16. epilogo (3)

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I giorni passarono, io e Arcia eravamo sempre più uniti sembrava andar tutto bene.
Non c'era nulla di particolare da raccontare, era quasi tutto tornato alla normalità, ma si sa, le cose belle non durano molto. Infatti arrivò il fatidico giorno. Dovevo ripartire per Milano, questa cosa mi lacerava il cuore ma dovevo per forza, avevo lì tutto e poi dovevo dare degli esami all'università.
Il saluto con Arcia fu uno strazio, stava quasi piangendo "dai, in men che non si dica questo mese sarà passato e potremo rivederci" le dissi baciandole prima le labbra poi la fronte. "Sappi che se non mi rispondi ai messaggi vengo a spaccare la testa di cazzo che sei." Risi, certo che le avrei risposto, non avrei fatto una cazzata due volte.
Stava ascoltando i catfish and the bottlemen con una cuffietta, era partita cocoon.
Dopo un ultimo bacio salii sul treno e la salutai.
Appena salii sul treno mi arrivò una sua chiamata "mi manchi" "Piccola pulce, anche tu a me" e intanto c'era Andrea che mi guardava con una faccia ai limiti dello schifo. Parlavamo praticamente sempre, tranne quando dovevamo studiare. Appena finiti gli esami salivo per un mesetto e poi, quando poteva, scendeva lei per altrettanto tempo. Ricordo una sera, eravamo andati al lago, sul lago di Como. Eravamo in una spiaggia senza anima viva a guardare il cielo, non so quante ore eravamo rimasti lì. Ricordo solo che quando eravamo arrivati c'era il sole e quando ce ne siamo andati le stelle. A Cia, piacciono troppo le stelle. Da ragazzina passava notti insieme a me nel mio giardino a guardarle. Perché è tutto così, con lei il tempo passa e nemmeno te ne accorgi. La sua presenza è piacevole, con il suo modo strano di star seduta, tutte le battute squallide che fa, i suoi capelli ricci che non lascia mai stare e tutti i difetti inesistenti che si trova. Non le piace il suo carattere anche se io lo adoro. Io amo tutto di lei. È la mia via di fuga, il mio posto preferito. Voglio essere l'unico del quale si ricorderà, voglio che mi guardi negli occhi e mi dica che le manco, anche solo dopo due giorni che non ci siamo visti.
Quindi Arcia, parlami, se ci guardiamo negli occhi troviamo la perfetta linea d'onda. Voglio sentirti nelle mie vene, nella mia anima e nella mia mente, non solo nel mio cuore. E fai un suono così dolce quando mi menti dicendo piangendo che non ti manco.

Ormai è passato un bel po' di tempo. Abbiamo finito l'università, lei ha deciso di trasferirsi a Milano e io, andre con altri sei canali youtube, compreso quello di Murry, abbiamo creato una crew. Sono la mia seconda famiglia.
Oggi è il primo giorno di Cia a Milano, la sto aspettando al binario dove dovrebbe scendere. Vedo il treno in lontananza. Quando si ferma definitivamente vedo una ragazza visibilmente scossata che trasporta una valigia più grande di lei di quattro volte, è sempre bellissima. Le vado incontro, lei continua a tenere lo sguardo basso "le serve una mano?" Si forma un grandissimo sorriso sul suo volto "no scusa, moscerino come sei ti spezzi le braccia, o dovrei dire zampe" intanto le prendo l'armadio tascabile che si è portata dietro, conosciuto anche come valigia. Quando arriviamo a casa mia e di Andrea va a buttarsi sul mio letto. "Oh se fate rumore ogni sera io vi sbatto fuori entrambi." Chi poteva dargli torto?
"Cia?" Le dico straiandomi al suo fianco "Dimmi cagacazzo" mi risponde girandosi sul fianco per guardarmi in faccia. "Ti ricordi che dovevamo partire per l'Europa un tempo?" Lei si alza un po' meglio "eh?" Le brillano gli occhi "ecco, guarda nel primo cassetto della scrivania" "Giovanni Leveghi io ti castro" scoppiamo a ridere. Appena apre la busta ride, è sempre così, quando succede qualcosa di bello lei ride. "Ho programmato tutto. Staremo quasi un mese in giro" appoggia i fogli sulla scrivania e corre ad abbracciarmi, buttandosi su di me. Urlo dal dolore. Sento Andrea dall'altra stanza "Cosa vi avevo detto? Almeno fatelo quando dormo" e scoppiamo a ridere.

Il giorno della partenza Arcia era in ansia, davvero in ansia, avremo girato con la mia amata macchina. Prima destinazione: Vienna
Del viaggio non si possono raccontare molte cose, si sa, ci sono molte cose private, come ad esempio le figure di merda di Arcia alle prese con lingue straniere.
L'ultima tappa era Amsterdam. Non so perché ma aveva una fissa per l'Olanda e tutto ciò che aveva a che fare con questa nazione.
Decisi di portarla lì. Io e lei, soli.
Eravamo a passeggiare per il centro. "Non voglio dire addio a un'altra notte e guardare mentre te ne vai. Non voglio bruciare nelle luci della città e fare gli stessi errori, così questa volta non voglio sprecare la notte."
"La smetti di citare i 5sos? Perché ti sei fermato? Non fare quello che credo tu sia per fare dato che ti stai inginocchiando. Perché ti stai inginocchiando? Alzati! Giovanni, non vorrai farmi piangere." E così feci, glielo chiesi. Lei era incredula, mi abbracciò e pianse, era davvero, profondamente felice, così come lo ero io.
Perché si sa, ci sono amori e Amori e il nostro era uno di quelli con la A maiuscola perché dopo tutto quello che avevamo passato ritrovarsi non era stato facile, ci siamo dovuti perdere altre volte.
Io la amo con ogni particella del mio corpo. Non ci sono parole per descriverla, ne ho solo una: Amore. Perché si, è quello che mi fa provare ogni mattina appena sveglia, con gli occhi ancora stanchi e i capelli scompigliati, ogni qualvolta che piove perché lei ha paura del temporale così si rannicchia a me e io la stringo sempre di più, quando la sera se sono stanco viene a letto anche lei prima perché "voglio stare con te". Quando semplicemente mi sta vicino perché percepisco che è davvero qui che vuole stare e io posso ritenermi l'uomo più fortunato del mondo.
Cia, io e te abbiamo sconfitto tutto, di tutto, e ora siamo qui. Insieme. Per sempre.

N/a
E raga questo è il finale felice.
Così potete decidere voi come farla finire, io amo l'altro. Lol

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