Ken scosse energicamente la testa, scacciando i pensieri che vi si erano crudelmente annidati. Il tragitto verso l'edificio scolastico non era certo il luogo adatto per rimuginare su quell'argomento.

Frequentava il secondo anno di scuola media superiore, aveva ottimi voti, studiava regolarmente e nessun professore aveva mai contestato il suo lavoro. Poteva considerarsi perfettamente uno studente modello, tenendo conto anche del suo comportamento silenzioso e gentile, e della sua costante puntualità. A sedici anni i ragazzi sono ribelli, vanno contro le regole, si rifiutano di studiare. Kaneki no. Kaneki era sempre stato l'opposto di tutti i suoi coetanei. Arrivato nel cortile del suo edificio scolastico adocchiò subito una panchina posizionata sotto un albero dalle fronde enormi, scosse dal leggero venticello che spirava quella mattina. Con venti minuti d'anticipo, Ken avrebbe avuto tutto il tempo per prendere il suo libro preferito dallo zaino e sedersi con calma, per continuarne la lettura. Gli piaceva soffermarsi sulle parole più complicate e ricercate, magari scrivere su un foglio le più interessanti, oppure segnarle con un leggero tratto di matita, per non rovinare la superficie immacolata delle pagine. Era preciso, Kaneki, in quasi tutto quello che faceva. L'unica cosa in cui peccava gravemente, era l'argomento relazioni interpersonali.

La prima campanella suonò troppo presto, con disappunto e una nota malcelata di tristezza da parte del moro. I libri avevano la capacità di fargli perdere il senso del tempo, quando si immergeva nella lettura come un subacqueo nelle profondità dell'oceano. Era piacevole estraniarsi dalla realtà ed entrare in un mondo alternativo, cullati dalla voce dei propri pensieri, con lo sguardo legato alle pagine del libro, ma la mente altrove, morbidamente intrecciata con la creazione di avvenimenti e situazioni descritte in poche, semplici righe, immortalate in nero su bianco. Con un sospiro sconsolato, Ken rimise con cura il libro nel suo zaino e si alzò dalla panchina, rabbrividendo quando una folata improvvisa di vento gelido gli scosse i capelli e gli si insinuò fra i vestiti, attraversandogli tutto il corpo. Si diede una veloce sistemata alla giacca della divisa, prima di incamminarsi verso l'entrata della scuola e addentrarsi nei corridoi un po' bui e tristi, causa arrivo della stagione invernale. Era ancora presto, per questo la sua classe era quasi interamente deserta. C'erano solo due sue compagne, sedute nei banchi centrali dell'aula, intente a sfogliare freneticamente un libro scolastico alla ricerca di chissà quale risposta a chissà che quesito - ma probabilmente riguardava il test di matematica che si sarebbe svolto quella mattina. Con molta calma, Kaneki prese posto accanto alla finestra. In questo modo avrebbe avuto il beneficio di poter osservare un paesaggio sicuramente migliore del volto del professore, una volta terminata la verifica. Ovviamente la vista non era poi tutto questo gran ché: si vedeva il cortile della scuola, persino la panchina che aveva occupato fino a qualche minuto prima, le fronde degli alberi mosse dal vento e il cielo grigio, con quelle nubi incombenti che contribuivano a rendere tetro il paesaggio e tristi i volti degli studenti che, in massa, si apprestavano a raggiungere l'istituto. Molto presto, la classe si riempì e Kaneki tornò con la mente alla realtà, distaccandosi dal filo senza fine dei suoi pensieri. Leggendo continuamente come era solito fare, prima o poi finiva con il creare monologhi interiori persino su cose insignificanti come la vista dalla finestra della propria aula. Si grattò la tempia con noncuranza, stiracchiandosi l'altro polso, poi prese il libro di matematica per rileggere la teoria, pur consapevole di non averne per nulla il bisogno, perché ricordava perfettamente ogni singolo teorema, regola, operazione. Tutto. Non era un genio, Ken, era soltanto portato per lo studio e si applicava con costanza.

La seconda campanella suonò fra il vociare degli studenti nelle classi e nei corridoi, che si affrettavano a concludere le conversazioni o - perché no? - alcuni anche i compiti da consegnare quella stessa mattina. Dopo poco, l'unico rumore che persisteva erano i sussurri degli alunni nelle aule, i passi svelti dei ritardatari, la porta della classe di Kaneki che veniva chiusa brutalmente con la stessa delicatezza che potrebbe possedere un elefante adulto, lasciando entrare il professore di matematica. Sul volto teneva un cipiglio tutt'altro che amichevole, cosa che contribuiva ad accentuarne le rughe già marcate del viso stanco e severo, facendolo sembrare tutt'altro che un uomo di cinquant'anni, dandogli anzi tutto l'aspetto di un ultrasessantenne eternamente accigliato e burbero. Tutti si alzarono in piedi in segno di rispettoso saluto, per poi sedersi nuovamente. C'era qualcosa di insolito quella mattina. Il professore avrebbe già dovuto fare la sua sclerata giornaliera lanciando loro i fogli del compito insieme ad una serie improbabile di minacce di defenestrazione e torture varie in caso qualcuno avesse avuto la brillante idea di mettersi a scopiazzare le risposte dal vicino di banco, mentre invece se ne stava muto e serio, in attesa del silenzio. Si schiarì la gola, tossendo orribilmente.

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