17.

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POV di Stefania

"Senti, non ce la faccio a stare senza di te. Saperti così vicino a me, ma allo stesso tempo così lontana a causa del nostro litigio, mi distrugge. Dimmi dove ho sbagliato, perché voglio rimediare, voglio riaggiustare il nostro rapporto. Voglio ritornare ad essere tua amica, la tua migliore amica, e l'aggettivo 'migliore' non è da sottovalutare. Comunque lo so che mi hai ignorata tutto questo tempo per orgoglio, e che alla fine ti manco un po' anch'io, no?"

Sospirai. Ero sul vialetto davanti casa di Matteo; appena uscita avevo immediatamente preso il telefono e letto il messaggio che mi era arrivato forse nel momento più sbagliato in cui poteva arrivare. Ma finalmente era arrivato, e non ci si poteva lamentare.

Laura mi conosce troppo bene, l'ultima frase del messaggio lo denotava. In realtà avrei dovuto scriverle io, provare io per prima a riavvicinarla e chiederle scusa, visto il modo in cui l'avevo trattata. Ma lei sapeva che, dato il mio spropositato orgoglio, una cosa del genere non l'avrei mai fatta.

Guidavo lungo la Tiburtina per tornare a Roma, ero nervosa e stavo guidando anche male, ci mancava poco che tamponavo l'auto davanti a me quando si era fermata in coda. Difatti quella sera c'era molto traffico, avevo fame, ed ero tesa, perché nonostante fossi contenta per il messaggio di Laura, non sapevo cosa risponderle e la cosa mi metteva a disagio, mi impediva di concentrarmi sulla strada. Pensai che fermarmi da qualche parte, magari anche per mangiare, fosse la cosa migliore.

Entrai nel parcheggio del primo Autogrill che vidi, ma non riuscii a trovare nemmeno un posto libero. E anche se nel frattempo se ne stava liberando qualcuno, preferii lo stesso andarmene, immaginando quanta gente ci dovesse essere dentro, ad alimentare le file chilometriche davanti alle casse. Odio stare in fila, mi snerva. Così andai un po' avanti lungo lo strada e mi fermai all'altezza di un pub che avevo adocchiato solo perché il parcheggio davanti all'ingresso era praticamente vuoto. Appena addentato il panino che ordinai, capii il perché. Mandai giù a forza quel primo boccone, ma poi tirai fuori il salame e mangiai solo quello, lasciando da parte il pane durissimo e il formaggio da discount davvero improponibile. Ragionai sul fatto che ci vuole davvero impegno per cucinare un panino così immangiabile.

Vagavo con gli occhi analizzando gli interni del locale mentre bevevo dalla cannuccia la mia CocaCola in bicchiere grande. Le pareti erano di legno scuro, che in alcuni punti vicino al soffitto, virava sul verdognolo, il colore della muffa. C'erano pochi tavoli: la maggior parte dei clienti (vale a dire due o tre) stava seduta al bancone, con in mano o lì accanto un bicchiere di alcolico. Dietro al bancone ci stava una ragazza giovane, che doveva essere poco più che ventenne ma che dall'espressione del viso, corrucciata, seria e di pietra, dimostrava una quarantina d'anni. Ora stava prendendo una bottiglia di qualcosa dalla mensola e la versava in un bicchiere, che poi passò sotto al lavello. Lo aveva allungato con l'acqua. Poi porse il bicchiere al ragazzo seduto di fronte a lei, che ne prese un sorso. Ma quel ragazzo era...

"Matteo!" esclamai, alzandomi e andando verso Rohn, che nel frattempo si era girato, mi aveva vista e mi aveva sorriso.

"Ciao Stefania! Che ci fai qui?" mi chiese, forse solo per fare conversazione o forse perché quello non era davvero esattamente il tipo di posto dove una ragazza della mia età si sarebbe dovuta trovare.

"Ho cenato, sto tornando a Roma. In tutti gli Autogrill c'era un casino..."

"Capito. Io ora vado un attimo a salutare Andrea, sai, domani parte."

"Sì sì, lo so. Oggi siamo usciti" dissi riprendendo a mordicchiare la cannuccia della mia CocaCola.

"Ah, okay. A Tivoli?"

"Eh?" feci, non capendo.

"Hai detto che siete usciti. A Tivoli?"

"Ah, no. A Roma. Venivo da Tivoli perché poi..." riflettei se dirgli tutta la verità o meno. Decisi che l'avrei fatto, non c'era nulla di male. "Perché poi sono stata un po' con Matteo a casa sua."

Rohn non si prese la briga di nascondere quanto ciò che avevo appena detto lo avesse stupito.

