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Aspettavo appoggiata al muro accanto al portone d'ingresso del condominio, la testa a una decina di centimetri dai pulsanti del citofono. Erano le otto e mezza, e avevo un certo languorino. La pesca di mezz'ora prima non mi aveva saziata. Ero in attesa di Laura, che sarebbe dovuta già essere lì, e insieme ci saremmo recate all'Art Cafè, un posticino a detta d'altri niente male. Mi sarei svagata un po' di sicuro. Cazzeggiavo col telefono ed ero sul punto chiamarla, quando la sua Fiat 500 bianca, inconfondibile, frenò accanto a me. Abbassò il finestrino e chiese: "Quanto bocca e quanto amore?" distorcendo la sua voce squillante in una da vecchio maniaco, riuscita abbastanza bene.

In effetti, sembravo un po' una prostituta con il mio outfit. Avevo approfittato del clima ancora mite di settembre per indossare degli shorts a vita alta, con una cerniera placcata oro lungo il fianco. Le gambe nude e un lembo di pancia scoperta, a coprirmi il seno avevo un top bianco accollato con le maniche corte, rivestito in pizzo sempre bianco. L'acconciatura raccolta abbastanza semplice metteva in mostra il mio piercing all'orecchio, l'helix. Ai piedi degli stivaletti neri anonimi con la zeppa.

Risi e le dissi: "Dai stronza, scendi!"

Mise le quattro frecce e scese dall'auto, poi ci sciogliemmo entrambe in un lungo abbraccio. Mi era mancata troppo... Era vestita stile donna di strada anche lei, solo con le scarpe basse: delle All Stars bianche.

"Me so uscite dù vesciche che non puoi capì" mi spiegò quando una volta in macchina notò che le stavo fissando le scarpe. Il suo accento umbro era un lontano ricordo, stava a Roma da tanti anni. Presto sarebbe sparito anche a me.

Durante il tragitto parlammo del più e del meno, soprattutto riguardo alla serata, e ridemmo del fatto che, per scherzare, aveva promesso un pompino al PR se ci avesse fatto avere le prevendite gratis. E lui l'aveva presa sul serio.

Entrammo nel locale dopo aver litigato per il parcheggio con dei ragazzi già ubriachi.

Con il buono per il drink che davano con la prevendita ci fiondammo a prendere un buon cocktail. Il barman sembrava provarci con me, ma non lo presi nemmeno in considerazione e alle sue avances rispondevo ridendo.

Dopo ci buttammo in pista. Mi slegai i capelli e sembrava che fosse l'alcool nelle mie vene a comandare il mio corpo, forse perché non avevo mai preso una vera sbronza e non lo reggevo per niente. Era bastato quel Sex On The Beach per farmi perdere il controllo.

Non avevo davvero più freni e i ragazzi che si avvicinavano a me non mancavano. Laura non la vedevo già più. Ero brilla, ma non ancora così tanto da buttarmi addosso a tutti o da 'accontentarmi' di tutti. Se proprio dovevo perdere l'inibizione quella sera, almeno con uno che mi piacesse. Ne respinsi un po' finché un ragazzo moro palestrato con una barchetta di carta tatuata sull'interno del braccio mi abbracciò da dietro agitando i fianchi seguendo il mio ritmo. Lo avevo già visto in fila all'ingresso e il commento era proprio stato: "che fregno".

Mi girai e, nonostante la luce che in discoteca non proprio abbonda, constatai che aveva proprio un bel viso. La barba era rasata ma gli stava ricrescendo, le sopracciglia folte ma non spesse, ed era pettinato con un ciuffo domato. Gli occhi erano color della giada, quando si avvicinò per baciarmi però li vidi azzurri. Schiuse le mie labbra serrate con la lingua e mi lasciai coinvolgere nel bacio. Mi strusciava contro il bacino, forse volutamente oppure perché le persone attorno a noi si muovevano e lo costringevano a stringersi a me. Era molto più alto di me, magro ma non asciutto come Matteo. Poi i suoi capelli, dentro ai quali stavo passando la mano, non erano morbidi come sembravano esserlo quelli di Matteo. Matteo, Matteo, Matteo... Stefania, vuoi smetterla di pensare a lui?! Cazzo, ti stai limonando sto pezzo di gnocco e intanto lo paragoni con quello stronzo!

Devil May Cry || Matteo PicarazziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora