. <<Chiamateci e fateci sapere le vostre hit preferite>> aggiunse entusiasta lui, mentre davanti ai miei occhi le auto ripresero ad andare, facendomi rilassare abbastanza.

Novembre era appena arrivato, portandosi dietro temperature relativamente basse e molta umidità. I miei genitori erano riusciti a prolungare la loro permanenza in Europa, per visitare quanti più luoghi possibili, mentre Becca era rimasta con me, o meglio, io ero andata a vivere nella casa dei miei, badando a lei.

Qualche settimana prima avevo detto al proprietario del mio appartamento che non avrei vissuto più lì, dando così la disdetta e lui mi aveva dato fino a fine gennaio per raccogliere le mie cose e lasciarlo libero a qualcun altro, per quello era alla ricerca di una nuova casa.
Ma senza Gab non era la stessa cosa.

Non mi parlava dal giorni prima, quando aveva sbattuto la portiera della mia auto ed io non avevo fatto nulla per farla ragionare o evitare il tutto. Perché avrei dovuto? Mi ricordava solamente la mia vita passata e com'ero un tempo. 

Non ci ero più entrata nel mio vecchio appartamento comunque, da quando avevo lasciato l'ospedale quasi due mesi prima. Non ci ero più entrata da quando lo avevo lasciato con il vestito da gala, a dire il vero.

Era passato, un passato che avrei dimenticato, faticosamente, ma lo avrei fatto.

Parcheggiai davanti ad un edificio colorato di giallo, e raggiunsi il gruppo di genitori e parenti che vi era davanti al cancello principale.
Ero arrivata in tempo per la campanella di fine lezioni.
Una marea di bambini e ragazzini di svariate età uscii dal quell'edificio giallognolo, con delle grosse cartelle in spalla, entusiasti di poter tornare a casa.

Riconobbi la testa boccolosa di mia sorella e subito dopo vidi i suoi occhietti verdi come quelli di Mich. Alzai il braccio per farmi vedere, ma a quanto pare era troppo impegnata a parlare con una nuova amichetta.

Una bambina dai lunghi capelli di un castano scuro e gli occhi meravigliosamente azzurri. Non l'avevo mai vista in compagnia di Becca e questo non fece rendermi felice, dato che sembrava non aver ancora stretto amicizie solide, nonostante il suo carattere esuberante.

Ma io non avrei dovuto commentare, dato che solo dopo i vent'anni avevo conosciuto la mia migliore amica Gabrielle.

<<Becca!>> la chiamai infine, ottenendo la sua attenzione. Il suo viso si aprì in un sorriso enorme e sincero. Si voltò verso la sua nuova amica e la salutò con una mano, indicandomi,prima di correre verso di me. <<Ley>> mi chiamò correndo verso di me.

<<Ti lascio da sola qualche ora e già ti fai nuovi amici eh>> le dissi abbassandomi leggermente a prendere il suo zaino.

Lei sorrise voltandosi verso la bambina, che nel frattempo aveva raggiunto una donna dalla bellezza rara. Aveva i capelli sciolti, dello steso colore della figlia. Indossava un tubino e dei tacchi a spillo, ma nonostante questo non sembrava snob, al contrario andò in contro a quella che immaginai fosse la figlia, abbracciandola stretta a sé, come solo una madre può fare.

Prejudices || come backWhere stories live. Discover now