"Davvero? Ma se quando siamo tutti a casa tua per giocare (alla Play, n.d.r.) non fate altro che litigare!"

"Non è vero che litighiamo, lui mi prende per il culo e io cerco di ignorarlo. Comunque oggi siamo andati stranamente d'accordo."

Pensai che comunque l'invito ad un appuntamento fosse indice dell'essere andati d'accordo. Ma decisi di omettere questo particolare dalla conversazione. Gli stavo anche nascondendo la specie di litigio fra Matteo e Andrea, la presa in giro che mi aveva inflitto quest'ultimo, la cacciata di casa. Un sacco di cose, insomma. Una in più non avrebbe fatto differenza.

"Sei sicura?" insistette alzando un sopracciglio.

"Sì!"

"Va bene."

Bevve un altro po' del suo drink (annacquato) e poi chiese, con estrema nonchalance, come se mi stesse chiedendo l'ora: "Ti piace? Matteo dico."

Quanto mi sarebbe piaciuto essere una di quelle ragazze spiritose, che hanno sempre la risposta pronta e ironica, quando gli viene chiesto se sono interessate a qualcuno. Invece io, colta alla sprovvista, presi a balbettare e a dire cose senza senso, impappinandomi e tradendomi da sola.

"Cosa? Umh, lui? Sì, cioè, no, cioè okay, be', è un bel... Un momento..."

Presi un bel respiro. Teo ridacchiava.

"No, non mi interessa Matteo."

Che è diverso da 'non mi piace'.

"Certo. Comunque, sappi che se ti prende in giro lo fa solo per scherzare. È il suo modo malato per... farsi notare. Non ti devi offendere."

"Non mi offendo mica" mi difesi con tono fermo, mentre ripensavo a quella sua ultima frase. 'Per farsi notare'...

"Ecco."

"Teo, posso... chiederti una cosa?" domandai timidamente dopo un po', spostando il peso da un piede all'altro e dondolandomi sui talloni.

"Dimmi tutto."

Tirai fuori il telefono dalla tasca della felpa e aprii la chat fra me e Laura; gli feci leggere l'ultimo messaggio.

"Cosa risponderesti a una cosa del genere?"

Lui mi restituì il cellulare e corrugò la fronte, sfregandosi con le dita il mento ricoperto da una leggera barbetta. Poi mi guardò dritta negli occhi e potei notare quanto fossero azzurri i suoi. Chiari, come il cielo d'estate, e limpidi, come un ruscello di montagna. Mi trasmettevano tranquillità e mi ispiravano fiducia.

"Ci tieni davvero a questa ragazza?"

Annuii.

"Allora non scrivere niente, non rispondere. Domani stesso presentati sotto casa sua, invece. Parlale di persona, e chiarisci questa cosa."

Senza darmi il tempo di rispondere, scese dalla sedia e si diresse verso l'uscita; io lo seguii. Due passi prima di uscire dal pub, mi confessò a bassa voce: "Quel Negroni faceva proprio cagare."

Risi. Non avevo però intenzione di rivelargli la verità sul suo drink.

Prima di entrare nelle rispettive macchine, Rohn mi disse un'altra cosa: "Comunque anche tu gli piaci. Mi sa". E mi salutò con due baci sulle guance, lasciandomi lì imbambolata. Mi riscossi e salii sulla mia auto. Avevo capito che parlava di Matteo, non era stato esplicito ma non poteva essere altrimenti. Ma andiamo, io piacere a Matteo? Nei miei sogni magari.

A casa, trovai Fra sul divano che guardava un film thriller. Mi accoccolai vicino a lui, ma dopo un po' mi venne di nuovo fame, com'era prevedibile, e andai a prendere un pacchetto di patatine che mangiai sul divano. Vedere film con Francesco era una cosa impossibile: doveva commentare ogni singola azione e dire la sua su tutti i personaggi. Ma prima del finale (fortunatamente) si addormentò. Mentre i titoli di coda scorrevano sullo schermo, mi alzai e gli diedi un bacio leggero sulla fronte, poi mi preparai per la notte. Sotto le coperte, sbloccai il cellulare per vedere l'orario, e mi tornò in mente il fatidico messaggio di Laura, anche se in realtà non avevo mai smesso di pensarci. Ma grazie al consiglio di Rohn, avevo le idee abbastanza chiare sul da farsi: l'indomani sarei andata a trovarla. Avremmo chiarito, faccia a faccia, saremmo ritornate migliori amiche come prima, anzi, più di prima. Ero abbastanza sicura che fosse la cosa giusta. Mi addormentai non appena toccai il cuscino.

Devil May Cry || Matteo PicarazziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora