This is my story.

Începe de la început
                                    

27 Aprile 2007

«Amber… mi trasferisco.»

Disse atona alla ragazza che stava dall’altra parte della cornetta, l’unica che Chantal potesse considerare davvero come un’amica.

«Cosa? Dove?»

Chiese sbigottita la compagna, quasi strillando in modo spropositato e costringendola ad allontanare l’apparecchio telefonico dall’orecchio di qualche centimetro.

«Ad Holmes Chapel, la cittadina dove è nato Frank.»

Chantal odiava Frank, era il nuovo compagno di sua madre e da quando era entrato nelle loro vite, non faceva altro che manipolarle e gestirle a suo piacimento, come se fosse davvero il padre della ragazza.
Ma Chantal sapeva perfettamente che nessun altro avrebbe potuto rimpiazzare il suo vero papà, a differenza della madre che portandosi a casa sempre uomini diversi dimostrava di volersi autoconvincere del contrario.

«Oh tesoro, non sai quanto mi dispiace! E tu come stai?»

Come doveva stare? Anche se cercava di non darlo a vedere, Chantal era distrutta. Distrutta dal fatto che avrebbe cambiato città, che sarebbero ricominciati gli insulti e le prese in giro, che avrebbe dovuto abbandonare quella casa colma di ricordi, che avrebbe dovuto lasciare quei pochi amici che era riuscita a farsi.

Ma niente la turbava come il fatto che una volta trasferitasi non sarebbe più potuta andare a trovare suo padre così spesso come era solita fare.

«Scusa Amber, devo andare, mia madre mi chiama.»

Salutò l’amica sapendo che il giorno dopo l’avrebbe rivista a scuola e avrebbe avuto l’occasione di spiegarle bene il motivo del trasferimento.

Che poi, non lo sapeva neanche lei.

Scese al piano inferiore dove la madre, effettivamente, l’aveva chiamata e la stava aspettando. Lei e Frank erano seduti alla tavola apparecchiata e la stavano aspettando per mangiare.

Chantal non aveva per niente fame.

Si sedette a tavola e giunse i palmi delle mani, assecondando la solita e monotona preghiera della madre.

«In realtà non ho molta fame.»

Soffiò timida Chantal sul piatto dopo aver assaggiato due forchettate di spaghetti.
La madre alzò lo sguardo dal suo piatto, per poi incontrare quello mortificato della figlia.

«Chantal, se non mangi sarò costretta a portarti all’ospedale. Stai diventando troppo magra.»

La ragazza sospirò, tornando a guardare il suo piatto. Prese un’altra forchettata ma appena la ingoiò si accorse che non c’era spazio per altro cibo nel suo piccolo stomaco.

«Davvero mamma, non ci riesco.»

La madre non fece in tempo a rispondere, che Frank la anticipò.

«Mangia.»

Quell’unica parola, pronunciata in modo così freddo e distaccato aveva fatto rabbrividire dalla paura Chantal, che prese la forchetta e finì tutto il piatto di spaghetti, facendo felice la madre.

Quello che i due non sapevano era che dopo Chantal avrebbe premuto due dita giù, lungo la gola, per vomitare tutta quel cibo che riteneva superfluo e sarebbe andata – ancora una volta – a letto senza cena.
 

14 Settembre 2008

Era il suo primo giorno di scuola ad Holmes Chapel, ed era piuttosto in ansia. Moltissime domande le tamburellavano in testa, accompagnate da una sola speranza: trovare finalmente la felicità.
Varcò il cancello e migliaia di volti nuovi si stagliarono davanti a lei. C’erano volti felici, tristi, brutti, belli, simpatici, restii… Ce n’erano per tutti i gusti.

Chantal si tolse le cuffiette dall’orecchie quando vide un gruppetto di ragazzi avvicinarsi a lei. Sorrise timidamente al riccio, quello con gli occhi verdi e le fossette che parevano voler gridare “affonda il dito qui!”.

Ci si può innamorare di un sorriso? Si ritrovò a pensare.

«Sei nuova?»

Le chiese il ragazzo. Lei annuì, osservando gli altri ragazzi, tutti molto belli. Uno con i capelli biondi e scompigliati, gli occhi azzurri come non li aveva mai visti. Un altro ancora con la pelle ambrata, i capelli neri corvini piegati in un vertiginoso ciuffo all’insù e gli occhi color cioccolato, con qualche screziatura dorata. E poi l’ultimo, il viso molto dolce, i capelli color miele.

«Se vuoi io e i miei amici possiamo mostrarti la scuola.»

Chantal annuì ancora una volta, incapace di emettere suoni davanti a tanta bellezza.
Li seguì fin dietro l’edificio, osservandoli anche da dietro: tutti con un bellissimo fisico, le spalle larghe, la vita stretta e i muscoli delle braccia e delle gambe ben pronunciati.
Dovevano avere all’incirca un anno più di Chantal, ma sembravano molto più grandi.
Mentre camminavano lungo il perimetro del cortile, si presentarono: il riccio si chiamava Harry, il moro Zayn, il biondo Niall ed, infine, l’ultimo era Liam. Anche lei si presentò a loro e cominciò a sperare in un’amicizia che nella sua vecchia scuola non aveva mai avuto.
Solo quando arrivarono in un angolino appartato dietro scuola, i ragazzi si girarono di nuovo verso Chantal, che li seguiva silenziosamente.
I loro visi, le loro espressioni, non erano più così angeliche e la bionda se ne accorse immediatamente.

Senza proferir parola, senza alcuna spiegazione, senza un’apparente motivazione, il ricciolino le sferrò un pungo in pancia, facendola cadere a terra, piegata in due e con tutti i libri sparsi attorno a lei.
Un gemito sommesso uscì della sue labbra, un gemito che lei cercò di reprimere.

«Mi serviva proprio un nuovo sacco da boxe.»

Ghignò divertito il riccio, facendo scoppiare a ridere anche tutti gli altri.

Una lacrima scese sul viso di Chantal, a causa del dolore alla pancia.

«Perché?»

Riuscì a stento a chiedere. Neanche lei sapeva bene dove avesse trovato il coraggio di fare un simile domanda.

Harry la prese per il colletto della maglietta e la tirò su, sbattendola contro il muro e facendole urtare la testa contro le mattonelle fredde.

Chantal gemette dal dolore. Ancora. 

«Perché sei nuova, perché sei una sfigata e perché mio padre se la fa con tua madre.»

Frank era il padre di Harry. Quell’uomo portava a Chantal solo guai, e lei l’aveva capito bene.  

La picchiarono ancora e ancora e, quando ebbero fatto con lei, la lasciarono lì dolorante, lontana dagli sguardi di tutti.

Chantal si fece forza e raccolse i libri da terra, infilando la felpa per coprire i lividi e le arrossature che ornavano il suo corpo. Corse alla lezione di biologia, per la quale era già in ritardo.
 

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