The black wolf

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Jordan

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Jordan. Un nome comune o -come credevo io- un comune mezzo per essere presa di mira a scuola. Elementari, medie, superiori..tutti mi davano del maschiaccio. Forse per il mio essere solitaria, forse per i miei capelli indomabili o forse per il mio continuo bisogno d'avventura. 

Vivevo con mio padre, Jeremy,  in una piccola casa al limitare di un fitto bosco. Quel giorno di ottobre stavo camminando a passo sostenuto per arrivare a casa prima di lui. Non ricordo esattamente il motivo di tanta fretta, ma certo ricordo la prima volta che lo vidi.

Ero talmente presa dai miei piani per la giornata -ovvero vedere film pietosi sul mio vecchio computer- da non accorgermi nemmeno di aver preso la scorciatoia che portava nel bosco. Di solito mio padre mi proibiva di addentrarmi tra gli alberi, diceva che in quella foresta molte persone avevano trovato la morte, ma io avevo sempre creduto che quel posto avesse qualcosa di magico, non di spaventoso.

Ma mi fidavo ciecamente di mio padre, così per non soffermarmi troppo nel bosco cominciai a correre. Il vento che mi muoveva i capelli era freddo e portava con se odori di aghi di pino, di violette selvatiche, perfino dell'acqua dolce di un piccolo laghetto che occupava una radura poco distante.

Alle mie orecchie giunsero degli scricchiolii allora continuai a correre sempre più veloce, tanto da sentirmi il cuore in gola e le gambe affaticate. Mi fermai e misi le mani sulle ginocchia.

Quando alzai lo sguardo i miei occhi incontrarono un lupo -o così credevo io- con il manto nero striato di bianco sulla schiena, dove una persona avrebbe avuto le scapole. Quelle due strisce mi ricordarono le ali di un angelo, non ebbi perciò paura e nemmeno mi sfiorò la mente il pensiero che quel lupo avrebbe potuto essere il carnefice di quelle uccisioni.

Ma i suoi occhi rosso scarlatto incutevano timore, sembravano penetrarti nella pelle, scavarti nelle ossa, fino a raggiungere il cuore per farlo rimbalzare dalla paura. 

La sua bocca era contratta in un ringhio con gli ampi canini che sporgevano dalle gengive.

Le sue orecchie erano tese, come quelle di un predatore a caccia di succulente prede.

Indietreggiai di qualche passo guardandolo fisso, poi mi voltai e in cuor mio seppi di star commettendo un grande errore. Dopo qualche passo inciampai in una radice ma non caddi come di solito mi capitava di fare. No, caddi in un inchino, come solo i guerrieri avevo visto fare in molti film.

Non capivo il motivo di tanta agilità, ma con mia sorpresa sentì i passi del lupo sempre più lontani. mi rialzai e guardandomi intorno mi chiesi se non fosse stato tutto un grande sogno. Ma ero certa di averlo visto, si..

Ritornai sui miei passi per non avere nuovi incontri, ma la strada mi parve più lunga di quella che mi ricordavo di aver percorso correndo, forse ero semplicemente diventata pazza.

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