Capriccio.

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Kurt stava immobile nel reparto accessori del negozio specializzato «Tutto per gli ibridi», fissando con lo sguardo sognante la vetrina.
Di nuovo.
La scena si ripeteva con una regolarità invidiabile.
Con una regolarità altrettanto invidiabile Blaine si interessava, che cos'era che aveva attirato l'attenzione del suo compagno dalla coda lunga, al che quello immancabilmente rispondeva: «No, no, niente!»
Così, ora, Anderson aveva deciso di risparmiarsi questo, divenuto puramente simbolico, scambio delle solite frasi di convenienza e passare immediatamente al dunque.
– Amore, le tue vitamine non sono qui, e se non ci sbrighiamo, facciamo tardi per il cinema!
Kurt, tuttavia, sembrava ancora più concentrato rispetto al solito, e senza voltarsi gli rispose distrattamente:
– Tu vai, io ti aspetto qui... ti ho scritto la lista della spesa, – e sempre senza voltarsi, tirò fuori dal taschino dei jeans il foglio piegato in quattro e lo porse a Blaine, che strinse le labbra irritato, ma decise di non discutere.

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Venti minuti più tardi, dopo aver comprato tutto il necessario, Blaine tornò a prendere Kurt, trovandolo nello stesso punto, nella stessa posizione, solo che ora le dita dell'ibrido stringevano convulsamente il bordo della vetrina, le sue orecchie erano abbassate e la coda sbatteva da un lato al altro freneticamente. Quando Anderson mise la mano sulla sua spalla, Kurt sospirò e si voltò verso di lui risoluto.
– Blaine... – un labbro stretto tra i denti, adorabile rossore sulle guance, uno sguardo supplichevole... anche se Kurt ora gli avesse detto che aveva un disperato bisogno della luna dal cielo, Blaine avrebbe esclamato "Si signore!" e sarebbe subito partito per andargliela a prendere. – Non posso farci nulla! Sul serio, ho cercato di togliermelo dalla testa, ma... ti prego, per favooooore!
– Quello che vuoi, tesoro, – mormorò la piccola pozzanghera di sciroppo rosa, che un minuto fa era Blaine Anderson, – di che parli?
– Io... ecco, è questo... – quasi sussurrò Kurt, distogliendo gli occhi e puntando il ditino contro l'oggetto del suo desiderio.
Che, per l'orrore di Blaine, era... un collare!
Un elegante collare in pelle nera – simbolo di sottomissione e disuguaglianza, di ciò che Blaine con tutte le forze dell'anima aveva sempre odiato, non aveva mai accettato e cercato in tutti i modi di evitare nel loro rapporto.
Kurt lo sapeva benissimo, e nonostante questo...
Anderson corrugò la fronte e lo guardò con rimprovero.
– Kurt, tu sai quello che penso a proposito di... queste cose, e non mi capacito come poteva solo venirti in mente...
– Blaine! Ma perché devi sempre essere cosi noioso?! – Kurt, incrociò le braccia sul petto, irritato, e ora lo guardava dritto in faccia. – Io voglio solo giocare con quell'affare! Dio mio, vedilo come un mio capriccio, una fantasia erotica! Sono già due mesi che ci sbavo dietro!
– Giocare? Ma... mi sembra così umiliante!..
– È solo un gioco, amore, – Kurt, leggermente si abbassò per guardare in maniera supplichevole negli occhi confusi di Blaine. – Non penserai sul serio che uno a cui piace fingersi un dottore in camera da letto, vuole davvero prendere in mano i bisturi!

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Dal negozio Kurt uscì tutto felice, stringendo al petto una piccola scatolina.

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Blaine era seduto sul bordo del letto, fissando il collare dubbioso.
– Beh, e ora che si fa?... Vuoi che io te lo metta, o preferisci fare da solo?...
Kurt gli strappò la morbida striscia di cuoio dalle mani e con un movimento veramente felino si mise a cavalcioni sopra Anderson, schiacciandolo contro il materasso.
– E chi dice che deve stare addosso a me?

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